giovedì 20 marzo 2025

VENTOTENE

 

Francamente non mi sembra che, coi problemi che abbiamo, sia troppo serio accendere polemiche sul manifesto di Ventotene, vale anche la pena di ricordare che a riesumare questo vecchio documento non è stata Giorgia Meloni ma gli organizzatori della manifestazione “per l’Europa”. Per quanto ovvio vale anche la pena di aggiungere che persone come Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, confinati, appunto, a Ventotene durante il fascismo sono degne del massimo rispetto, questo però, è altrettanto ovvio, non significa condividere quanto da loro scritto.
Quindi, cosa mai è scritto in questo famoso “manifesto “ da alcuni promosso a carta fondatrice dell’Europa, fondamento della democrazia, una sorta di emendamento alla costituzione repubblicana? Personalmente mi limito ad esaminare alcuni brani contenuti nel capito lo terzo: “i compiti del dopo guerra la riforma della società”. Diamo quindi la parola al “manifesto”.

“La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze dovrà essere socialista” afferma il manifesto, “cioè dovrà proporsi l'emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di vita”.
Quindi rivoluzione socialista europea. Siamo però ancora nel generico, visto che ormai il termine “socialista” può significare un sacco di cose diversissime fra loro. Quali dovrebbero essere le caratteristiche del socialismo di Spinelli e Rossi? La risposta degli autori del manifesto è abbastanza chiara: il loro socialismo europeo dovrebbe essere radicalmente diverso dal comunismo sovietico staliniano.
“La bussola di orientamento per i provvedimenti da prendere in tale direzione, non può essere però il principio puramente dottrinario secondo il quale la proprietà privata dei mezzi materialidi produzione deve essere in linea di principio abolita, e tollerata solo in linea provvisoria” una simile impostazione porta infatti, prosegue il manifesto, “alla costituzione di un regime in cui tutta la popolazione è asservita alla ristretta classe dei burocrati gestori dell'economia, come è avvenuto in Russia”. Niente collettivismo di stampo staliniano quindi. Viene da dire: meno male!
La genericità però sembra ancora non superata, vediamo di approfondire il discorso.
Il manifesto parte da una considerazione generale, possiama definirla filosofica, da cui discende, in maniera più o meno coerente, tutto il resto:
“l principio veramente fondamentale del socialismo (…) è quello secondo il quale le forze economiche non debbono dominare gli uomini, ma - come avviene per forze naturali - essere da loro sottomesse, guidate, controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne siano vittime”.
Si comincia a far chiarezza: nell’economia di mercato astratte leggi economiche dominano gli esseri umani, occorre invece sottomettere quelle a questi. Sembra di leggere le ben più profonde pagine di Marx dedicate al “feticismo della merce”: da un lato astratte forze impersonali dall’altro la volontà e la ragione degli esseri umani. Che le astratte leggi del mercato siano il risultato dell’interagire di esseri umani liberi, dei loro interessi, esigenze, valori è allegramente dimenticato. La società aperta in cui è fondamentale la libertà dei singoli è rappresentata come il regno della alienazione che occorre sottoporre ad un controllo “razionale”. Grazie a questo controllo, proseguono gli estensori del manifesto “possono trovare la loro liberazione tanto i lavoratori dei paesi capitalistici oppressi dal dominio dei ceti padronali, quanto i lavoratori dei paesi comunisti oppressi dalla tirannide burocratica”.
 

L’anarchia della società borghese in cui dominano impersonali leggi economiche va sostituita da un controllo razionale esercitato in forme democratiche dal basso. Come una società in cui convivono interessi, idee, valori profondamente diversi possa controllare unitariamente “dal basso” l’economia nel suo complesso resta un mistero. Gli estensori del manifesto neppure si chiedono come mai tutti i tentativi di direzione centralizzata dell’economia si siano risolti nella instaurazione di forme mostruose di totalitarismo burocratico. Se vista in quest’ottica è molto indicativa l’equiparazione che Spinelli e Rossi fanno fra le condizioni dei lavoratori dei paesi occidentali e quella dei lavoratori sovietici. Il manifesto è stato scritto nel 1941. A quel tempo milioni di esseri umani languivano nei gulag staliniani; ridotti al rango di schiavi lavoravano in condizioni mostruose e morivano a centinaia di migliaia. In Ucraina la folle politica agraria di Stalin aveva provocato la morte per fame di come minimo 5, alcuni dicono 10, MILIONI di esseri umani. I lavoratori nord americani godevano invece di un reddito fra i più elevati del mondo. Eppure per Spinelli e Rossi si trattava di liberare “ENTRAMBI”, senza distinzione alcuna, dall’oppressione. Molto, molto indicativo.

