mercoledì 17 agosto 2016

IL "BURCHINI"

Infuria la polemica sul “burkini”. Val la pena di fare alcune telegrafiche considerazioni.

Musulmani “liberali”?
In Francia una “associazione contro la islamofobia” ha contestato la proibizione del “burkini” in nome dei principi liberali. Una simile associazione potrà essere presa sul serio il giorno in cui rivendicherà il diritto delle donne di passeggiare in minigonna a Teheran, a Kabul o a Gaza. Chiedere che le donne musulmane abbiano il diritto al “burkini” in Francia ed affermare nel contempo che donne
non musulmane debbano, in nome del rispetto per l'Islam, velarsi, o peggio, se visitano l'Iran o il Pakistan è semplicemente ignobile.

Le motivazioni del governo francese.

In Francia esiste una legge che vieta l'esibizione in pubblico di simboli religiosi. Può essere una legge discutibile ma tutti, musulmani compresi, hanno il dovere di rispettarla. Che il “burchini” sia di fatto un simbolo religioso è innegabile.

Più seriamente, la proibizione del “burkini” viene motivata con l'argomento che si tratta di un indumento contrario ai principi di una società libera. Chi impone il burkini considera la donna come una tentatrice il cui corpo “impuro” va nascosto il più possibile per non indurre in tentazione l'uomo. Solo un una persona diversamente (molto diversamente) intelligente o in totale malafede può negare che questo tipo di ideologia sia egemone oggi nei paesi islamici, ed è innegabile che si tratti di una ideologia che contrasta profondamente con la nostra concezione dei rapporti fra i sessi.

Si sceglie volontariamente il “burchini”?

Una donna ha il diritto di indossare un certo indumento, anche se dietro allo stesso si cela una ideologia inaccettabile. Su questo, a certe condizioni, un liberale può concordare. Però, è vero che le donne musulmane sono libere di indossare o di non indossare il “burchini”?
Non nego che molte donne musulmane indossino il burchini volontariamente, magari fiere di farlo. Ma il punto è: se
anche solo una di loro non lo volesse indossare e preferisse andare alla spiaggia in bikini, potrebbe farlo? Basta fare la domanda giusta per avere la risposta. Una donna a Teheran o a Kabul non può neppure uscire a capo scoperto, figuriamoci se ha la libertà di andare a fare il bagno in bikini! Il burchini è una imposizione, una violenza che le donne devono subire. Che poi alcune donne musulmane siano felici di subire una simile violenza è un altro discorso. Quelle di loro che non lo sono devono accettare l'imposizione, punto e basta. Il burkini non è una alternativa a costumi che mostrano troppo e possono non piacere, non è un costume da bagno più "castigato" di altri, è insieme il simbolo di una sottomissione ed il risultato di una imposizione. E' parte di un progetto che mira a costruire, a casa nostra, una contro società retta da regole incompatibili coi nostri valori. Per questo, non per la pretesa di imporre alle donne tutte il bikini, è inaccettabile.
Qualcuno potrebbe obbiettare che le donne musulmane non sono libere di scegliere se vivono in Arabia saudita o in Pakistan; in Francia le leggi francesi le proteggono, quindi sono libere. Fantastico ragionamento! Le donne musulmane sono libere nella misura in cui vivono in una società non musulmana! Se l'Islamizzazione della Francia proseguirà la loro libertà andrà a farsi friggere. Inoltre, bisogna essere ciechi per non vedere i condizionamenti fortissimi che le donne musulmane devono subire nel loro ambiente familiare. Le leggi occidentali possono anche proteggerle, ma queste leggi raramente superano la soglia delle case in cui vivono.


Libertà religiosa?

