1) Cosa è il giustizialismo? Per comprenderlo basta pensare a quello che dovrebbe essere il normale rapporto fra politica e giustizia in una normale democrazia liberale, e a quello che in effetti è questo rapporto nelle democrazie liberali normali. In una democrazia liberale normale la gestione della società spetta alla politica. E' il parlamento che fa le leggi, è alla politica che spetta il compito di cercare di migliorare la società, e la politica cerca di adempiere a questi compiti usando i mezzi ad essa specifici. La giustizia dal canto suo, sempre nelle democrazie liberali normali, ha il compito di applicare le leggi ai casi particolari, meglio, ai casi singoli. La giustizia non ha il compito di riformare la società, di renderla migliore e più pulita, non ha neppure il compito di “battere la corruzione e la criminalità”, compito della giustizia è “solo” quello di stabilire se Tizio ha o meno commesso il tale crimine. Ed ovviamente per raggiungere tale obiettivo la giustizia usa mezzi propri, diversi da quelli della politica. Elementare vero? Si, si tratta in effetti di concetti elementari, dell'A B C dello stato di diritto.
Il giustizialismo rovescia il normale rapporto fra politica e giustizia. Nel pensiero e , soprattutto, nella prassi dei giustizialisti la giustizia, per mano del suo organo fondamentale: la magistratura, si appropria del compito di gestire e di riformare la società. Il “generale” cessa di essere appannaggio della politica, la magistratura non si interessa più dei casi singoli ma si pone esplicitamente obiettivo politici complessivi. I magistrati devono “ripulire il paese”, non giudicare Tizio e Caio. E, ovviamente, l'azione della magistratura volta a “ripulire” o a “riformare” o addirittura a “rivoltare come un calzino” il paese viene svolta con i metodi ed i mezzi tipici della giustizia. Le indagini, gli avvisi di garanzia, i processi (quando si arriva ai processi) diventano eventi politici, non riguardano più Tizio e Caio ma gli equilibri politici, il governo stesso del paese.
2) Alla base delle pretesa giustizialista sta un assunto: i problemi economici, politici, sociali sono innanzitutto problemi criminali, da battere con la repressione giudiziaria. Anche su questo il giustizialismo si trova su posizioni antitetiche a quelle su cui si fonda la democrazia liberale. Il giustizialista riduce i problemi socio economici a problemi criminali, il democratico liberale cerca di individuare i problemi economici e sociali che stanno dietro ai problemi criminali, e cerca di dare ad essi soluzione. Si prenda ad esempio il problema della corruzione. Per il giustizialista questo problema si risolve sbattendo in galera tutti i corrotti, per il democratico liberale (e, più o meno. per tutte le persone capaci di pensare) occorre certo perseguire i corrotti, i singoli corrotti, uno per uno, ma è fondamentale creare un clima sociale che renda non impossibile, ovviamente, ma quanto meno difficile la corruzione. Finché la vita dei cittadini sarà sottoposta a vincoli e controlli soffocanti, finché un qualsiasi pubblico funzionario avrà il potere di decidere se il signor Tizio può o meno alzare di mezzo metro il muro di cinta che delimita il suo giardino, esisterà uno spazio per le pratiche corruttive che nessuna repressione giudiziaria potrà eliminare. Certo, una certa dose di corruzione esisterà sempre e la magistratura avrà sempre il suo daffare per perseguire i corrotti, ma ridurre il controllo burocratico sulla vita degli esseri umani potrebbe ridimensionare notevolmente questa piaga. E' proprio questo però che i giustizialisti non vogliono fare. Nel momento stesso in cui strillano contro la corruzione questi signori invocano non una attenuazione ma una accentuazione di vincoli e controlli su ogni attività umana: precisamente ciò che favorisce ed incrementa la corruzione.
