mercoledì 21 ottobre 2015

IN DIFESA DELLA LEGITTIMA DIFESA

Un pensionato spara ad un ladro penetrato in compagnia di due complici in casa sua, in piena notte. E' accusato di OMICIDIO VOLONTARIO. Siamo alla follia, ma si tratta di una follia ben radicata in idee, concezioni del mondo, valori, diciamo pure, in una filosofia che per anni si è diffusa come un cancro nel nostro paese, fino a trasformarlo in una gabbia di matti. Val la pena di sottoporre ad un rapido esame le idee chiave di questa filosofia malata.

Farsi giustizia da se.
"Non ci si deve fare giustizia da soli", si sente ripetere molto spesso di fronte a casi come quello del pensionato. Si tratta però di un enunciato del tutto fuori luogo, un po' come se per commentare un caso di legittima difesa io dicessi: “c'è un bel sole stamattina”.
Tizio ruba la mia auto, invece di denunciare il furto alla polizia io compro una rivoltella, vado in casa di Tizio e lo uccido. Questo è farsi giustizia da soli. Ma se io vedo Tizio intento a rubarmi l'auto e con la forza gli impedisco di farlo non mi sto facendo giustizia da solo, sto solo difendendo ciò che è mio. Il “farsi giustizia” riguarda la sanzione del crimine, la sua punizione, la legittima difesa mira ad impedire che il crimine venga effettuato. Solo persone in malafede o stupide possono confondere i due casi.

Autodifesa e pena.
Un gruppo di teppisti mi aggredisce. Mi difendo e ne uccido uno. “In Italia non esiste la pena di morte!” esclamano indignati i “buoni” un tanto al chilo. “Difendendoti tu ti sei sostituito allo stato, sei andato oltre alle sue leggi”, proseguono rossi in volto.
Si tratta di una variante del “non farsi giustizia da se”, ed è altrettanto fuori luogo. Difendendomi io non mi sostituisco a giudici e giuria, non commino alcuna “pena” ai delinquenti, prova ne sia che, una volta assicurati alla giustizia, questi saranno (si spera) comunque processati e puniti. Difendendomi io mi limito a tutelare la mia incolumità. In Italia non esiste nessuna pena consistente nel prendere a pugni il criminale, però se un teppista mi aggredisce io posso difendermi coi pugni. Il mio pugno è un ostacolo al crimine, non una punizione per lo stesso. Elementare Watson.

Persone e cose. UNO.
Se sparo ad un ladro entrato in casa mia colpisco una persona, il ladro invece intendeva sottrarmi delle cose. Le cose non si possono mettere sullo stesso piano delle persone, quindi se spari ad un ladro o ad un teppista che entra in piena notte in casa tua sei uno spregevole omicida. Così argomentano (si fa per dire) i "buoni".
Sto dormendo tranquillo. Un rumore mi sveglia, vedo un ragazzo grande e grosso nella mia stanza da letto. Non posso sparargli, non sia mai! Devo prima indagare, capire se vuole uccidermi o “solo” derubarmi, sono tenuto a chiedergli cortesemente, senza insultarlo, l'insulto è una offesa alla persona e forse lui vuole “solo” le mie cose”, dicevo, devo chiedergli cortesemente che intenzioni ha, poi vedere in quale modo posso reagire. Tutto è bello, dolce, non violento, per il ladro, per il teppista, non per le loro vittime!
Però, se le cose stessero davvero così allora un poliziotto non dovrebbe intervenire armi alla mano per sventare una rapina: la rapina mira alle cose ed i rapinatori sono persone. Guai a sparargli, guai anche a colpirli con un pugno. Il pugno offende la persona, una docile, innocente persona che voleva solo impadronirsi di “cose” non sue! Che criminale il poliziotto che cerca di impedirglielo!
E, se le cose stessero davvero così, non si potrebbe neppure condannare al carcere un ladro, o un rapinatore, o uno scippatore. Mettere un uomo in cella colpisce la persona mentre ladro, rapinatore e scippatore colpiscono solo le cose! Li si lasci tranquilli, liberi di sottrarre le cose agli onesti cittadini!

Persone e cose. DUE.
Le cose non sono affatto contrapposte alle persone, non appartengono a due mondi diversi. Le cose servono alle persone, sono legate alla loro vita. Sottrarre ad una persona le sue cose significa colpirla in quanto persona. Uno scippo che sottragga ad una vecchietta la pensione può precipitare la povera signora in un autentico dramma. E non solo di questo si tratta. Molto spesso le cose non solo servono alle persone ma sono connesse alla parte più intima, personale della loro vita.
Casa mia è piana di cose che per me hanno un valore particolare, ben diverso dal loro prezzo di mercato. Un ladro che entra in casa mia e la mette tutta a soqquadro non mi priva solo di certi beni materiali, mi insulta, mi offende come persona, devasta la mia intimità, mette i piedi nella mia vita.
Difendere le proprie cose è parte del difendere la propria persona, punto e basta. Nei In paesi più evoluti del nostro questo è considerato ovvio, auto evidente. Il disprezzo con cui molti in Italia guardano ai beni materiali, la spocchiosa superiorità con cui questi vengono considerati come pure “cose” prive di valore autentico, oggetti che non è lecito difendere, è una conseguenza della insopportabile mentalità cattocomunista diffusa nel nostro paese.