Si sente ripetere spesso l'argomento secondo cui la libertà religiosa va salvaguardata, quindi si deve accettare il “burchini”, anche se è il simbolo di una concezione inaccettabile dei rapporti fra i sessi, anche se è di fatto la risultante di una violenza.
La libertà religiosa è un valore molto importante, ma, va detto una volta per tutte, non si può, in nome di quel valore, accettare tutto. Se un certo credo prevedesse sacrifici umani, dovremmo accettarli in nome della libertà di culto? Se nella chiesa cattolica tornassero di moda i roghi assisteremmo senza dir niente allo spettacolo di streghe e liberi pensatori arsi vivi? Visto che l'Islam non accetta la distinzione fra sfera religiosa e sfera politica, dovremmo accettare, in nome della libertà di culto, di sostituire il Corano alla Costituzione come legge fondamentale dello stato?
Nessuno contesta le concezioni teologiche o i dogmi di qualsiasi religione, nessuno intende proibire la preghiera. Ad essere contestate sono certe pratiche incompatibili coi valori fondanti la nostra civiltà. Dovrebbe capirlo anche una persona come il ministro Alfano.


L'oscar della viltà.

A proposito, il ministro Alfano, è riuscito ancora una volta a battere tutti. Ha motivato il rifiuto di proibire il “birchini” con l'argomento che se lo facessimo rischieremmo di subire attentati. Si può essere vili, si può avere la mentalità dei “dhimmi”, ma a tutto dovrebbe esserci un limite. Ragionando (si fa per dire) come il ministro Alfano dovremmo convertirci tutti all'Islam perché non facendolo, rischiamo di subire attentati. Se qualche setta islamica prevedesse il burka maschile il signor Alfano dovrebbe immediatamente indossarlo, per allontanare il rischio attentati! La cosa tragica è che un simile personaggio è ministro dell'interno!


Contraddizioni

Su una cosa chi si oppone alla proibizione del “burchini” non ha torto. Come si può proibire il burchini ed accettare il velo, magari il velo integrare? Il velo, più o meno integrale che sia, risponde alla stessa logica del “burchini” ed è come il “burchini” simbolo e frutto nel contempo di una violenza sulle donne. Non è solo il “burchini” ad essere incompatibile coi principi fondanti la nostra civiltà. Questo anche i “duri” francesi non lo vogliono ammettere, non possono farlo, probabilmente. Non possono farlo perché la folle gestione dei flussi migratori messa in atto per anni ha letteralmente riempito la Francia di musulmani, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.

I nodi della politica delle “porte aperte” stanno venendo tragicamente al pettine. Oggi in Francia, domani in Italia.

5 commenti:

  1. Caro Giovanni, mi son permesso, citando la fonte ovviamente, di postare su fb solo la tua bella considerazione sul ministro Angelino. Vedo che qualcuno, non capendo, attribuisce a me la tua considerazione. Scusami e grazie comunque.

    RispondiElimina
  2. Figurati!!! Ogni volta che vedo o sento Alfano mi convinco sempre di più che il più grave errore di Berlusconi sia stato quello di circondarsi di simili figuri!

    RispondiElimina
  3. Se i muslims fuori dal terrorismo fossero stati sinceramente contro il terrorismo, e si fossero integrati, del burkini non gliene fregherebbe nulla a nessuno.
    Infatti esistono altre religioni dove ci si vela (nel sikhismo anche gli uomini devono nascondere il capello) e dato che si comportano bene, nessuno ci fa caso.
    Ma i muslims per troppo tempo sono ambigui nelle posizioni sul terrorismo, non si integrano, danno la colpa delle loro sfighe agli altri perchè 'sono tanto buoni', ci dimostrano ognio giorno che da loro il rispetto delle donne e delle minoranze non esiste, e si atteggiano a mo di 'ma qui nun ccè la mmafia' e hanno ostentato il velo e le barbe in segno di 'siamo migliori di voi'.

    Un giorno in qualche stato europeo sarà eletto un politico che li rimanderà tutti a casa. Niente violenze, ci si augura perchè queste cose sono ignobili. Ma secondo me i musulmani dovrebbero risolversi le beghe dei loro paesi da soli, come abbiamo fatto noi europei in passato (tra l'altro quando eravamo inguaiati, non c'erano paesi del primo mondo pronti ad accoglierci e a farci vivere da principi. Non ci restava che lottare).

    Gli attentati non hanno nulla a che vedere col burqini. Quelli sono ancora fermi alle crociate, se non ancor più indietro.

    RispondiElimina
  4. Caro Giovanni, seguo il tuo blog da qualche mese ed incredibilmente fino ad oggi non ho mai trovato un argomento sul quale non sono d'accordo con te! Grazie per il lavoro che fai.

    RispondiElimina