Ma c’è un punto che mette bene in chiaro tutta la debolezza teorica e le contraddizioni di questo manifeto considerato da alcuni la “summa” del pensiero democratico e libertario, riguarda il diritto di proprietà, vediamolo:
“La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa, caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio.”
In tutte le democrazie occidentali quello alla proprietà è uno dei diritti fondamentali. Certo, si tratta di un diritto che, come tutti, va esercitato nell’ambito delle leggi che lo regolano, ma sempre di diritto fondamentale si tratta. Gli ordinamenti giuridici delle democrazie occidentali prima fissano un diritto, lo definiscono, poi chiariscono come lo si debba esercitare e, se necessario, elencano con la massima precisione i casi in cui tale diritto può venire temporaneamente limitato. La legge ad esempio, prima stabilisce il diritto alla inviolabilità del domicilio (un caso particolare, a veder bene le cose, del diritto di proprietà) poi enumera i casi in cui questo diritto può essere temporaneamente limitato: ad esempio, se nella indagine relativa ad un crimine emergono gravi indizi a carico del proprietario di un immobile, questo può venir perquisito, dietro autorizzazione, ovviamente, della autorità giudiziaria. Niente di tutto questo nel famoso manifesto di Ventotene. In questo la proprietà privata può essere oggi abolita, domani estesa, dopo domani limitata drasticamente, così, a seconda dei casi o magari al variare delle maggioranze parlamentari. Qualcuno potrebbe seriamente cercare di acquisire delle proprietà in una simile situazione? Chi comprerebbe una casa sapendo che fra un paio d’anni questa potrebbe essergli espropriata se “la situazione” cambia?
Ma a cosa va a parare , in concreto, questo guazzabuglio? Gli autori su questo sono decisamente chiari:
“non si possono più lasciare ai privati le imprese che, svolgendo un'attivitànecessariamente monopolistica, sono in condizioni di sfruttare la massa dei consumatori (ad esempio le industrie elettriche); le imprese che si vogliono mantenere in vita per ragioni di interesse collettivo, ma che per reggersi hanno bisogno di dazi protettivi, sussidi, ordinazioni di favore, (...) e le imprese che per la grandezza dei capitali investiti e il numero degli operai occupati, o per l'importanza del settore che dominano, possono ricattare gli organi dello stato imponendo la politica per loro più vantaggiosa (es. industrie minerarie, grandi istituti bancari,industrie degli armamenti). E' questo il campo in cui si dovrà procedere senz'altro a nazionalizzazioni su scala vastissima, senza alcun riguardo per i diritti acquisiti”
Dietro le roboanti dichiarazioni contro i monopoli o i “ricatti ai governi”, come se questi non potessero reagire agli stessi, Spinelli e Rossi propongono nientemeno che la nazionalizzazione, senza indennizzo, par di capire, di tutte le aziende di grandi dimensioni. Una situazione caratterizzata da un centralismo ancora più estremo di quello instaurato in Unione sovietica al tempo della NEP e per certi aspetti simile a quello della Germania nazista. Di nuovo, molto interessante.

Il manifesto di Ventotene è vecchio di oltre 80 anni, teoricamente non vale nulla e non ha oggi alcun valore pratico. Perché allora polemizzare sullo stesso? Semplice, perché l’italica sinistra ha alcune reliquie sacre e, incapace di dire cose convincenti sui problemi veri del paese, ogni tanto le tira fuori dal sacrario e le presenta a tanti militanti pieni di dubbi, un po' come l’ampolla del sangue di San Gennaro. Non sappiamo che dire o diciamo autentiche oscenità sui flussi migratori incontrollati, il riarmo, la pressione fiscale e allora… oplà, ecco a voi il manifesto di Ventotene!
Giochetti da fiera paesana, che servono solo a far calare ulteriormente il livello del dibattito politico nel paese, già decisamente basso.







sabato 15 marzo 2025

ARMI

 


Sinceramente trovo insopportabile un certo pacifismo ideologico che sta riemergendo trasversalmente. Slogans come “burro non cannoni, pace non guerra, scuole e ospedali, non bombe” ricordano la peggior demagogia pseudo pacifista che ha accompagnato autentiche catastrofi. Nessuna persona normale auspica la guerra, ovviamente, visto però che c’è chi pensa di risolvere i problemi facendo a botte, meglio esser preparati. E’ la deterrenza che garantisce la pace, gli slogan di chi vuol mettere fiori nei cannoni incoraggiano i prepotenti, e tanto basta.
L’Europa e l’Italia in particolare spendono poco per la difesa, occorre che le spese militari aumentino, punto. Che poi gli armamenti servano per costruire un esercito europeo, per rafforzare gli eserciti nazionali o per contribuire maggiormente alle spese NATO è un altro discorso. Di certo l’Italia è l’Europa devono smetterla di pensare che la potenza bellica statunitense possa coprirle all’infinito, anche perché, piaccia o non piaccia la cosa, la nuova amministrazione americana non ha intenzione di continuare con il vecchio andazzo.
Parlare, come fa la Schlein, di “difesa europea” e opporsi a nuove spese in armamenti è una assurdità, un po’ come dire: circolo quadrato.
Teorizzare una Europa divisa o addirittura contrapposta agli USA, una sorta di terza potenza fra USA e Cina, magari più vicina alla Cina che agli USA, è una idiozia siderale. Trump può non piacere, ma pensare che il rapporto con la potenza guida dell’occidente possa cambiare ogni volta che sale alla casa bianca un presidente che qualcuno trova antipatico è una scemenza di dimensioni cosmiche. Tra l’altro l’Europa NON ha né avrà per tutto il futuro prevedibile la forza per giocare un ruolo simile. Solo personaggi come Macron e, assai più in piccolo, Calenda possono non capire che la presunta “terzietà” dell’Europa la porterebbe a essere il tipico vaso di coccio fra vasi di ferro. Il rapporto fra USA ed Europa va ricucito ad ogni costo, è una strada obbligata. Bene fa la Meloni a operare in tal senso.
E tanto basta, in questo sabato piovoso.

