Michael Shellenbger: l’apocalisse può attendere. Marsilio
editori.
Insieme saggio, giornalismo di inchiesta e
reportage scientifico questo “L’apocalisse può attendere” di
Michael Shellenbger è un libro che tratta con rigore il tema del
catastrofismo ecologico. Se ne sentiva davvero il bisogno.
Non
siamo alla vigilia della fine del mondo, questo il punto di partenza
di Shellenbger. I problemi ambientali esistono ma il catastrofismo
ecologico non solo non li risolve, ma li aggrava. Ne “L’apocalisse
può attendere" si alternano pagine di grande rigore scientifico e
resoconti di viaggio, considerazioni filosofiche e narrativa
giornalistica. E vengono affrontati un po’ tutti i temi
dell’ambientalismo radicale: dal riscaldamento del globo alle
foreste amazzoniche, dalla biodiversità ai ghiacci del polo ed i grandi
incendi.
Shellinbger non dedica molto spazio al problema, tanto
dibattuto, se i cambiamenti climatici abbiano o no cause antropiche, e
forse questo è un limite del suo lavoro. Sin dall’inizio tuttavia
sottolinea l’enorme esagerazione con cui i dati scientifici vengono
riportati dai media e dati in pasto ad un pubblico letteralmente
martellato da una propaganda che definire di parte è poco.
Avviene
che l’IPCC, l’organismo internazionale di controllo sul
cambiamento climatico, incarichi uno scienziato di elaborare una
relazione sul clima. Questi presenta un lavoro in cui i pericoli del
cambiamento climatico vengono evidenziati ma non appaiono
particolarmente allarmanti. Il suo lavoro viene sostituito da un
altro, nettamente più catastrofista. Questo ha portato alcuni a dare
le dimissioni dall’IPCC. Il nuovo testo viene dato in pasto ai
media che esagerano ulteriormente il pericolo. Si passa così da “la
situazione è grave ma gestibile”a “siamo alla vigilia della fine
del mondo”. Poi arrivano le marce e gli scioperi contro
“l’ingiustizia climatica” ed i bla bla della piccola
Greta.
Shellenberger si definisce un ambientalista umanista e
razionale. E’ stato in passato un ecologista radicale, poi ha
saputo, con grande onestà intellettuale, rivedere le sue posizioni,
pur restando un grande amante della natura. La sua tesi di fondo è
che non esiste alcun contrasto insanabile fra ambiente e crescita
economica. I discorsi sulle “decrescite felici” o le “crescite
sostenibili” sono pura ed inaccettabile ideologia. L’ambiente si
tutela puntando sulla una crescita economica intensiva e non
estensiva, la stessa che dalla rivoluzione industriale ha
caratterizzato l’occidente e che oggi le organizzazioni
ambientaliste vorrebbero negare ai paesi poveri.
L’agricoltura
estensiva non permette l’uscita dalla povertà ed ha un impatto sull’ambiente estremamente distruttivo. Molti paesi poveri
usano il legno quale principale fonte energetica. Questo minaccia
l’ambiente, aumenta le emissioni dannose e impedisce a centinaia di
milioni di esseri umani di raggiungere un livello di vita decente.
Il
libro di Shellenbger è tutto caratterizzato da una profonda empatia
nei confronti delle popolazioni dei paesi poveri che i miliardari
delle ONG ambientaliste vorrebbero lasciare nella loro povertà in
nome di una “natura” deificata. Sono molto belle le pagine in cui l'autore descrive la situazione degli africani che vivono nelle vicinanze dei parchi naturali. Le loro misere culture sono periodicamente distrutte dalle incursioni di elefanti e babbuini. Per chi vive nei pressi di parchi naturali queste incursioni non sono un fastidio, come quelle dei cinghiali che distruggono l'orto di un occidentale. No, per loro si tratta del cibo quotidiano, della sopravvivenza. Eppure le loro proteste cadono nel vuoto. Si sono spesso limitati a chiedere recinzioni elettrificate che tengono lontani gli animali selvatici. Hanno ottenuto solo promesse.
Per venire a problemi di più ampia portata, molte ONG ambientaliste si
oppongono alla costruzione di dighe e centrali idroelettriche in
Africa. Non propongono però la distruzione delle dighe in Svizzera e
California, un atteggiamento che definire razzista è dir poco.
