E’ giusto, doveroso il rispetto nei confronti di chi ha
attraversato la soglia che separa tutti noi dall’insondabile
mistero della morte. Gli strilli, le polemiche faziose, gli insulti,
sempre criticabili, diventano in simili occasioni del tutto
inaccettabili. Tutto questo però non implica che il discorso sulla
vita di chi ci ha lasciati debba trasformarsi in una sorta di osanna
apologetico in cui ogni considerazione critica viene bandita e la
discussione pacata ma rigorosa viene sostituita dalla retorica
ipocrita.
Lo dico col massimo rispetto ma anche con la massima
chiarezza: la mia valutazione sull’apostolato di papa Francesco è
e resta del tutto negativa.
Con lui è salita sul soglio di
Pietro qualcosa di simile alla teologia della liberazione: un
compromesso sincretistico fra cattolicesimo e marxismo che si traduce
in una sorta di populismo pauperistico in cui la povertà diventa
spesso, invece che un nemico da combattere, un valore da difendere,
contrapposta al “consumismo compulsivo” e al “Dio denaro”.
In
effetti, se si guarda con attenzione alla predicazione di papa
Francesco una cosa salta all’occhio: la profonda antipatia di
questo papa nei confronti della civiltà occidentale. Dalla guerra in
Ucraina a quella in medio oriente le critiche di papa Francesco sono quasi
sempre state rivolte, in maniera spesso assai aspra, contro l’occidente.
La crisi in medio oriente in particolare ha spinto Francesco su
posizioni che hanno fatto arretrare di decenni i rapporti fra
cattolicesimo ed ebraismo. Da un lato il papa ha detto più volte di considerare
il fondamentalismo islamico un fenomeno praticamente privo di radici
sociali e culturali, una cosa che riguarda solo pochi fanatici, dall’altro ha strizzato l’occhio a chi accusa di “genocidio” uno stato che da
quasi 80 anni lotta contro nemici spietati che hanno il solo scopo di
cancellarlo dalla faccia della terra.
Tutta la visione socio
economica di Francesco si riduce in fondo a quella che il grande
filosofo conservatore Roger Scruton ha definito “la fallacia della
somma zero”: esiste la miseria perché esiste la ricchezza, nel
mondo ci sono i poveri perché ci sono i ricchi che si appropriano
ingiustamente di gran parte delle risorse che madre natura ha messo a
nostra disposizione. Una concezione elementare dei meccanismi e dei
problemi economici, che lo stesso Marx avrebbe rigettato con sdegno.
Madre natura ci regala poco o nulla, per trasformare in risorse e
poi in ricchezza ciò che madre natura mette a nostra disposizione
occorre il lavoro, lo studio, la ricerca, l’innovazione
tecnologica. Storicamente il segreto della forza dell’occidente non
risiede nella sua capacità di conquista e saccheggio: in questo
altre civiltà sono state altrettanto o anche più forti: risiede
nella rivoluzione scientifica e industriale, nell’autonomia della
società civile, nella “scoperta” dei valori della libertà
individuale e poi della democrazia. Tutto questo manca nella visione
sociale ed economica di papa Francesco.
E questo tocca
profondamente altre parti del suo pensiero: l’atteggiamento ad
esempio dei confronti della, non si sa quanto reale e grave, crisi
ambientale. Su questo problema Francesco non solo ha sposato le tesi
dell’ecologismo più radicale e catastrofista, non solo ha accusato
di tutto, more solito, l’occidente dimenticando che non sono certo
i paesi occidentali a essere all’avanguardia nell’inquinamento
del pianeta, ha avallato, e questa per un credente è forse la cosa
più grave, la divinizzazione della natura, una sorta di
neopaganesimo oggi di moda in occidente che contrasta radicalmente
con la dottrina cristiana. Il cristianesimo, piaccia o non piaccia la
cosa, è antropocentrico: il cristiano rispetta e ama la natura, ma
la ama e rispetta perché frutto della creazione divina che ha
nell’uomo il suo culmine. Per il cristianesimo, e per una parte
importante del pensiero filosofico laico, l’uomo è un
ente “insulare”, parte della natura ma non SOLO natura, quanto
meno, parte della natura con caratteristiche che segnano uno iato
profndo nella natura stessa. Per larga parte del radicalismo pseudo
ecologico oggi di moda l’uomo è, nella migliore delle ipotesi,
solo una componete di qualche ecosistema, nella peggiore un fattore
di squilibrio e crisi. Su questo le posizioni di Francesco sono
sempre state quanto meno assai ambigue.
E ancora, assai poco
condivisibili restano le posizioni del papa ora scomparso sulle
migrazioni clandestine, o sul dialogo inter religioso; attenzione,
NON sulle conseguenze sociali, economiche e politiche delle
religioni, su questo il dialogo è del tutto accettabile, no, dialogo fra le religioni, come se si potesse discutere sui dogmi! Francesco
è giunto al punto di affermare che tutte le religioni credono nello
stesso Dio, divergendo solo sulle “vie” per raggiungerlo. Una
concezione rispettabile per un non credente come me, ma che, oltre a non essere, ad oggi, non
vera dovrebbe essere sostenuta da un deista, non dal vescovo di
Roma.
Non è il caso di prolungarsi ulteriormente, non è questa
di certo la sede per un discorso approfondito sul pensiero del papa
scomparso, né io ho la forza di farlo. Di certo nel suo apostolato
ci sono luci e ombre e nulla è tanto ipocrita quanto il plauso
apologetico di questi giorni.