lunedì 8 luglio 2013

PAPA FRANCESCO



Con tutto il rispetto, perché dobbiamo chiedere perdono ai “migranti” per le morti in mare? Sono loro che vogliono venire da noi, violando le nostre leggi e le nostre regole, noi li soccorriamo quando le carrette su cui si imbarcano vanno a fondo, perché dovremmo essere in qualche modo responsabili dei loro morti?
Dobbiamo chiedere perdono perché non siamo più poveri, o non lo siamo come loro lo sono? Ma, anche noi eravamo poveri, siamo riusciti a sollevarci col lavoro, la ricerca, la capacità di investire, rischiare. Non si esce dalla povertà grazie agli aiuti dei più fortunati o alla loro generosa “accoglienza”. Ce lo ricordano i cinesi, gli indiani, i coreani, tutta gente che si è sollevata, o si sta sollevando, in gran parte con le proprie forze, da una condizione di miseria abbruttente.
Ed ancora, se la povertà è un valore, se si parla sempre dei “poveri” come se fossero i depositari dei valori più sacri, che senso ha lottare contro la povertà, invitare la gente a “pentirsi” per il fatto che questi “privilegiati della miseria” esistono?
Non mi piace la mistica della povertà su cui sempre insiste papa Francesco, e trovo assai discutibile il tentativo di avallarla, questa mistica, con piccoli gesti simbolici, il rifiuto della croce d'oro sostituita da una più modesta croce in ferro battuto, ad esempio, come se un simile gesto risolvesse anche uno solo dei drammatici problemi della miseria. Non mi piace infine il clamore dei media intorno al nuovo papa, sempre presentato come il grande innovatore, e quasi contrapposto a papa Benedetto che invece avrebbe vivacchiato senza innovare nulla.
Un'ultima considerazione. Gli stessi che tuonano contro il papa quando parla di matrimonio fra uomo e donna o critica l'omosessualità, sono pronti a presentare come verità indiscutibili le parole del papa sui “migranti”. Perché ci devono essere in giro tanti ipocriti?

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