3) Il giustizialismo è tragicamente coerente. Una volta ridotti i problemi politici e sociali a problemi criminali esso deve trasformare i partiti rivali in associazioni criminali, e lo fa, senza esitazione alcuna. Per le persone dotate di normale intelligenza i partiti politici esprimono, o cercano di esprimere, idee, interessi, valori presenti nella società. Un partito ha successo se riesce ad intercettare aspirazioni, speranze, modi di vedere il mondo, presenti in strati sociali rilevanti. Ammettiamo pure che un certo partito sia dominato da malfattori e mafiosi, ebbene, se quel partito non riesce a porsi in sintonia con vasti settori della società non potrà mai giocare alcun ruolo importante nella politica di un paese. Per i vari Di Pietro e De Magistris, Forza Italia (oggi il Pdl) è una organizzazione mafiosa. Si tratta ovviamente di accuse prive di qualsiasi riscontro nei fatti, non sostenute da prova alcuna, ma, ammettiamolo pure. Nella loro infinita imbecillità questi figuri neppure riescono a vedere il problema più importante: perché mai quasi il quaranta per cento degli elettori vota per questa “organizzazione mafiosa”? Per tipi come Di Pietro o Rosy Bindi questo è destinato a restare un mistero insondabile. O meglio, una soluzione la hanno, questi tipi: trasformano semplicemente milioni di esserei umani che hanno votato e votano Forza Italia e il Pdl in mascalzoni, mafiosi, nella migliore delle ipotesi in persone incapaci di intendere e di volere. La logica del giustizialismo è sinistramente coerente: una volta trasformate in organizzazioni malavitose le forze politiche avverse si devono trasformare in mascalzoni i loro elettori. In questo il giustizialismo si sposa con un mito da sempre presente nella sinistra comunista italiana: quello della superiorità etica della sinistra, appunto. Chi è di sinistra è una persona moralmente superiore, ha a cuore il futuro del genere umano, ama il prossimo suo, è buono, intelligente, colto ed altruista. Chi non è di sinistra invece è, nella migliore delle ipotesi, un piccolo borghese gretto e limitato, nella peggiore un bieco sfruttatore, un vampiro che si nutre del sangue di innocenti lavoratori. Oggi sappiamo bene cosa si celava ieri dietro a questo mito assurdo: il fanatismo, l'acritica esaltazione di uno dei regimi più sanguinari (forse il più sanguinario) di tutti i tempi, regime i cui crimini venivano esaltati in nome dell'ideale di un futuro assolutamente felice, ideale che era alla base della “superiorità etica” della sinistra comunista. Il giustizialismo rispolvera oggi questo mito folle, lo rispolvera senza essere però neppure conscio delle sue conseguenze implicite. I giustizialisti di oggi non capiscono che ridurre i loro rivali a criminali ed esaltare sé stessi come gli unici onesti, quindi gli unici legittimati a governare, crea nel paese un clima da guerra civile. I comunisti degli anni '50 dello scorso secolo questo lo capivano benissimo. I Travaglio, i Di Pietro ed i Grillo, no. Sono francamente troppo stupidi per capirlo.