Far West
“Cosa succederebbe se ognuno si difendesse da se? La società si trasformerebbe in una giungla, in un nuovo far west in cui conta solo la legge del più forte. La difesa dei cittadini è compito non dei privati ma delle forze dell'ordine” affermano con aria saputella i “buoni”.
Ci sarebbe da dire: bella scoperta! Dire che la difesa dei cittadini è compito delle forze dell'ordine significa solo ribadire una banale ovvietà. Però, cosa ho il dovere, il DOVERE prima del DIRITTO, di fare se vedo un bruto che sta violentando una bambina? Telefono alla polizia? E se non ho con me un cellulare? E se la polizia non arriva in tempo? O devo tirare dritto dicendo: “non siamo nel far west, non è mio compito difendere la bambina”? In un caso simile è mio DOVERE intervenire, anche con la forza, anche usando un'arma, se questa è in mio possesso. Fermare il bruto, anche a costo di ucciderlo, questo devo fare, tutti possono capirlo.
Certo, è bene che sia la polizia a difendere i cittadini. L'autodifesa del resto non è cosa facile, non tutti siamo giovani e forti, ed ogni cittadino ha il diritto di non essere un rambo, o un campione di arti marziali o un tiratore scelto. Ma non ci vuole molto per capire che non sempre la polizia è in grado di intervenire rapidamente; molto spesso il cittadino è solo di fronte a chi lo aggredisce o a chi intende privarlo dei suoi beni. Teorizzare che in casi simili l'aggredito non possa difendersi è falsa bontà, non è neppure una posizione equidistante fra aggressore ed aggredito, equivale a schierarsi dalla parte dell'aggressore contro l'aggredito.
Del resto, cosa propongono nel concreto coloro che contrappongono alla legittima difesa l'ovvietà che è compito della polizia difendere i cittadini? Vogliono che nelle nostre strade ci sia un poliziotto armato sino ai denti ogni dieci metri? O che una telecamera sorvegli le mosse di tutti anche dentro le proprie abitazioni? Sognano delle città completamente militarizzate? Non sembra una gran bella prospettiva. O forse questi finti buoni se ne fregano, semplicemente, della sicurezza dei cittadini. Considerano puro egoismo difendere i propri averi, magari la propria stessa vita. Sotto sotto amano ladri, rapinatori e scippatori perché li considerano “vittime di una cattiva società”, o “giovani in preda a problemi psicologici”, come se la difficoltà a trovare un lavoro o una infanzia difficile potessero giustificare tutto.
Hanno abolito il peccato e lo hanno sostituito con la malattia mentale, afferma Fedor Dostoewsij ne “l'Idiota”. Perfetta diagnosi.

Eccesso di legittima difesa? 
“Ma che fare allora?” si chiede il “buono” con aria sgomenta. “Vogliamo permettere ad un uomo di  sparare ad un bambino che è entrato nel giardino di casa sua? Come si può negare che la legittima difesa possa essere eccessiva?”
Se un bambino entra nel giardino di casa mia per recuperare una palla io non gli sparo, non lo prendo a calci e pugni e neppure lo rimprovero. Mi limito a dirgli: “la prossima volta suona ed il pallone te lo rendo io”.
Se un passante mi urta inavvertitamente per strada io non reagisco colpendolo con un pugno, e neppure insultandolo.
Se discuto animatamente con una persona e questa mi dice: “non dica sciocchezze” io non reagisco tirandogli un calcio nei genitali, mi limito a ribattere: “le sciocchezze le sta dicendo lei”.
Penso che la stragrande maggioranza delle persone normali agisca in maniera simile alla mia.
In caso contrario non ci troviamo di fronte ad un “eccesso” di legittima difesa, semplicemente,
NON esiste legittima difesa. Se qualcuno massacra di botte un bambino che è entrato nel giardino di casa sua per recuperare un pallone non “eccede” nel difendersi, semplicemente non si sta difendendo, sta aggredendo il bambino. Se reagisco a chi mi ha invitato a non dire sciocchezze tirandogli un calcio nei genitali sono io l'aggressore, lo stesso può dirsi se tiro un pugno a chi mi ha urtato inavvertitamente per strada. Il concetto stesso di “eccesso” di legittima difesa è contraddittorio: la difesa c'è o non c'è. Se c'è è assurdo definirla eccessiva per il semplicissimo motivo che non appena diventa “eccessiva” la difesa cessa di essere tale. Un tale mi aggredisce, io mi difendo e lo stendo con gancio destro. Il mio aggressore è a terra, privo di sensi. Io però continuo a colpirlo con pugni e calci. Se agisco in questo modo io non “eccedo” nella difesa, mi trasformo a mia volta in aggressore, smetto di essere vittima e divento carnefice.
“E i casi dubbi?” si potrebbe chiedere. Sui casi dubbi deciderà il giudice, esaminando con attenzione ed imparzialità i fatti. Di nuovo, elementare Watson.