Ne
“L’apocalisse può attendere” l’autore dedica molto spazio ai
problemi energetici. La crescita economica può essere garantita solo
da fonti ad alto potenziale energetico, costi limitati e basso
impatto ambientale. Il carbone è, da questi punti di vista, molto
meglio del legno, petrolio e gas naturale sono meglio del carbone, il
nucleare è assai meglio di tutte le altre fonti. Per questo andrebbe esteso
come principale fonte di energia, al di la delle demonizzazioni e
delle incredibili esagerazioni sui pericoli che comporta. Per inciso:
gli incidenti a centrali idroelettrioche hanno provocato un numero di
vittime enormemente superiore a quelle causate dal nucleare. E le
cosiddette “rinnovabili”? Queste hanno un basso potenziale
energetico, producono poca energia in rapporto ai mezzi utilizzati ed
hanno costi elevatissimi in rapporto all’energia prodotta. Hanno inoltre
un enorme impatto ambientale. Questo viene allegramente ignorato dai
loro sostenitori. Se tutta l’energia che oggi gli USA consumano
fosse prodotta da eolico e solare una superficie variabile dal 25 al
50 per cento degli Stati Uniti sarebbe coperta da pannelli e pale
eoliche dal costo elevatissimo. Una follia economica ed ambientale.
Agricoltura intensiva, acquacultura ed allevamento,
nucleare non distruggono il pianeta. A minacciare le grandi foreste è
la agricoltura primitiva fondata sul brucia e semina, non gli OGM e
l’applicazione della scienza all’agricoltura. Dietro ai discorsi
apparentemente dolci sullo “sviluppo sostenibile” sta di fatto la
accettazione del dato terrificante della povertà per centinaia di
milioni di esseri umani. Pretendere che gli africani possano nutrirsi
e raggiungere un decente livello di vita con l’agricoltura
biologica o le pale eoliche altro non è che una forma modificata di
malthusismo. Noi occidentali siamo sulla "scialuppa di salvataggio",
possiamo tenerci il tanto deprecata benessere. Gli altri… vadano al
diavolo!
Interessanti le considerazioni filosofiche finali di
Shellenbger, in cui l’autore collega l’attuale catastrofismo climatico alla
cultura della disperazione diffusasi in occidente nella prima parte
dello scorso secolo ed all’ansia di assoluto che caratterizza una
parte della pubblica opinione occidentale, specie fra le giovani
generazioni. L’ecologismo radicale è ormai una nuova religione,
una religione mondana in cui la “natura” sostituisce Dio.
Ultimamente questa religione ha visto attenuarsi il suo aspetto
utopico a tutto vantaggio di un pervasivo nichilismo. Le
teorizzazioni ideologiche sulla dolce armonia fra uomo e natura sono
state sostituite dagli strilli sulla fine del mondo prossima ventura
e da atteggiamenti sempre più decisamente ostili nei confronti
dell’uomo. L’uomo è il cancro del pianeta, la sua scomparsa non
deve essere considerata un gran danno, dopotutto. Si elimini l’uomo
e la natura tornerà al suo antico splendore. Un nuovo diluvio deve
punire i reprobi, ben venga!
Teorizzazioni minoritarie certo, ma
da non sottovalutare. Alle quali l’autore contrappone un rinnovato
umanesimo, amico, insieme, della natura, dello sviluppo economico e della scienza.
In
definitiva, “L’apocalisse può attendere” è un libro da
leggere e meditare. Un ottimo antidoto contro la propaganda
goebbelsiana di chi cerca di presentarci Greta Thunberg come la
salvatrice del mondo. E’ assai positivo che fra la tanta spazzatura
editoriale che fa brutta mostra di se sugli scaffali delle librerie
compaia ogni tanto qualcosa di buono, di molto buono.
Oggi, alla scomparsa dell'uomo, gli ambientalardi auspicano anche la scomparsa di cani e gatti. L'odio si estende anche agli animali che amiamo di più.
RispondiEliminaIntanto, per installare pannelli solari si distruggono boschi. Sono andata a leggere sui loro siti 8quelli degli ambientalardi) per capire qual'è il pensiero di sta gente, sostengono che per 'salvare il pianeta' è giusto sacrificare qualche bosco.