4) Abbiamo affermato che il giustizialismo pretende di risolvere con strumenti giudiziari i problemi sociali e politici. Questo è vero ma solo fino ad un certo punto. In realtà il giustizialismo si caratterizza per la torsione violenta a cui sottopone precisamente gli strumenti giudiziari. La attività giudiziaria di un paese civile si caratterizza infatti per il suo garantismo: vale la presunzione di innocenza, i diritti dell'imputato vanno rigorosamente rispettati, i processi si celebrano nelle aule giudiziarie e non sui media, i giudici sono e devono apparire rigorosamente imparziali.... di nuovo, si tratta dell'ABC dello stato di diritto, ma è questo ABC ciò di cui il giustizialismo fa, letteralmente, strame. Il giustizialismo mette la giustizia al centro di tutto ma fa a pezzi tutto ciò che caratterizza come civile la giustizia. Fa a pezzi il pilastro centrale del garantismo: la presunzione di innocenza: basta che un politico sia indagato e subito si inizia a strillare che deve dimettersi da tutti i suoi incarichi, fa a pezzi la segretezza delle indagini, la tutela della privacy degli indagati, fa a pezzi la stessa dignità dell'azione giudiziaria, con i processi in Tv che sostituiscono i processi veri. Il giustizialismo si basa non a caso su una strettissima connessione (stavo per scrivere: collusione) fra media e azione giudiziaria. Le indagine vengono amplificate enormemente dai media che, senza effettuare alcuna valutazione rigorosa del materiale probatorio, battono sin dall'inizio la grancassa e fanno apparire come sicuramente colpevoli persone che spesso non sono neppure imputate di nulla. Le intercettazioni telefoniche da strumento di prova, da ascoltare e valutare nel corso del procedimento giudiziario, insieme ad altri elementi di prova, a carico o a discarico dell'imputato, vengono date allegramente in pasto alla stampa e trasformate in formidabili strumenti di sputtanamento mediatico. In questo clima di autentico linciaggio tutto vale contro l'imputato o presunto tale. Poniamo che nel corso di una intercettazione Tizio, imputato di corruzione, affermi che la signorina X è una strafiga e che lui se la “farebbe volentieri”. Non si tratta di un reato, non ha nulla a che vedere con la corruzione, vera o presunta, di Tizio, ovviamente. Certo, ma intanto quella frase, staccata dal suo contesto, viene diffusa dai media e Tizio appare come un bieco individuo, uno che merita l'universale disprezzo degli “onesti”.
Sopratutto il giustizialismo si caratterizza per il profondo disprezzo che nutre per l'atto più importante, l'atto centrale e decisivo di ogni inchiesta giudiziaria: la sentenza. Nulla è per i giustizialisti tanto irrilevante quanto una sentenza, e non a caso. Se il compito della giustizia non è quello di punire i singoli colpevoli ma quello, ben più ambizioso, di “ripulire il paese” che peso potranno mai avere le sentenze? Le sentenze arrivano a cose fatte, anni ed anni dopo gli eventi, quando l'effetto politico delle indagini è ormai solo un ricordo. La sentenza è solo un dettaglio, qualcosa che riguarda solo Tizio e Caio, che a poco a che vedere con la grancassa mediatica. Sto esagerando? Chi lo pensa può fare un piccolo esperimento mentale: pensi a “tangentopoli”, valuti le sue enormi conseguenze politiche e poi vada a vedere quanti sono stati gli indagati condannati, e, soprattutto, a quanti anni di reclusione sono stati condannati. A parte Craxi e Cusani, vedrà che le condanne sono nella maggior parte dei casi irrisorie, spesso addirittura ridicole. Tangentopoli ha rivelato che per decenni l'Italia è stato il regno della corruzione più sfrenata, le sentenze invece ci dicono che di tutto questo è stata responsabile una sola persona, forse due. Molto interessante.
Le sentenze interessano ai giustizialisti solo quando possono diventare strumento di lotta politica. Allora si assiste ad uno strano fenomeno: la lentissima giustizia italiana diventa quasi per incanto rapidissima, si cerca di arrivare alla sentenza il prima possibile. Mentre processi importantissimi, magari a carico di stupratori assassini durano decenni altri procedimenti, per reati molto meno gravi, durano mesi... sarà un caso? Forse... comunque, il caso Mills docet.
