Il sociologo Guglielmo Ferrero li chiama “i geni invisibili della
città”. Di cosa si tratta? Si tratta di un insieme di idee,
valori, modi di vedere i rapporti fra gli esseri umani, legami con
una tradizione, condivisi dalla stragrande maggioranza dei membri di
una determinata società. Non si tratta, è bene sottolinearlo, di
una condivisione su tutto, al contrario. Tutte le società sono
caratterizzate dalla presenza di interessi, idee, valori non
concordanti e spesso in contrasto fra loro. Nelle società libere e
pluraliste questa differenza da vita ad una costante competizione
che trova, o può trovare, il suo punto di equilibrio nella
mediazione politica e nella ricerca di compromessi accettabili.
Questo equilibrio tuttavia può essere di volta in volta raggiunto, e
la competizione non portare la società a sfaldarsi, solo se alla base di
tutto esiste quell’insieme di valori, idee, comportamenti che
Ferrero chiama “i geni invisibili della città”.
Se questi
“geni” esistono, e se i governi, tutti i governi, li rispettano,
le società non si disgregano. Avviene il contrario quando questo
rispetto viene a mancare. Se i governi non rispettano nella loro
azione i “geni invisibili” gran parte dei cittadini considera
illegittimo il loro potere e si creano le condizioni per l’emergere
di spinte eversive. Se larghe fette della popolazione non si
riconoscono in questi geni la società si sfalda e, nei casi estremi,
può precipitare nel baratro della guerra civile.
Quando
si parla di migrazioni molti mettono in evidenza le loro conseguenze
economiche e sociali ed il loro impatto sulla sicurezza. Difficile
dar loro torto. Fare entrare decine, centinaia di migliaia di
migranti senza che l’economia possa assorbirli vuol dire creare una
massa enorme di spostati che, nella migliore delle ipotesi, va ad
alimentare il lavoro nero e sottopagato, o l’accattonaggio, nella
peggiore, le fila della malavita più o meno orgasnizzata.
Tutto
vero, ma sarebbe, ed è, un errore gravissimo, sottovalutare le
conseguenze culturali negative della immigrazione clandestina di
massa.
Inutile far finta di non vederlo: moltissimi di coloro
che entrano diciamo così, “irregolarmente” vengono da culture
lontanissime dalla nostra. Hanno visioni del mondo e dei rapporti fra
gli esseri umani radicalmente diverse dalle nostre; per usare la
categoria di Guglielmo Ferrero, si richiamano a “geni invisibili”
che con i nostri hanno poco, spesso molto poco, in comune.
I
“geni invisibili” di un giapponese buddista o quelli di un
uicraino greco ortodosso sono diversi, ma non incompatibili coi
nostri, del tutto incompatibili invece sono quelli di un musulmano
che consideri l’adulterio e l’apostasia crimini da punire con il
carcere o addirittura con la morte.
Indipendentemente dalle sue
conseguenze economiche e sociali l’immigrazione clandestina di
massa ha o può avere conseguenze culturali devastanti: distrugge i
“geni invisibili” che sono alla base della nostra convivenza.
Certo, si possono mettere in atto misure di integrazione, ma queste
possono, con difficoltà, avere successo di fronte ad una
immigrazione legale e controllata, non hanno successo alcuno a fronte di una immigrazione
illegale fuori controllo.
Non si tratta di mera
speculazione. Abbiamo di fronte agli occhi la situazione di paesi che
hanno accettato per lungo tempo flussi migratori incontrollati ed in
più hanno alle spalle un passato coloniale, la Francia ad esempio.
Difficile non vedere che questi paesi, di nuovo, la Francia è
l’esempio più eclatante, stanno perdendo le loro caratteristiche
unitarie. Basta un nulla perché paesi simili si trasformino in
autentiche polveriere e il normale scontro politico e sociale diventi
l’anticamera della guerra civile. Se la polizia uccide in uno
scontro a fuoco un giovane milanese si hanno al massimo
interrogazioni parlamentari, raccolte di firme, qualche fiaccolata o
corteo di protesta. Se in uno scontro a fuoco la polizia francese
uccide un giovane di origini marocchine intere città vengono messe a
ferro e a fuoco. La tipica situazione che viene a crearsi quando le
società mancano dei loro “geni invisibili”. E si trasformano in
quanto di meno sociale, meno integratorio possa immaginarsi: un
aggregato di tribù etniche. Il trionfo del separatismo
razzista.
Tutte le prediche, tutta l’esibizione ipocrita di
buoni sentimenti non possono modificare questa situazione. Farà bene
il governo italiano, chiamato a gestire una crisi migratoria senza
precedenti, a non scordarlo. Pena la sua credibilità.