Il governatore della Puglia, Michele Emiliano, ha avuto il suo momento di notorietà giorni fa quando ha definito la Puglia la “Stalingrado d’Italia”, ha assicurato che loro “non cederanno” qualsiasi sia l’esito delle elezioni ed ha terminato affermando che i nemici dovranno “sputare sangue”. Mi sono astenuto dal commentare queste dichiarazioni perché non amo le polemiche a tinte forti, non servono a nessuno. Ora apprendo che Emiliano ha addirittura telefonato alla Meloni per “rassicurarla”. Le sue affermazioni erano solo metaforiche: nessun invito alla violenza, anzi, in una successiva trasmissione televisiva Emiliano ha affermato che fra lui e la Meloni esiste un rapporto di amicizia e reciproco rispetto.
Caso chiuso quindi? Diciamo di si. Personalmente non ho mai dubitato che quelle di Emiliano fossero affermazioni metaforiche, però… però non è un caso che le metafore cui fa uso una certa parte politica siano molto, molto spesso di carattere militare. “Stalingrado d’Italia”, “roccaforti rosse”, “qui non passeranno”, “avanzate”, “ritirate”, “strategia”, “tattica”… la politica, tutta la politica, fa spesso uso di termini militari, ma è certo che la sinistra italica ne fa un uso smodato, molto superiore al normale.
Carl Von Clausewitz, celebre generale prussiano, definì a suo tempo la guerra una “prosecuzione della politica con altri mezzi”. Parafrasando le sue parole Lenin definì la guerra civile una prosecuzione della politica rivoluzionaria con altri mezzi. Sia il generale prussiano che il rivoluzionario russo non pongono alcuna barriera qualitativa fra guerra e politica; la politica non è per loro un confronto civile fra interessi, idee, valori diversi tutti pienamente legittimi, no, la politica è lotta a morte fra nemici ognuno dei quali cerca di distruggere l’altro.
La attuale sinistra italiana sembra aver capovolto le formule di Von Clausewitz e Lenin senza tuttavia abbandonarne la sostanza. Per Von Calusewitz la guerra è prosecuzione della politica con altri mezzi, per personaggi come Emiliano la politica sembra essere una sorta di guerra combattuta con altri mezzi. Il voto non è lo strumento a disposizione dei cittadini per conferire ad una certa parte politica il diritto di governare, temporaneamente e secondo certe modalità. No, il voto è una sorta di proiettile non letale. Il confronto politico cessa di essere alternanza fra rivali per diventare guerra di distruzione fra nemici.
Questa concezione aberrante della politica è ancora presente in Italia. Fa capolino un po’ ovunque, è di certo egemone in gruppazzi di estrema destra ed estrema sinistra per fortuna del tutto minoritari nel paese, ma è largamente presente, assai più che altrove, anche nella sinistra che conta, quella che ci ha governato per quasi dieci degli ultimi undici anni.
Per questo le metafore di Emiliano sono comunque preoccupanti.
uno degli ultimi marchesi di Saluzzo, siamo intorno alla fine del VX secolo, emanò un editto che proibiva, pena dieci bastonate in piazza, a tutti i sudditi del Marchesato di pronunciare in pubblico le parole "guelfo" o "ghibellino"
RispondiEliminaevidentemente dopo che guelfi e ghibellini erano ormai scomparsi da due secoli in tutto il resto dell'Europa, in Italia ancora ci si accoltellava nelle taverne accusandosi l'un l'altro di far parte di questi o di quelli....
marchese davvero illuminato, almeno a Saluzzo era riuscito a mettere un freno alla questione. in altre lande dello stivale semplicemente cambiarono i nomi delle due parti, e continuano ancora adesso, poveri noi