sabato 16 novembre 2019

COSTITUZIONE: ARTICOLO 12 DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Una premessa, per quanto ovvia: sono lontanissimo da ideologie fasciste e comunque totalitarie di qualsiasi tipo. Punto e basta.

Ogni volta che qualche teppista cerca di impedire qualche comizio lo tirano fuori: l'articolo 12 delle disposizioni transitorie e finali della nostra costituzione.
Tralasciamo pure il fatto che quasi sempre le persone a cui si tenta di impedire di parlare tutto sono tranne che fasciste, a meno che il fascismo non venga definito nei termini che i teppisti vogliono. E tralasciamo pure il fatto che NON spetta di certo ai membri dei centri sociali, o ai giornalisti di “repubblica”, o ai signori Lerner o Saviano stabilire chi sia e chi non sia fascista e chi ha e chi non ha diritto di tenere comizi.
Ciò tralasciato, vediamo cosa dice questo famoso articolo:

“È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.
In deroga all'articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall'entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista”.

L'articolo NON vieta la costituzione di partiti che per ideologia, filosofia politica, richiami storici si richiamino alla esperienza fascista. Vieta la riorganizzazione del disciolto partito fascista.
Le due cose non coincidono.
I costituenti volevano evitare che venisse “riorganizzato”, sotto qualsiasi forma, quel certo partito, non che si costituissero partiti che potessero avere con questo alcune affinità. In termini più generali, la proibizione riguardava partiti che ponessero nel loro programma politico l'abbattimento violento del sistema democratico parlamentare, non richiami ad ideologie, valori, filosofie che potessero essere definite “fasciste”.
Non a caso, a mio parere, l'articolo 12 usa il termine “riorganizzare”: si riorganizza qualcosa che già esisteva, che è stato sciolto e che si vorrebbe far rivivere.
Sempre non a caso, e sempre a mio modesto parere, il secondo comma dell'articolo 12 pone per un periodo di 5 anni delle limitazioni al diritto di voto per i responsabili del regime fascista. Il punto di riferimento resta il partito fascista sconfitto nel 1945.
Che questa interpretazione sia corretta è provato dal fatto che la proibizione della riorganizzazione del “disciolto partito fascista” appare nelle disposizioni transitorie e finali della nostra costituzione e non all'inizio della stessa, fra i principi fondamentali. Si trattava di impedire che riprendesse vita un partito contro cui si era combattuta una guerra civile.

Questa interpretazione trova numerose conferme anche livello giudiziario.
La corte costituzionale, in una sentenza del 16 gennaio 1957, stabilì cosa si dovesse intendere per “apologia del fascismo”. Il reato di apologia non si verifica, per la suprema corte, nel caso di una mera difesa elogiativa, ma solo nel caso di una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista”. Si vuole impedire la riorganizzazione di un partito che miri alla distruzione della democrazia, non l'espressione di idee o giudizi storici. Del resto, il Movimento sociale italiano, che si richiamava abbastanza esplicitamente all'esperienza fascista, non fu mai messo fuori legge.
Giorgio Pisanò fondò nel 1990 il partito “fascismo e libertà”. Dovette affrontare vari processi perché accusato di aver ricostituito il disciolto partito fascista. Venne tutte le volte assolto. Con quale motivazione? Nel suo programma tale partito affermava di accettare senza riserve il sistema democratico parlamentare. Era in contraddizione con se stesso? Sicuramente SI, ma in un paese democratico essere in contraddizione con se stessi non implica essere imprigionati e neppure vedersi proibire la attività politica.

Non credo valga la pena di continuare. In una democrazia liberale, per lo meno in periodi normali, si puniscono le azioni, non le idee, meno che mai i sentimenti. Si sanzionano i reati, non i peccati.
A meno che non si attraversi un periodo eccezionale, una guerra ad esempio, una democrazia non mette fuori legge i partiti anti sistema, impedisce semmai agli stessi di mettere in atto quelle parti dei loro programmi che porterebbero alla distruzione della democrazia stessa.
Qualcuno potrebbe obbiettare: “le azioni nascono dalle idee, i reati dai peccati”.
Può essere vero, ma l'essenza del liberalismo democratico consiste nel saper fare distinzioni. Da un'opera di filosofia politica può nascere un programma politico e da questo azioni miranti a distruggere la democrazia. Tutto vero. Ma sarebbe criminoso e equiparare il trattato di filosofia politica con il programma politico e questo con le azioni che potrebbero derivarne. Se così fosse essere antifascisti ci dovrebbe spingere a vietare le opere di un Carl Schmitt, di un Oswald Spengler, magari di Nietzche e Giovanni Gentile. Ed essere anticomunisti dovrebbe indurci a vietare non solo gli scritti di Lenin e Trotzkij, ma anche quelli Marx ed Engels e, perché no, pure quelli di Hegel che è fra gli ispiratori di Marx. Una follia che trasformerebbe la democrazia liberale in un totalitarismo identico a quelli che si dice di voler combattere.
E se è vero che a volte i reati nascono dai peccati, non mi sembra molto liberale né garantista sbattere in carcere per “violenza” chi prova il desiderio di prendere a pugni il tal uomo politico o giornalista.
Lasciamo queste aberrazioni ai nuovi barbari totalitari e forcaioli. Personalmente preferisco continuare a far distinzioni, da vecchio democratico liberale fuori moda.

1 commento:

  1. In effetti l'articolo 12 non menziona da nessuna parte il divieto di esprimersi, anzi.
    I veri fascisti sembrano proprio quelli di sinistra, perchè sono loro che vogliono limitare la libertà di parola.

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