Sul finire degli anni '20 Stalin decide la grande svolta. La NEP, nuova politica economica, deve essere abbandonata. Fino a quel momento Stalin era stato alleato col maggior sostenitore della NEP: Bucharin. Sconfitta, grazie anche a quella alleanza, l'opposizione interna di Trotckij, Zinov'ev e Kamenev il georgiano si rivolta contro il suo alleato e ha buon gioco a sconfiggerlo. Stalin domina ormai totalmente un enorme apparato burocratico e repressivo che i suoi stessi oppositori hanno contribuito a costruire e che ora li schiaccia con irrisoria facilità.
La NEP aveva dato buoni risultati, sia in campo industriale che agricolo riuscendo a riparare almeno alcuni dei danni provocati dalla folle politica del comunismo di guerra. Ma nella NEP è insito un pericolo, che già Lenin e Trotckij avevano visto bene: se spinta alle sue logiche conseguenze porta al rinascere dei rapporti di produzione capitalistici. Si tratta di un pericolo mortale, non per il popolo russo, ovviamente, ma per il partito bolscevico ed il suo immenso apparato. Stalin questo lo sa bene, e agisce di conseguenza. Eliminata l'opposizione interna scatena nelle campagne la guerra ai contadini. Inizialmente la sua furia è rivolta contro i “kulak”, i contadini “ricchi” secondo Stalin. In realtà bastava possedere un appezzamento un po' più ampio della media e un paio di mucche per essere definito “kulak”. Poi ad essere coinvolti sono i contadini nella loro quasi totalità. Si requisiscono i loro raccolti, senza lasciar nulla neppure per le semine. Poi le requisizioni si ampliano: tutto viene loro strappato: ortaggi, frutta, pollame, addirittura piatti, stoviglie, indumenti, spesso la casa. Nel contempo si cerca di obbligare i contadini ad entrare nelle fattorie collettive dove vige nei fatti il lavoro forzato. Vengono pagati con un po' di cibo; praticamente tutto il frutto del loro lavoro è requisito dallo stato. Questa politica criminale provoca una carestia in cui, secondo stime prudenziali, trovano la morte, nella sola Ucraina, circa 4 MILIONI di esseri umani. E' il tragico Holodomor, letteralmente “sterminio per fame”.
L'agricoltura sovietica entra in una crisi da cui non si solleverà più.
L'apparato repressivo dello stato assurge a dimensioni ciclopiche. Per spezzare la resistenza dei contadini li si sottopone a deportazioni di massa. Per impedire che orde di affamati si riversino nelle città in cerca di cibo si instaurano i passaporti interni. I contadini non possono entrare nelle città del loro stesso paese, muoiono di fame nelle strade e nelle ferrovie che conducono alle località urbane. Per bloccare i “furti” di grano e generi alimentari si decidono pene severissime. Il “furto” di un pugno di frumento o di una patata, se scoperto, porta spesso alla fucilazione, sempre ad anni di lavori forzati in Siberia. Il tutto ovviamente in nome di una “superiore” forma di libertà.
Il libro di Anne Applebaun, “La grande carestia”, Le scie, Mondadori 2019, costituisce una narrazione appassionata e scientificamente rigorosissima di questa immane tragedia.
Il libro della Applebaum non si limita ad esaminare la carestia del 1931 - 34, che raggiunse il suo picco negli anni '32 – '33. Prende in esame un periodo più ampio della storia Ucraina. Si sofferma sul movimento nazionale ucraino, sulla partecipazione autonoma di gran parte degli ucraini alla guerre civile: le famose armate nere dell'anarchico Machno e quelle verdi dei contadini che non appoggiavano né i bianchi né i rossi. Esamina la carestia ucraina del '20 - '21, provocata dalle requisizioni del comunismo di guerra, la mini carestia del '28 – '29 e quella del 1947. Parla dell'occultamento della tragedia compiuto in URSS e del tentativo di minimizzarla messo in atto nella Russia post sovietica. Dedica spazio anche alla maniera mistificante con cui gli occidentali si sono rapportati alla grande carestia, tentando anche loro di minimizzarla se non di negarla, per motivi di real politik se non, a volte, di ipocrita stupidità.
Il saggio di Anne Applebaum è assolutamente rigoroso sul piano scientifico, scevro da intenzioni propagandistiche. Prova ne sia che sul problema fondamentale del numero delle vittime dell'Hodolomor corregge al ribasso numerose valutazioni delle stesse. Non si saprà mai il numero esatto delle vittime della grande carestia, si va dalle poche decine di migliaia ammesse dal regime ai sette, addirittura dieci milioni. La Applebaum, sulla base di recenti studi demografici, ritiene che il numero più vicino al vero sia di circa 4 milioni di morti causati direttamente dalla guerra mossa da Stalin ai contadini ucraini. Per rendersi conto di quanto sia mostruosa tale cifra occorre tener conto che l'Ucraina di quegli anni contava circa 31 milioni di abitanti, nel biennio '32-'33 perse quasi il 14% della sua popolazione. In un paese come la attuale Italia questo corrisponderebbe a quasi 8 milioni di morti.
