Una premessa, per quanto ovvia: sono lontanissimo da ideologie
fasciste e comunque totalitarie di qualsiasi tipo. Punto e
basta.
Ogni volta che qualche teppista cerca di impedire
qualche comizio lo tirano fuori: l'articolo 12 delle disposizioni
transitorie e finali della nostra costituzione.
Tralasciamo pure
il fatto che quasi sempre le persone a cui si tenta di impedire di
parlare tutto sono tranne che fasciste, a meno che il fascismo
non venga definito nei termini che i teppisti vogliono. E tralasciamo
pure il fatto che NON spetta di certo ai membri dei centri
sociali, o ai giornalisti di “repubblica”, o ai signori Lerner o
Saviano stabilire chi sia e chi non sia fascista e chi ha e chi non
ha diritto di tenere comizi.
Ciò tralasciato, vediamo cosa dice
questo famoso articolo:
“È vietata la riorganizzazione,
sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.
In deroga all'articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre
un quinquennio dall'entrata in vigore della Costituzione, limitazioni
temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi
responsabili del regime fascista”.
L'articolo NON
vieta la costituzione di partiti che per ideologia, filosofia
politica, richiami storici si richiamino alla esperienza fascista.
Vieta la riorganizzazione del disciolto partito fascista.
Le due cose non coincidono.
I costituenti volevano evitare che
venisse “riorganizzato”, sotto qualsiasi forma, quel
certo partito, non che
si costituissero partiti che potessero avere con questo alcune
affinità. In termini più generali, la proibizione riguardava
partiti che ponessero nel loro programma politico l'abbattimento
violento del sistema democratico parlamentare, non richiami ad
ideologie, valori, filosofie che potessero essere definite
“fasciste”.
Non a caso, a mio parere, l'articolo 12 usa il
termine “riorganizzare”: si riorganizza qualcosa che già
esisteva, che è stato sciolto e che si vorrebbe far rivivere.
Sempre
non a caso, e sempre a mio modesto parere, il secondo comma
dell'articolo 12 pone per un periodo di 5 anni delle
limitazioni al diritto di voto per i responsabili del regime
fascista. Il punto di riferimento resta il partito fascista sconfitto
nel 1945.
Che questa interpretazione sia corretta è provato dal
fatto che la proibizione della riorganizzazione del “disciolto
partito fascista” appare nelle disposizioni transitorie e finali
della nostra costituzione e non all'inizio della stessa, fra i
principi fondamentali. Si trattava di impedire che riprendesse
vita un partito contro cui si era combattuta una guerra
civile.
Questa interpretazione trova numerose conferme anche
livello giudiziario.
La corte costituzionale, in una sentenza del
16 gennaio 1957, stabilì cosa si dovesse intendere per “apologia
del fascismo”. Il reato di apologia non si verifica, per la suprema
corte, nel caso di una mera difesa elogiativa, ma solo nel caso di
una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del
partito fascista”. Si vuole impedire la riorganizzazione di un
partito che miri alla distruzione della democrazia, non l'espressione
di idee o giudizi storici. Del resto, il Movimento sociale italiano,
che si richiamava abbastanza esplicitamente all'esperienza fascista,
non fu mai messo fuori legge.
Giorgio Pisanò fondò nel 1990 il
partito “fascismo e libertà”. Dovette affrontare vari processi
perché accusato di aver ricostituito il disciolto partito fascista.
Venne tutte le volte assolto. Con quale motivazione? Nel suo
programma tale partito affermava di accettare senza riserve il
sistema democratico parlamentare. Era in contraddizione con se
stesso? Sicuramente SI, ma in un paese democratico essere in
contraddizione con se stessi non implica essere imprigionati e
neppure vedersi proibire la attività politica.
Non credo
valga la pena di continuare. In una democrazia liberale, per lo meno
in periodi normali, si puniscono le azioni, non le idee,
meno che mai i sentimenti. Si sanzionano i reati, non i
peccati.
A meno che non si attraversi un periodo
eccezionale, una guerra ad esempio, una democrazia non mette fuori
legge i partiti anti sistema, impedisce semmai agli stessi di mettere
in atto quelle parti dei loro programmi che porterebbero alla
distruzione della democrazia stessa.
Qualcuno potrebbe
obbiettare: “le azioni nascono dalle idee, i reati dai
peccati”.
Può essere vero, ma l'essenza del liberalismo
democratico consiste nel saper fare distinzioni. Da un'opera di
filosofia politica può nascere un programma politico e da questo
azioni miranti a distruggere la democrazia. Tutto vero. Ma sarebbe
criminoso e equiparare il trattato di filosofia politica con il
programma politico e questo con le azioni che potrebbero
derivarne. Se così fosse essere antifascisti ci dovrebbe spingere a
vietare le opere di un Carl Schmitt, di un Oswald Spengler, magari di
Nietzche e Giovanni Gentile. Ed essere anticomunisti dovrebbe indurci
a vietare non solo gli scritti di Lenin e Trotzkij, ma anche quelli
Marx ed Engels e, perché no, pure quelli di Hegel che è fra gli
ispiratori di Marx. Una follia che trasformerebbe la democrazia
liberale in un totalitarismo identico a quelli che si dice di voler
combattere.
E se è vero che a volte i reati nascono dai peccati,
non mi sembra molto liberale né garantista sbattere in carcere per
“violenza” chi prova il desiderio di prendere a pugni il tal uomo
politico o giornalista.
Lasciamo queste aberrazioni ai nuovi
barbari totalitari e forcaioli. Personalmente preferisco continuare a
far distinzioni, da vecchio democratico liberale fuori moda.
In effetti l'articolo 12 non menziona da nessuna parte il divieto di esprimersi, anzi.
RispondiEliminaI veri fascisti sembrano proprio quelli di sinistra, perchè sono loro che vogliono limitare la libertà di parola.