“Non bisogna avere paura”
“La paura è una pessima
consigliera”
“Si ha paura di ciò che non si conosce”
“Non si deve aver paura del diverso”
Si potrebbe continuare. La paura è oggetto di universale esecrazione da parte dei politicamente corretti. Guai ad aver paura, specie di ciò che non si conosce, specie di chi è diverso da noi. Conosciamolo, e smetteremo di averne paura, dicono sorridenti i "buoni" di mezzo mondo.
Ma, stanno davvero così le cose?
La paura è un sentimento, o un istinto, fondamentale, utilissimo alla sopravvivenza. La gran maggioranza delle specie animali, compresa, forse, la specie umana, si sarebbero estinte se la paura non avesse spinto istintivamente i singoli a fuggire i pericoli.
Ed è naturalissima la paura nei confronti di chi non conosciamo, ci è radicalmente diverso. Se mentre sto per coricarmi vedo sul cuscino del mio letto un grosso ragno istintivamente mi ritraggo, impaurito. Sbaglio a farlo? Forse quel ragno è del tutto inoffensivo, forse tenerlo accanto a me mentre dormo potrebbe giovare alla mia salute. Ma io mi ritraggo lo stesso, l'istinto mette a tacere le pretese rassicuranti della ragione, meglio, di una ragione ideologica, per fortuna. Perché non è affatto certo che quel simpatico ragno sia un mio potenziale amicone, forse è velenoso, addirittura mortale. E la paura che mi spinge ad allontanarmi da lui è una ottima consigliera.
Chi ripete fino alla noia che la paura nasce dall'ignoranza, e che se si conosce il “diverso” si cessa di temerlo, ha in mente l'idea di un mondo “naturalmente” dolce e buono. Tutti siamo buoni e bravi, tutto è dolce, bello, armonioso, basta conoscerlo. Peccato che le cose siano leggermente diverse, e meno rassicuranti. A volte è vero che conoscendo il diverso smettiamo di temerlo, ma a volte capita esattamente il contrario: cominciamo a temere il diverso precisamente nel momento in cui iniziamo a conoscerlo. Ciò che a prima vista appariva bello e rassicurante si rivela terribile. Conoscendo meglio chi ci sembra amico scopriamo che è un nostro implacabile nemico.
Fuor di metafora, chi oggi sbraita continuamente contro la paura, e ci invita a conoscere meglio chi ci è diverso per smettere di temerlo, è l'occidentale politicamente corretto; ed il diverso che dovremmo conoscere per non temere è l'Islam fondamentalista. Il fondamentalismo sarebbe una sorta di feticcio, il parto delle menti impaurite di occidentali incapaci di conoscere chi è diverso da loro. Si conosca meglio chi non è come noi e scopriremo che non c'è motivo per temerlo, anzi, ci sono ottimi motivi per amarlo. Il mondo è dolce ed armonico, tutte le culture e le civiltà, specie quelle non occidentali, sono caratterizzate da buoni sentimenti, basta conoscerle. Un gran bel quadretto, non c'è che dire. Però, se le cose stanno così, perché tanti occidentali hanno paura? Perché creano feticci terrorizzanti? Di nuovo, noi siamo i responsabili di tutto. Le nostre paure inconsce, forse conseguenza di atavici sensi di colpa per i nostri crimini storici, creano spettri paurosi che ci impediscono di conoscere e di amare. E provocano guerre, lutti e distruzioni.
Peccato che i fatti facciano a pugni con un simile, rassicurante quadretto. E non mi riferisco ai fatti di cui tutti i giorni ci parlano i media: gente sgozzata, attentati, lapidazioni, fustigazioni e tante altre simili dolcezze. Mi riferisco al fatto incontestabile del crescere fra gli occidentali della paura nei confronti del fondamentalismo terrorista. Si, perché la paura è cresciuta proprio nella misura in cui abbiamo iniziato a conoscerli, i nostri "buoni fratelli". Più aumentava la conoscenza più cresceva la paura. Ben lungi dall'essere figlia di istintivi pregiudizi la nostra paura nei confronti del fondamentalismo è figlia della conoscenza. Dopo che abbiamo ripetuto infinite volte che “si ha paura di ciò che non si conosce”, iniziamo a capire che a volte si ha paura di ciò che si conosce, proprio perché lo si conosce. A giusta ragione.