venerdì 7 marzo 2025

OTTO MARZO

 

Otto marzo, festa della donna, prepariamoci alla vuota esibizione di oceani di vana retorica.
Si parlerà tanto, giustamente, di diritti delle donne e questa NON sarà vana retorica, ma, possiamo scommetterlo, ci saranno tante dimenticanze oggi, otto marzo.
Non si parlerà oggi di Nasrin Sotoudeh, avvocatessa iraniana condannata a 33 anni di carcere e 148 frustate per aver difeso i diritti umani e in primo luogo i diritti delle donne iraniane, non se ne parlerà oggi come ieri non si è parlato di Asia Bibni, donna pakistana condannata all’impiccagione perché “bestemmiatrice”, in realtà perché cristiana. Non si parlerà delle ragazze iraniane stuprate e uccise dalla polizia morale perché “ree” di non indossare correttamente il velo islamico, non si parlerà delle donne israeliane violentate, sgozzate, sventrate dai tagliagole di Hamas il 7 ottobre, non si parlerà delle donne costrette a vivere in quei sacchi che sono i burka, di quelle che non possono viaggiare da sole, o che devono recarsi al mare vestite di tutto punto per non”provocare” i loro uomini. Di queste donne, di queste centinaia di milioni di donne non si parlerà oggi, possiamo esserne certi.
In compenso si spenderanno fiumi di retorica per condannare un “patriarcato” che in occidente per fortuna o non esiste o è in assoluto declino.
Detto questo, e valeva la pena di dirlo, BUON OTTO MARZO a tutte le amiche.

domenica 2 marzo 2025

L'UCRAINA E L'ITALIA

 

Il modo in cui la politica italiana reagisce alla crisi ucraina è deprimente.
Nella maggioranza la lega si riscopre filo russa e rilancia, ormai priva di remore, il discorso sulla “pace”. Pace, parola ormai abusata che per molti è l’equivalente di “resa”. In fondo ci vuole poco, anzi, pochissimo per ottenere la “pace”: basta permettere agli aggressori di fare ciò che vogliono. Se nel settembre del 1939 Francia e Gran Bretagna non avessero dichiarato guerra alla Germania dopo che questa aveva invaso la Polonia ci sarebbe stata la “pace”…
Facile no?
Se la maggioranza piange l’opposizione non ride, al contrario.
Tutti nell’opposizione strillano contro Trump, però 5 Stelle e Verdi - sinistra continuano a proporre ciò che da sempre hanno proposto: la fine degli aiuti militari all’Ucraina , anche loro vogliono la “pace”. Dicono che Trump e sporco, brutto e cattivo ma vogliono si faccia esattamente la stessa cosa che Trump minaccia di fare: stop alle armi all’Ucraina. Se avessero un minimo di onestà intellettuale e di capacità di pensiero logico Conte, Fratojanni e Bonelli dovrebbero dichiararsi d’accordo con Trump. Però pretendere pensiero logico e onestà intellettuale da tipi simili è come chiedere la verginità a dive e divi del porno...
E il PD? Il PD è contro Trump, con l’Europa e sostiene l’Ucraina, però… però è fieramente avverso ad una Europa "guerriera"! Come sostenere l’Ucraina? Elementare, si fa una bella manifestazione di piazza con tanti palloncini colorati, si firmano tante belle mozioni e si chiede che la Meloni riferisca in parlamento! La Meloni deve riferire in parlamento in Italia su ciò che fa Trump negli USA. Tutto da ridere.
L’unica posizione seria in questo manicomio e proprio quella della Meloni. La Meloni è l’unica a non usare la crisi ucraina per bassi scopi di politica interna, si rende benissimo conto che un occidente diviso fra Europa e America è votato alla sconfitta e cerca di mediare. Mira probabilmente a portare tutti a un negoziato che non si identifichi con una resa. Operazione difficile, destinata forse al fallimento ma che appare in questo bruttissimo momento come l’unica che dei politici degni di questo nome possano, anzi, debbano tentare.
Il resto è tutta propaganda da quattro soldi.