sabato 13 gennaio 2018

LA FILOSOFIA DELLA IPOCRISIA

Donald Trump ricorda a volte Silvio Berlusconi. Anche il cavaliere si lasciava scappare ogni tanto qualche battutaccia che scatenava vespai di polemiche. E, come ieri Silvio Berlusconi, così oggi Donald Trump dovrebbe imparare a tenere a freno la lingua: è il presidente degli Stati Uniti e le sue parole hanno un gran peso. Inoltre è costantemente nel mirino dei suoi numerosi nemici e davvero non si vede perché debba fornir loro pretesti per polemiche gratuite.
Ciò detto, le reazioni isteriche con cui sono state accolte le sue, presunte, affermazioni su alcuni paesi africani e caraibici dimostrano solo una enorme, insopportabile ipocrisia.
E sono anche, queste reazioni, una sorta di esemplificazione del modo di pensare dei “liberal”, una estrinsecazione della loro filosofia politica. Val la pena di spendere su questo qualche parola.

I “liberal” partono spesso da posizioni di principio assolutamente condivisibili. Tutti gli esseri umani hanno pari dignità, indipendentemente dal sesso, dalla religione o dal paese di appartenenza. Chi non concorda con questo principio cardine della nostra civiltà? Forse a non concordare sono, a volte, proprio alcuni “liberal” che assumono nei confronti di certi strati sociali atteggiamenti di insopportabile ed aristocratico disprezzo, ma... tralasciamo...
I “liberal” partono quindi da giusti principi, ma solo per trarre da questi conclusioni assolutamente inaccettabili. Tutti gli esseri umani hanno pari dignità... quindi tutte le umane realizzazioni sono sullo stesso piano. Questa la conclusione a cui giungono i “liberal”. Siccome ogni persona merita rispetto, tutte le aggregazioni umane sono egualmente degne di elogio, tutte le civiltà e le culture sono sullo stesso piano, ogni gerarchia, ogni attribuzione della qualifica di “superiore” od “inferiore” a qualsivoglia umana realizzazione è conseguenza di “pregiudizi meschini”.
Non esistono “brutti posti”, quartieri o paesi in cui non si vorrebbe vivere, località insicure. Chi dicesse: “io in quel paese non ci vivrei mai, neppure se mi regalassero la casa” sarebbe vittima di inaccettabili pregiudizi, se poi quel paese fosse africano, chi fosse contrario a viverci sarebbe, di certo, un miserabile “razzista”.
Abitare al centro di Milano o alla periferia di Mogadiscio sarebbe lo stesso. Un migrante che arriva qui da noi su un barcone, privo di documenti, meriterebbe la stessa fiducia di un turista che atterra alla Malpensa con tutti i documenti perfettamente in regola. Un medico di fama internazionale che arriva a New York per tenere una conferenza può essere sospettato di narco traffico allo stesso modo di un giovanotto messicano che entra irregolarmente negli USA. E se qualcuno avanza dubbi in proposito è, ovviamente, un “razzista”.

Tutti abbiamo diritto alla dignità, ma nel corso della storia si sono create civiltà, aggregazioni umane, culture profondamente diverse in cui lo stesso peso del riconoscimento dei diritti umani è stato ed è ben diverso. L'invenzione, o la scoperta, dei diritti umani è in fondo qualcosa di relativamente recente. Oppressione, schiavismo, fanatismi religiosi, repressione del libero pensiero, persecuzioni  etniche, oppressione della donna sono costanti della storia umana. E non sono qualcosa di superato neppure oggi. Ed OGGI tutto questo è presente in certe parti del mondo molto più che in certe altre. Oggi in certi paesi le adultere vengono lapidate, in altri trattano le condizioni del divorzio. Queste situazioni sono sullo stesso piano? Una donna sessualmente emancipata preferirebbe vivere negli USA o in Arabia Saudita? Basta fare la domanda per avere la risposta.
Se abbiamo la dignità dobbiamo presupporci liberi, ma se siamo liberi abbiamo anche la libertà di sbagliare, o di commettere il male, il famoso “libero arbitrio”. Da questo, anche da questo, nascono molti degli errori e degli orrori di cui la storia umana è infarcita. Ma il liberal non vede queste sottigliezze “logico filosofiche”. Come non vede il mondo, quello vero. Per lui tutto è dolce, armonioso, tutto egualmente vivibile in pace ed amore. Una melassa che esiste solo nella sua testa.
Se davvero esiste. Si, perché val davvero la pena di chiedersi se il liberal crede davvero alle cose in cui dice di credere. Il liberal intellettuale e benestante si indigna se qualcuno dice che la Norvegia è meglio della Nigeria, ma non vivrebbe mai in Nigeria. Se ci va in vacanza è solo per rinserrarsi in villaggi turistici sorvegliati da miriadi di guardie armate. Il liberal considera tutti egualmente vivibili i quartieri delle nostre città, ma neppure passa in certe vie o certe piazze, meno che mai dopo una certa ora, da solo. L'intellettuale liberal di solito non frequenta treni e metrò, i suoi figli studiano in università prestigiose, se si ammala si ricovera in cliniche costose, lontano dalla folla. Lui ama il popolo, a condizione che questo stia a rispettosa distanza.

Donald Trump non è un maestro di diplomazia. Spesso è rozzo, istintivo, si comporta come un rinoceronte in una cristalleria. Ma è infinitamente più vicino al sentire della gente normale che non i suoi spocchiosi critici liberal.
“Che posto di m...da"! Chi non ha mai detto, o pensato, una cosa simile riferendosi ad uno stato, una città, un quartiere? Qualcuno lo avrà detto riferendosi ad un paese africano, altri ad una città europea, altri ancora lo avranno detto riferendosi... agli Stati Uniti d'America, ma pochissimi, credo, non hanno mai detto o pensato una cosa simile. Solo l'intellettuale liberal pensa, o dice di pensare, che le cose non stiano così, crede, o finge di credere, che la melassa che ha in testa sia davvero il mondo reale, e che le gente normale condivida davvero le zuccherose banalità che il suo cervellino progressista produce in continuazione.
Per quante critiche sia possibile muovere al presidente Trump questi resta infinitamente superiore agli ipocriti che si indignano o fingono di indignarsi per le sue uscite spesso estemporanee. Quanto meno il presidente resta attaccato al mondo reale. I liberal ed i loro media faziosi veleggiano inve
ce nell'isola che non c'è.

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