“Si ha paura di ciò che non si conosce”
“Non si deve aver paura del diverso”
Si potrebbe continuare. La paura è oggetto di universale esecrazione da parte dei politicamente corretti. Guai ad aver paura, specie di ciò che non si conosce, specie di chi è diverso da noi. Conosciamolo, e smetteremo di averne paura, dicono sorridenti i "buoni" di mezzo mondo.
Ma, stanno davvero così le cose?
La paura è un sentimento, o un istinto, fondamentale, utilissimo alla sopravvivenza. La gran maggioranza delle specie animali, compresa, forse, la specie umana, si sarebbero estinte se la paura non avesse spinto istintivamente i singoli a fuggire i pericoli.
Ed è naturalissima la paura nei confronti di chi non conosciamo, ci è radicalmente diverso. Se mentre sto per coricarmi vedo sul cuscino del mio letto un grosso ragno istintivamente mi ritraggo, impaurito. Sbaglio a farlo? Forse quel ragno è del tutto inoffensivo, forse tenerlo accanto a me mentre dormo potrebbe giovare alla mia salute. Ma io mi ritraggo lo stesso, l'istinto mette a tacere le pretese rassicuranti della ragione, meglio, di una ragione ideologica, per fortuna. Perché non è affatto certo che quel simpatico ragno sia un mio potenziale amicone, forse è velenoso, addirittura mortale. E la paura che mi spinge ad allontanarmi da lui è una ottima consigliera.
Chi ripete fino alla noia che la paura nasce dall'ignoranza, e che se si conosce il “diverso” si cessa di temerlo, ha in mente l'idea di un mondo “naturalmente” dolce e buono. Tutti siamo buoni e bravi, tutto è dolce, bello, armonioso, basta conoscerlo. Peccato che le cose siano leggermente diverse, e meno rassicuranti. A volte è vero che conoscendo il diverso smettiamo di temerlo, ma a volte capita esattamente il contrario: cominciamo a temere il diverso precisamente nel momento in cui iniziamo a conoscerlo. Ciò che a prima vista appariva bello e rassicurante si rivela terribile. Conoscendo meglio chi ci sembra amico scopriamo che è un nostro implacabile nemico.
Fuor di metafora, chi oggi sbraita continuamente contro la paura, e ci invita a conoscere meglio chi ci è diverso per smettere di temerlo, è l'occidentale politicamente corretto; ed il diverso che dovremmo conoscere per non temere è l'Islam fondamentalista. Il fondamentalismo sarebbe una sorta di feticcio, il parto delle menti impaurite di occidentali incapaci di conoscere chi è diverso da loro. Si conosca meglio chi non è come noi e scopriremo che non c'è motivo per temerlo, anzi, ci sono ottimi motivi per amarlo. Il mondo è dolce ed armonico, tutte le culture e le civiltà, specie quelle non occidentali, sono caratterizzate da buoni sentimenti, basta conoscerle. Un gran bel quadretto, non c'è che dire. Però, se le cose stanno così, perché tanti occidentali hanno paura? Perché creano feticci terrorizzanti? Di nuovo, noi siamo i responsabili di tutto. Le nostre paure inconsce, forse conseguenza di atavici sensi di colpa per i nostri crimini storici, creano spettri paurosi che ci impediscono di conoscere e di amare. E provocano guerre, lutti e distruzioni.
Peccato che i fatti facciano a pugni con un simile, rassicurante quadretto. E non mi riferisco ai fatti di cui tutti i giorni ci parlano i media: gente sgozzata, attentati, lapidazioni, fustigazioni e tante altre simili dolcezze. Mi riferisco al fatto incontestabile del crescere fra gli occidentali della paura nei confronti del fondamentalismo terrorista. Si, perché la paura è cresciuta proprio nella misura in cui abbiamo iniziato a conoscerli, i nostri "buoni fratelli". Più aumentava la conoscenza più cresceva la paura. Ben lungi dall'essere figlia di istintivi pregiudizi la nostra paura nei confronti del fondamentalismo è figlia della conoscenza. Dopo che abbiamo ripetuto infinite volte che “si ha paura di ciò che non si conosce”, iniziamo a capire che a volte si ha paura di ciò che si conosce, proprio perché lo si conosce. A giusta ragione.
