Prima era il capitalismo ad essere sotto accusa. Marx critica il
capitalismo ma lo fa in una prospettiva occidentale, quanto meno
nelle sue opere maggiori non mostra particolari simpatie nei
confronti delle economie precapitaliste o delle civiltà
extraeuropee.
Poi la critica si è estesa alla civiltà
occidentale globalmente considerata. L’occidente è aggressivo,
mosso da una inesauribile e nefasta “volontà di potenza”. In
“dialettica dell’illuminismo” Horkheimer ed Adorno individuano
in Ulisse il prototipo della aggressività occidentale. La curiosità
di Ulisse è a tutti gli effetti una insana volontà di
potenza. Ulisse vuole conoscere, scoprire ma il conoscere e lo
scoprire sono solo la prima tappa di un processo di asservimento della
natura. Solo un passo separa il re di Itaca dalle bombe
atomiche.
L’odio dell’occidente per se stesso si trasforma
infine in odio dell’uomo nei confronti di se stesso. La parabola di
Ulisse è a ben vedere le cose, la parabola del genere umano. L’uomo, l’uomo
in quanto tale, trasforma a suoi fini la natura, la asservisce e
questo è inaccettabile. La natura diventa persona e l’uomo che la
usa un suo spietato persecutore. Il cerchio si chiude.
Il
misticismo pseudo ecologico che ammorba in questi tempi tristi il
dibattito culturale ha trasformato l’uomo nel fattore disturbante.
La natura è armonioso, dolce equilibrio, insieme di ecosistemi che
garantisce la vita di tutte le specie viventi. In questo dolce
equilibrio si inserisce l’uomo con la sua insana volontà di
potenza e distrugge tutto. Inutile ricordare a chi elabora certe
ridicole teorizzazioni che la natura non è affatto armonica, che nel
corso dell’evoluzione naturale moltissime specie animali si sono
estinte, che nel precario, mai definitivo, equilibrio degli
ecosistemi la soprarvvivenza delle specie si realizza, quando si
realizza, sempre a spese dei singoli, né vale ricordare che lo
stesso uomo è un “prodotto della natura”; la logica e la
razionale capacità di guardare ai dati dell’esperienza non è il
forte dei guru del misticismo ecologico.
L’uomo è il “cancro
del pianeta”, il grande distruttore, il fattore di squilibrio
inserito in un sistema armonico. Sono decenni ormai che i media e
schiere di pseudo intellettuali insistono su queste cose. Il
risultato è una incredibile diffusione, almeno in occidente
dell’odio dell’uomo nei confronti di se stesso.
Ne
abbiamo avuto una allucinante conferma in questi giorni con la
vicenda dell’orsa. Un giovane amante della natura passeggia nei
boschi, non nella savana africana, nei boschi del trentino, a poche
centinaia di metri da casa sua. Un’orsa lo aggredisce e lo fa
letteralmente a pezzi.
Moltissimi se la prendono col giovane.
Ha invaso il territorio dell’orsa dicono i più estremisti, forse i
più sinceri. E’ stato imprudente aggiungono altri. Mi spiace per
il giovane, ribattono altri ancora, ma… povera orsa. Si, proprio
così, “mi spiace” per il giovane che ha fatto una morte
orribile, mostruosa, ma… povera orsa! Come se fosse possibile
mettere sullo stesso piano un giovane essere umano ed un’orsa.
E
non si tratta di episodi isolati. Il giusto, sacrosanto rispetto ed
ammirazione per la natura si sono ormai trasformati in deificazione
della stessa. Il “pianeta” è diventato una sorta di nuova
divinità pagana di fronte alla quale gli esseri umani non possono
far altro che inchinarsi e cospargersi il capo di cenere. Dietro a
questa autentica nuova barbarie culturale si possono intravedere in
luce sinistra alcune delle ideologie che sono state il retroterra
culturale del nazismo. Del resto l’odio per l’uomo è tipico di
tutte le ideologie totalitarie. All’uomo queste sostituiscono la
razza, la nazione o la classe trasformate in misteriose, ideologoche entità metafisiche. Oggi i nuovi barbari mettono al posto dell’uomo
“il pianeta”. Ed odiano gli esseri umani. Di nuovo, il cerchio si chiude.
"L’odio dell’occidente per se stesso si trasforma infine in odio dell’uomo nei confronti di se stesso."
RispondiEliminaPrecisazione:
L’odio dell’occidente per se stesso si trasforma infine in odio dell’uomo occidentale nei confronti di se stesso.