In realtà poche cose sono tanto chiare alla gente comune quanto quelle relative alla legittima difesa. Non occorre aver studiato Kant e Locke per capire quando ci si trova di fronte ad un caso di difesa legittima e quando no, quando è giustificata e quando no la reazione violenta di un cittadino di fronte ad azioni violente dei suoi simili.
Chiedere l'incriminazione per omicidio volontario di un pensionato sessantacinquenne che ha ucciso un ladro di venticinque anni penetrato nottetempo, con complici, in casa sua; giustificare questa richiesta argomentando che il ladro era disarmato, come se un uomo svegliato nel cuore della notte possa ben valutare se chi ha di fronte è o meno armato, o come se tre robusti giovanotti non siano in grado di uccidere a botte una persona anziana, fare cose simili vuol dire sfidare il comune buon senso, il normale sentimento di giustizia della gente.
Sembra proprio che certi magistrati, e certi politici, e certi falsi intellettuali vogliano proprio questo: sfidare il buon senso, i normali sentimenti, il comune sentire della stragrande maggioranza delle persone per bene. Si divertono, questi figuri, a contrapporre al buon senso vani sofismi spacciandoli per pensieri profondissimi. Ma non si tratta, nel loro caso, di vera profondità di pensiero. Solo di sciocchezze mascherate da un mare di chiacchiere fumose ed inconcludenti.

11 commenti:

  1. stupendo : logica semplice e disarmante come è la vera logica e non i sofismi

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  2. Io faccio parte delle forze dell'ordine, e concordo in pieno con te, non è possibile che le forze di polizia siano sempre presenti in ogni luogo, vuoi perchè gli organici sono quelli che sono, vuoi perchè con le nuove regole che vietano le assunzioni la nostra età media è di 50 anni e questo, se permetti, ci rende meno reattivi, ed anche perchè a seguito di una chiamata ci vuole del tempo ad arrivare. Inoltre non sempre, come ben dici, la vittima è in grado di chiamare le forze dell'ordine. A questo punto mi pare evidente che se qualcuno mi entra in casa io mi difendo, e se necessario lo uccido. La legge italiana è pensata a vantaggio dei criminali, che nel nostro ordinamento sono visti come vittime della società da riabilitare e non da punire, e praticamente l'intera classe dei giudici applica sempre il minimo della pena verso questa categoria, ma attenzione, non verso il cittadino onesto che si difende. Personalmente, è brutto dirlo ma è l'unica cosa da fare, penso che se mi trovassi nella situazione di avere un ladro morto in casa non chiamerei nessuno, lo triterei e lo darei da mangiare al gatto, e nemmeno mi sentirei colpevole per questo.

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    1. La tua testimonianza di operatore della sicurezza è preziosa. Grazie.

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    2. Le famiglie dei ladri sanno dove è andato il loro parente.

      Per questo è assurdo che siano risarcite, mentre le vittime non lo sono. Né io, per esempio, né nessuno dei miei siamo mai stati risarciti, mentre i ladri vengono risarciti.
      Le nostre leggi sono a favore dei criminali e contro le persone oneste. Andrebbero riscritte, e certi giudici che "applicano" le leggi, ma con due pesi e due misure, andrebbero buttati fuori dalla magistratura a calci.
      Ma questi sono sogni, purtroppo.

      Quand'ero giovane sono intervenuto più volte in aiuto di persone deboli; ma non so se potrei farlo adesso; non tanto per l'ovvia considerazione che non sono più l'atletico sportivo di una volta, quanto per la disarmante realtà che mi troverei contro uno Stato che ammicca ai criminali, e condanna duramente chi si difende.
      Figuriamoci chi andasse a difendere altri!

      Almeno, quando morirò non sarò poi così triste di lasciare questo mondo.

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  3. Io, in linea di principio condivido tutto il tuo ragionamento, ma penso che, poi, bisogna verificare caso per caso che le cose si siano effettivamente svolte in quel modo. Sarebbe gravissimo se quel pensionato fosse stato condannato e non semplicemente incriminato: quando una persona viene uccisa il processo serve a verificare tutte le circostanze in cui si sono svolti i fatti e giudicare di coseguenza.

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    1. Beh, che si debbano conoscere i fatti è naturale. Al di la della sacrosanta necessità di appurare come si sono svolte le cose resta però una certa mentalità diffusa nel nostro paese, specie a livello di classe politica. E questa mentalità guarda sempre con sospetto alla legittima difesa, considera una sorta di egoismo il difendere i proprio beni...

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    2. Si, si, su questo hai ragione!

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    3. sono le stesse persone che però difendono con forza i loro privilegi, a cominciare proprio da quelli che hanno guidato la "lotta contro i padroni", e che però i beni materiali li difendono con le unghie e con i denti, quando sono i loro.

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