5) In Italia il giustizialismo si basa su, e difende i, macroscopici difetti della nostra organizzazione giudiziaria. Le origini di tali difetti risalgono al periodo costituente. Malgrado una diffusa leggenda insista nel negarlo, i padri della Costituzione repubblicana non erano affatto uomini uniti da nobili ideali di libertà e di democrazia. Erano leader politici che avevano visioni radicalmente diverse, addirittura contrapposte del mondo e che si sarebbero divisi frontalmente il giorno dopo la promulgazione della Costituzione, soprattutto erano uomini che si temevano a vicenda. Profondamente intimoriti dalla prospettiva che i propri avversari potessero usare la magistratura contro di loro i costituenti diedero vita ad una magistratura non tanto autonoma quanto irresponsabile. La magistratura in Italia è in effetti un corpo dello stato sottratto ad ogni limite, vincolo o controllo ad essa esterno, è, cosa unica in tutto l'occidente, un corpo dello stato che si autogoverna, l'unico che non deve rendere conto a nessuno del proprio operato. In Italia non esiste divisione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri, non esiste responsabilità civile dei magistrati, non esiste alcuna legge che stabilisca a quali processi occorre dare priorità: è il magistrato a deciderlo, a suo insindacabile giudizio, né esiste, nel nostro paese, alcun limite alla durata dei processi,malgrado la costituzione lo preveda esplicitamente, all'articolo 111. Insomma, l'organizzazione della magistratura prevista dalla Costituzione rendeva molto improbabile che essa potesse essere usata da una forza politica contro l'altra, ma, che fare se questo corpo separato si fosse rivoltato in quanto tale, contro la politica? La costituzione prevedeva un antidoto contro questa possibilità: l'immunità parlamentare. La filosofia era chiara: la magistratura è irresponsabile ma noi politici possiamo difenderci dalle sue incursioni... una concezione piuttosto discutibile come si vede. Con tangentopoli comunque questo strumento di autodifesa della politica è caduto e nulla più impedisce che settori della magistratura usino il proprio formidabile potere per colpire questa o quella forza politica. Qualsiasi magistrato può oggi in Italia mettere sotto accusa chiunque, se poi le sue indagini si rivelano una bufala egli non rischia nulla: la responsabilità civile non esiste, gli eventuali procedimenti a suo carico saranno decisi da un organismo (il Csm) che egli stesso ha contribuito a formare, la sua carriera è nei fatti automatica... il magistrato che ha letteralmente perseguitato Enzo Tortora è stato promosso dopo che le sue accuse si sono rivelate del tutto inconsistenti e dopo che un uomo si è fatta fior di galera in seguito a queste accuse. I giustizialisti naturalmente difendono questo stato di cose, anzi, vorrebbero se possibile rendere ancora più ampi i poteri dei magistrati, ancora più radicale la loro irresponsabilità. Non caso....
6) Il giustizialismo, o meglio, il suo innegabile successo, non è ovviamente spiegabile con i pruriti di questo o quel pubblico ministero e ex pubblico ministero passato alla politica. Vale per il giustizialismo quanto detto a proposito di partiti e forze politiche: il loro successo è spiegabile solo se si tiene conto della loro capacità di mettersi in sintonia con interessi, valori, aspirazioni di settori consistenti dell'elettorato. Il giustizialismo in effetti è in sintonia con sentimenti assai diffusi in vasti strati della popolazione, è in sintonia soprattutto con la psicologia di un gran numero di esseri umani; si tratta però della parte peggiore, meno presentabile, della loro psicologia. Il giustizialismo è forte perché si collega direttamente con pulsioni profonde degli uomini, solletica il loro basso ventre prima che la loro ragione o il loro cuore.
