Gli anarchici sono considerati da molti con simpatia. Si tratterebbe
di persone prive di realismo ma animate da ideali positivi, sognatori
utopici che però non fanno male a nessuno.
In realtà
l’anarchismo è un fenomeno assai complesso, impossibile da
liquidarsi in due parole. Forse val la pena di spendere qualche
considerazione in proposito.
C’è dell’anarchismo anche in
Marx. Per il filosofo di Treviri la abolizione della proprietà
privata dei mezzi di produzione e la programmazione centralizzata
dell’economia renderebbero possibile la piena realizzazione
dell’ideale anarchico: la abolizione dello stato. Su posizioni
simili si collocherà lo stesso Lenin: in “stato e rivoluzione”
il rivoluzionario russo arriverà a sostenere che le funzioni statali
sono destinate a semplificarsi sempre di più. Una cuoca, afferma,
sarà in grado di dirigere lo stato, prima che questo finisca nel
dimenticatoio della storia.
Ad entrambi aveva a suo tempo
risposto il padre dell’anarchismo: Michail Bakunin. Per l’anarchico
russo la centralizzazione dei mezzi di produzione nelle mani dello
stato, ben lungi dall’aprire la strada alla abolizione del
medesimo, rischia di dar vita a forme di oppressione ancora più
brutali di quelle contro cui combatteva il nascente movimento
operaio. Lo stato va abolito, non rinforzato in vista di una sua
futura abolizione. Se si tralascia il vaneggiamento utopico sulla
abolizione dello stato è difficile dar torto a Bakunin. La storia su
questo ha dato risposte inequivocabili. Per la sua onestà
intellettuale Bakunin forse merita almeno un po’ della simpatia con
cui alcuni guardano agli anarchici. Ma l’anarchismo, compreso
quello di Bakunin, non è riconducibile ad un generico ed in fondo
innocuo utopismo.
Serghei Necaev, populista rivoluzionario
russo fu amico di Bakunin e assai vicino alle posizioni anarchiche.
In lui però l’anarchismo si tinge nettamente di nichilismo
terrorista. Nel celebre “catechismo del rivoluzionario” scritto
insieme a Bakunin il nichilismo emerge chiaramente. Il rivoluzionario
è un uomo perduto. Non ha interessi né cause, né finalità
proprie. Il suo unico obiettivo è la rivoluzione e questa significa
innanzitutto distruzione radicale di ogni ordinamento esistente.
Nel corso della sua
carriera di rivoluzionario Necaev andò comunque oltre il nichilismo
manifestato nel “Catechismo”. La folgorante bellezza dell’ideale
anarchico giustifica per lui tutto, assolutamente tutto. L’anarchico
non è legato da alcun vincolo morale, può fare qualsiasi cosa
ritenga utile alla affermazione della causa. Può rubare, uccidere,
mentire, far condannare innocenti se questo favorisce, a suo parere,
la vittoria dell’ideale anarchico, Un amoralismo tanto marcato
doveva portarlo alla rottura col suo amico Bakunin. Però, a ben
vedere le cose, il vero rivoluzionario radicale era lui, Necaev più
che il vecchio Bakunin. Non a caso Dostoevskij si ispira proprio a
Necaev ed al suo nichilismo amorale ne “i demoni” uno dei suoi
romanzi più profetici.
Lo stesso nichilismo di Necaev sarà
però superato da un classico dell’anarchismo: Max Stirner.
Ne
“l’unico e la sua proprietà” l’individualismo largamente
presente nelle dottrine anarchiche subisce un radicale processo di
estremizzazione. L’individuo diventa “l’unico”: singolo
assolutamente isolato, non limitato da alcuna legge, né norma etica.
Non limitato dalla presenza di altri individui, delle loro esigenze
ed aspirazioni. E questo unico può fare ciò che vuole, non tanto
per il trionfo della causa quanto per l’affermazione egoistica
della sua assoluta unicità. Se vuoi fare una cosa falla, se desideri
qualcosa allunga la mano. Tutto ciò che limita l’unico è una
intollerabile forma di oppressione che va rifiutata. Rifiutata nei
fatti, nell’azione.
Stoirner morì in povertà, solo e
dimenticato. Si può ben dire che la sua fine costituisca la smentita
più radicale delle sue teorie. Sei unico, puoi far e tutto per
affermarti, ma hai perso. E come perdente non puoi fare appello ad
alcuna norma universale per giustificare la tua sconfitta. E non vuol
dire nulla il fatto che in futuro, forse, sarai ricordato. Sarai
ricordato da altri, ma tu sei l’unico...
Direi che questa
brevissima, e assolutamente carente rassegna sia sufficiente a
smentire quanti guardano con benevola indulgenza all’anarchismo. Le
dottrine anarchiche non sono affatto grondanti di benevolenza verso
il genere umano. Il rifiuto anarchico di ogni limite alla libertà si
trasforma molto facilmente in prevaricazione della libertà altrui.
Si passa, per citare Dostoevsij, dalla assoluta libertà alla
assoluta tirannide. Con buona pace dei difensori improvvisati di un
terrorista anarchico dei nostri giorni.
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