Sempre restando nel campo delle cifre sono impressionanti i numeri che la Applebaum fornisce sull'andamento globale della popolazione sovietica. Nel 1934 la popolazione dell'l'URSS era di 168 milioni di persone. I demografi del regime prevedevano che nel 1937 fosse salita a 170, addirittura 172 milioni.. I dati del censimento del 1937 furono però una doccia fredda: la popolazione dell'URSS era scesa a 162 milioni: mancavano all'appello dai sei ai dieci milioni di individui. Stalin allora decise che il censimento era stato falsificato dalle spie dell'imperialismo e dalle forze antisovietiche. Il capo dell'ufficio censimenti finì di fronte al plotone d'esecuzione, molti suoi colleghi lo seguirono. Fu fatto un nuovo censimento e stavolta la popolazione dell'URSS “salì” a 170 milioni di unità. Se la realtà non quadra con le indicazioni del partito si cambi la realtà. E' una prassi d moda anche oggi.
Ma, pur molto accurato dal punto di vista scientifico, il libro della Applebaum non consiste affatto di fredde elencazioni di numeri e tabelle. E' invece emotivamente molto coinvolgente. Ricco di tragiche testimonianze su cosa fu davvero, per chi ebbe la sventura di provarla sulla sua pelle, la grande carestia. In pagine terribili e affascinanti l'autrice ci fa quasi vedere lo spettacolo orribile delle morti per fame, i villaggi abbandonati, i bambini che cercano disperatamente una patata marcia o una pannocchia di granturco da mettere sotto ai denti.
Particolarmente orripilanti le pagine sul cannibalismo che in quel periodo assunse in Ucraina dimensioni quasi di massa. La narrazione assume un carattere allucinante nei rapporti, ovviamente segreti, della polizia segreta sui casi di cannibalismo. Eccone uno:
“Una donna kulak si cinquanta anni (…) lungo la strada della stazione di Horodisce ha adescato un bambino di dodici anni di passaggio e gli ha tagliato la gola. Ha messo in una borsa gli organi ed altre parti del corpo. Nel villaggio di Horodisce il cittadino Serstjuk, abitante del posto, ha permesso alla donna di passare da lui la notte. In modo disonesto, lei ha fatto finta che gli organi provenissero da un vitello e ha dato al vecchio il cuore da bollire e arrostire. Esso è stato usato per cibare tutta la famiglia di lui”.
Nel freddo linguaggio di un burocrate il dramma appare se possibile ancora più spaventoso.
Anne Applebaum, come la gran maggioranza degli storici più seri, sostiene che la tragedia dell'Hodolomor non fu solo l'inevitabile conseguenza di una politica economica insieme demenziale e criminale. Fu questo, ma anche qualcosa di più: una scelta politica deliberata per piegare la resistenza dei contadini e del movimento nazionalista ucraino.
Sin dall'inizio i bolscevichi considerarono i contadini come potenziali nemici. Il contadino mira alla proprietà della terra quindi è difficilmente inquadrabile in una politica di pianificazione statale dell'intera economia. Inoltre in Ucraina la questione contadina si sommava alla questione nazionale. Gli stessi comunisti ucraini richiedevano spesso una ampia autonomia da Mosca, cosa del tutto inaccettabile per Stalin ed i suoi scherani. Quando Stalin lancia la politica della collettivizzazione forzata i contadini, ovunque ma in modo particolare in Ucraina, cercano di opporsi. Ci furono anche numerosi episodi di rivolta armata. Grazie alla morte per fame di milioni di persone e a spietate misure repressive la resistenza dei contadini e dei nazionalisti ucraini fu brutalmente spezzata. E il potere di Stalin enormemente rinforzato.
E' inutile dilungarsi ancora. Anne Applebaum è una delle massime esperte della storia sovietica. Ho letto tempo fa un altro suo libro, “la cortina di ferro”, dedicato alla imposizione del comunismo nei paesi “liberati” dall'armata rossa. In questo “la grande carestia” la saggista polacca naturalizzata statunitense supera però, a mio modesto parere, la sua precedente fatica, e non era affatto facile superarla.
Fra tanti i libri che fanno cattiva mostra di se negli scaffali delle librerie, fra le tante opere di nullità letterarie e sottonullità scientifiche che inquinano il panorama culturale italiano questo libro di Anne Applebaum costituisce una fortunata e preziosa eccezione. Consiglio a tutti di leggerlo. Ne vale davvero la pena.
Andrebbe fatto imparare a memoria - e poi interrogati - a tutti quelli che predicano la bellezza salvifica del comunismo, contro l'ignobile capitalismo che sfrutta i lavoratori.
RispondiEliminaAndrebbe fatto imparare a memoria - e poi interrogati - a tutti quelli che predicano la bellezza salvifica del comunismo, contro l'ignobile capitalismo che sfrutta i lavoratori.
RispondiEliminaMacchecc... prima mi dice che devo reinserire i dati se no non può pubblicarmi il commento e poi me lo mette due volte! Mavaff
RispondiEliminaNessun problema... il tuo commento merita di essere letto due volte!
EliminaLa maggioranza dei sostenitori del comunismo sono ignoranti.
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