In più o meno tutti noi è presente un desiderio, spesso non confessato: quello di trovare, sempre, il responsabile di ogni evento negativo che affligga la nostra vita. Sono duri da accettare la fatalità, il caso, è duro subire le conseguenze di un evento negativo e non potersela prendere con nessuno. Questo sentimento, da sempre presente nella psicologia degli esseri umani, è diventato più forte negli ultimi tempi, in conseguenza della apparente capacità degli uomini di far fronte positivamente ad ogni emergenza, di risolvere ogni problema. L'uomo può tutto, quindi, se le cose vanno male, non si possono invocare caso e fatalità, bisogna cercare i responsabili. Si tratta, ovviamente, di pretese e sentimenti assurdi che le persone capaci di ragionare combattono e cercano di reprimere, anche dentro loro stesse. Il giustizialismo ci invita, esplicitamente, a non reprimere questo lato oscuro della nostra psiche. “Avete ragione!” strillano i giustizialisti “caso, fatalità, errore non esistono! Di ogni evento negativo esistono i colpevoli! I furfanti, gli affamatori, i nemici del popolo, sono loro che causano crisi economiche, incidenti ferroviari, disastri naturali! Si assicurino alla giustizia questi furfanti e tutto sarò risolto!!” Sono attraenti le sirene giustizialiste: non solo i loro strilli isterici vanno incontro ad esigenze psicologiche profonde ma hanno l'ulteriore pregio di fare apparire tutto semplice, facile. Non serve spaccarsi la testa per cercare di capire come funziona un sistema economico, quali sono le vere cause di un evento naturale disastroso e come è possibile cercare di limitarne le conseguenze: il problema fondamentale è quello, semplicissimo, di perseguire i colpevoli! A l'Aquila si scavava ancora per cercare di estrarre dalle macerie i corpi di eventuali superstiti e già c'era chi parlava di “infiltrazioni mafiose” nella ricostruzione! In seguito la magistratura ha aperto una inchiesta contro gli scienziati “rei” di non aver previsto il terremoto. Un magistrato è arrivato ad affermare di sperare che su questo si pervenga a sentenze in linea con le aspettative della gente! Insomma, le sentenze devono servire a placare l'ira della masse, o meglio: di alcune centinaia di professionisti dell'indignazione popolare! Roba da far impallidire gli untori di manzoniana memoria! Ovviamente, a volte i responsabili esistono, ma non esistono sempre e, anche quando esistono, vanno puniti solo dopo che la loro colpevolezza sia stata adeguatamente provata! Proprio ciò che non piace ai giustizialisti i quali, molto spesso, nascondono, con i loro schiamazzi, i colpevoli veri di certi eventi luttuosi; un caso esemplare lo si ha quando in occasione di certe alluvioni i giustizialisti strillano, insieme ai verdi, contro i pubblici amministratori, e poi magari si scopre che sono stati proprio i verdi ad impedire che il letto di un fiume venisse dragato o che si alzasse un argine, il tutto perché simili lavori avrebbero “ferito il paesaggio”...
7) Un altro brutto sentimento di cui è intriso il giustizialismo è l'ipocrisia. Le campagne giustizialiste contro questo o quel malvagio di turno sono autentiche orge di ipocrisia. Ci si indigna di cose di cui noi stessi siamo, o siamo stati innumerevoli volte colpevoli. “Berlusconi si accompagna con delle excort! Che indecenza! Che schifezza!” strillano improvvisati paladini della morale sessuale, appena tornati da di una vacanza erotica. “Basta con lo scandalo dell'evasione fiscale!” tuona il signor Rossi mentre cena allegramente con amici in un bel ristorante, poi va a pagare il conto e chiede che non gli venga rilasciata la ricevuta fiscale. “Le veline... che puttane!” cinguetta la signora Silvani “andrebbero a letto con mezzo mondo pur di far carriera...” poi telefona al suo amante, il capo del personale dell'azienda in cui lavora, che la ha appena proposta per una promozione. E non parliamo della ipocrisia ad alto livello, istituzionalizzata. “Via gli indagati dalla politica!” sentenzia il leader del partito degli onesti, indagato a sua volta, magari per truffa. “Si pubblichino senza censura alcuna tutte le intercettazioni” aggiunge un altro, che sei mesi fa aveva fatto fuoco e fiamme quando aveva visto pubblicate sui giornali alcune sue conversazioni private. Il giustizialista è tale solo per gli altri. Ho letto tempo fa un articolo di Marco Travaglio in cui questo genio del giornalismo italico parla di una delle sue svariate condanne per diffamazione. “Questa condanna non è definitiva” scrive questo figuro, si, scrive questo, proprio lui, a cui basta un avviso di garanzia per definire colpevole chi gli sta antipatico.