La paura è un sentimento utile, come è
utile il coraggio. Ma, esattamente come è sbagliato trasformare il
coraggio in temerarietà è profondamente sbagliato lasciare che la
paura ci prenda la mano, si trasformi in panico. La paura va gestita,
controllata. Tenuta sotto controllo può trasformarsi in
alleato, se, fuori controllo, degrada in terrore, paralizza le nostre
azioni e ci renda facili vittime di chi ci vuole distruggere.
Una paura ben gestita convive col coraggio, la determinazione, ci spinge non a fuggire rovinosamente ma a combattere con intelligenza. Se si trasforma in panico ci fa diventare vili, e ci spinge a strisciare di fronte a coloro che ci vogliono morti.
Di nuovo fuor di metafora, ad essere spesso schiavi della paura, anzi, del panico, non sono oggi quelli che intendono rispondere con forza ai crimini del fondamentalismo islamista. Sono i "dialoganti", i giustificazionisti, i “buoni” ad agire in preda ad una paura che ricorda il terrore. Dietro ai quadretti che ci descrivono un mieloso mondo che non esiste non sta una miglior conoscenza dell'altro, sta, in molti casi, l'incontrollabile paura che questo ci ispira. Certo, molti seguaci del politicamente corretto sono schiavi non tanto della paura quanto della ideologia, confondono davvero col mondo reale la loro melensa immagine del mondo, ma in molti casi è la stessa falsa coscienza ideologica ad essere ispirata dalla paura. E' più facile immaginare un mondo di buoni che rapportarsi seriamente con chi troppo buono non è. E, se proprio si deve prendere atto che ci sono anche i cattivi, nel mondo, è molto più rassicurante lottare contro cattivi che in qualche modo ci sono familiari. I malvagi capitalisti ed i perfidi finanzieri, i corrotti ed i corruttori, gli stessi potentissimi agenti di CIA e Mossad sono assai meno paurosi dei fanatici pronti a sgozzare in nome della fede. Per questo molti seguaci del politicamente corretto, trasudanti, insieme, ideologia e paura, eliminano dal mondo i secondi ed esagerano in maniera grottesca il ruolo dei primi.
Sono gli esponenti delle due grandi malattie dell'occidente: due mortali malattie che si alimentano a vicenda, in un pauroso circolo vizioso: l'ideologia politicamente corretta e la paura non controllata dalla ragione.
Una paura ben gestita convive col coraggio, la determinazione, ci spinge non a fuggire rovinosamente ma a combattere con intelligenza. Se si trasforma in panico ci fa diventare vili, e ci spinge a strisciare di fronte a coloro che ci vogliono morti.
Di nuovo fuor di metafora, ad essere spesso schiavi della paura, anzi, del panico, non sono oggi quelli che intendono rispondere con forza ai crimini del fondamentalismo islamista. Sono i "dialoganti", i giustificazionisti, i “buoni” ad agire in preda ad una paura che ricorda il terrore. Dietro ai quadretti che ci descrivono un mieloso mondo che non esiste non sta una miglior conoscenza dell'altro, sta, in molti casi, l'incontrollabile paura che questo ci ispira. Certo, molti seguaci del politicamente corretto sono schiavi non tanto della paura quanto della ideologia, confondono davvero col mondo reale la loro melensa immagine del mondo, ma in molti casi è la stessa falsa coscienza ideologica ad essere ispirata dalla paura. E' più facile immaginare un mondo di buoni che rapportarsi seriamente con chi troppo buono non è. E, se proprio si deve prendere atto che ci sono anche i cattivi, nel mondo, è molto più rassicurante lottare contro cattivi che in qualche modo ci sono familiari. I malvagi capitalisti ed i perfidi finanzieri, i corrotti ed i corruttori, gli stessi potentissimi agenti di CIA e Mossad sono assai meno paurosi dei fanatici pronti a sgozzare in nome della fede. Per questo molti seguaci del politicamente corretto, trasudanti, insieme, ideologia e paura, eliminano dal mondo i secondi ed esagerano in maniera grottesca il ruolo dei primi.
Sono gli esponenti delle due grandi malattie dell'occidente: due mortali malattie che si alimentano a vicenda, in un pauroso circolo vizioso: l'ideologia politicamente corretta e la paura non controllata dalla ragione.
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