Il giustizialismo ha in effetti una funzione catarchica. L'indignazione ipocrita permette di trasferire ad altri i nostri difetti ed i nostri peccati, mentre ribolle d'ira per la pubblica immoralità il giustizialista si monda dal male, l'anatema che egli scaglia contro i corrotti gli restituisce una verginità che ha perso da tempo. Mentre colpevolizza oltre ogni limite i nostri nemici il giustizialismo ci rende puri ed innocenti, anche per questo piace a tanti esseri umani.
8) Il giustizialismo si regge su due assunti: la corruzione è il problema più grave che ci sta di fronte e, al fine di battere la corruzione, tutto è lecito, anche la drastica riduzione delle libertà civili. Insomma, siamo in guerra e quando si è in guerra si possono limitare senza troppe preoccupazioni numerose libertà. E' indicativo che facciano questi ragionamenti proprio coloro che sono pronti a difendere a spada tratta tutti i diritti dei terroristi assassini, contro i quali siamo effettivamente in guerra...
In realtà non è vero che la corruzione sia il problema più importante che abbiamo. Certo, l'Italia si caratterizza per una diffusione particolarmente ampia della corruzione, ma paragonare questa ad una guerra, o farne il problema più importante di tutti è qualcosa di assolutamente fuorviante. Inoltre, lo abbiamo già detto, non è il giustizialismo l'arma giusta per battere la corruzione. Chi non è convinto di questo provi a pensare all'Italia degli ultimi 20 anni. Sono venti anni che l'Italia è scossa da continue inchieste giudiziarie, in Italia sono previsti reati che non vengono riconosciuti come tali in alcun paese occidentale, ad esempio il famigerato “concorso esterno in associazione mafiosa”. Sempre in Italia la magistratura gode di un potere sconosciuto negli altri paesi dell'occidente, l'Italia è il paese occidentale in cui si intercetta di più (dieci e più volte che non negli Stati Uniti...) eppure, eppure in Italia la corruzione non è affatto diminuita, è aumentata, questo ce lo dicono proprio i giustizialisti! Se davvero il fine del giustizialismo fosse quello di battere la corruzione, dovremmo dire che il giustizialismo ha fallito su tutta la linea. In Italia il giustizialismo ha distrutto una classe politica, ha fatto a pezzi due partiti storici come la Dc ed il Psi, oggi nel nostro paese il giustizialismo rende quasi impossibile al governo di governare, tiene costantemente sotto ricatto le principali forze politiche, crea nel paese un clima da guerra civile ma, non batte, quasi non scalfisce la corruzione! Questi sono i fatti, i fatti nudi e crudi, spogliati dalla retorica, dall'ipocrisia, dal moralismo da quattro soldi! Il giustizialismo è un fenomeno essenzialmente politico, non ha nulla o quasi a che vedere con la lotta alla corruzione, lo si è già detto ma è bene ribadirlo.
Certo, se davvero l'attacco alle libertà di cui la politica giustizialista è fautrice ottenesse un totale successo la corruzione diminuirebbe drasticamente, non c'è da dubitarne. In uno stato in grado di controllare fin nei dettagli la vita degli esseri umani c'è poco spazio per corruzione e criminalità, ma questo solo perché in una simile situazione è lo stato ad essere il primo criminale e molto spesso sono i leader supremi dello stato ad essere dei super corrotti. Chi in nome della lotta alla corruzione è pronto a giustificare tutto dimentica che la corruzione era tutto sommato poco diffusa nella Germania di Hitler, nella Russia di Stalin o nella Cina di Mao, o meglio, in quei felici paesi la corruzione era concentrata nelle corti dei tiranni, era appannaggio non di chi era controllato ma di controllava, riguardava gli inquisitori, non gli inquisiti.
Detto molto chiaramente oggi è questa la scelta a cui siamo chiamati: dobbiamo accettare che in nome di una illusoria lotta alla corruzione si smantellino nel nostro paese le fondamenta stesse dello stato di diritto? Personalmente non ho il minimo dubbio su quale debba essere la scelta da fare.
Nessun commento:
Posta un commento