martedì 23 marzo 2010

Marco Travaglio

Culturalmente, politicamente e moralmente Marco Travaglio è una nullità, visto però che si tratta di una nullità che vanta un certo numero dei seguaci, e che ci è imposta in programmi televisivi pagati coi soldi dei contribuenti, può valere la pena di riportare e commentare alcune sue affermazioni. Ho letto in rete un suo articolo: "l'armadio degli scheletri", turiamoci il naso e dedichiamogli un po' di attenzione.

Così esordisce Marco: "per un giornalista, le condanne per diffamazione sono incerti del mestiere, come i tamponamenti per un tassista che passa la sua giornata in automobile, come le uscite fuori pista per i piloti di formula uno, come le papere per un portiere o i gol sbagliati per un centravanti".
Dare de ladro a Tizio o del pedofilo a Caio sarebbe un normale incerto del mestiere, con questo ragionamento si può dire che prendere a pugni Travaglio è un normalissimo incerto del mestiere per un pugile, o farlo arrestare senza motivo alcuno e tenerlo un mesetto in galera è un normale incerto del mestiere per un poliziotto. Punti di vista..
Perchè diffamare Tizio o Caio sarebbe un "incerto del mestiere"? Marco ha subito pronta la risposta:
"Chi scrive tutti i giorni uno o due o anche tre articoli, con i tempi stringenti del quotidiano, può incappare in errori, omissioni, imprecisioni, casi di omonimia, inesattezze." Insomma, tutti possono sbagliare no? Certo, tutti possono sbagliare, però tutti i giornalisti hanno il dovere di stare bene attenti a quello che scrivono, specie se quello che scrivono consiste in accuse molto gravi a carico di Tizio e Caio. Se un medico sbaglia e manda all'altro mondo un paziente rischia di finire sotto processo, se un tassista mentre guida pensa ai cavoli suoi e tampona questo e quello si troverà a dover pagare tanti bei soldini, se un portiere esce sempre a vuoto finisce fuori squadra. Inoltre, se uno sbaglia dovrebbe, una volta appurato l'errore, dichiararlo e chiedere scusa a chi ha diffamato, ma queste cose il caro Marco si guarda bene dal farle. Diffama, sbaglia, ricomincia a diffamare.
Travaglio ha subito alcune condanne per diffamazione ma, si affretta a precisare: " non ci sarebbe nulla di disdicevole in una condanna (a meno che non si accertasse che ho mentito sapendo di mentire, raccontando consapevolmente notizie false e tradendo così la fiducia del lettore o del telespettatore). Ma, almeno finora, questa condanna definitiva non è arrivata". Fantastico! Val la pena di fare due considerazioni:
1) Per Travaglio non c'è nulla di disdicevole in una condanna per diffamazione, a meno che non si provi che ha mentito sapendo di mentire. Ma, una condanna per diffamazione attesta il FATTO che il tale ha mentito. Che lo abbia fatto "sapendo di mentire" o perchè ha pubblicato notizie senza darsi cura di verificarle è cosa che riguarda lo psicologo più che il giudice. Se qualcuno dicesse a Feltri: "Di Pietro è un pedofilo" e Feltri l'indomani sbattesse in prima pagina la notizia, Feltri, se la notizia si rivelasse falsa, sarebbe un diffamatore, punto e basta.
2) Travaglio invoca la presunzione di innocenza! Afferma che non esistono SENTENZE DEFINITIVE di condanna nei suoi confronti! Evviva, Travaglio è un garantista, un legalitario, uno che si attiene alla lettera della legge! Ma, quante condanne definitive esistono a carico di Berlusconi, su cui da oltre 15 anni indagano a tempo pieno centinaia di magistrati? Berlusconi si fa le leggi ad personam direbbe Travaglio. Ma, si tratta di leggi regolarmente approvate dal parlamento, promulgate dal capo dello stato, iscritte nella gazzetta ufficiale, piaccia o non piaccia a Travaglio si tratta di LEGGI. Non è che per dover essere valida una legge deve prima ricevere il placet di Travaglio, per fortuna non siamo ancora a questo punto. Quando Di Pietro sarà presidente del consiglio e Travaglio ministro della giustizia avremo le leggi ad personam contro Berlusconi, per ora Marco deve aspettare.

Ma Marco non finisce qui, non termina di stupire! Guardiamo cosa dice sul risarcimento danni:
"Tutt’altro discorso meritano le cause civili per risarcimento dei danni, che portano a un processo del tutto diverso da quello penale: nessuna indagine per accertare i fatti, solo la fredda quantificazione del danno, morale e/o patrimoniale e/o biologico. Paradossalmente, si può danneggiare qualcuno ed essere condannati a risarcirlo anche se si è scritta la verità sul suo conto, ma non lo si è fatto con la necessaria “continenza” espressiva. (..) se un giudice mi ritiene tale a suo insindacabile e soggettivissimo giudizio, non mi resta che pagare, anche se la condanna è solo in primo grado".
Se devo pagare dei danni ciò significa che ho arrecato un danno ingiusto a qualcuno, questo Travaglio non lo dice, in compenso polemizza fra le righe contro "l'insindacabile e soggettivissimo giudizio del giudice"! Proprio lui, che dei giudici ha fatto una sorta di nuovi angeli! E si lamenta che LUI debba pagare prima della sentenza definitiva! Se invece questo inconveniente capita a Mediaset siamo di fronte ad un atto di profonda giustizia! Ma Travaglio raggiunge il vertice quando si lamenta del fatto che si sanzioni un linguaggio "non continente". Insomma, se Tizio si è fatto pagare una tangente ed io dico che è il peggior criminale del mondo, l'unico verme che ha osato commettere un crimine tanto esecrabile, magari incito la folla a linciarlo, non ci sarebbe nulla di sbagliato, nulla di "sanzionabile". Prima Travaglio pretende che la diffamazione sia un incerto del mestiere, poi si arroga il diritto di coprire di insulti chiunque abbia commesso la minima illegalità. Diffamare è un giochino da scolaretti, pagare mille euro ad un sottuficiale della guardia di finanza un crimine esecrabile. Punti di vista.
Per farla breve, Travaglio è il campione della ipocrisia e della doppia morale, forcaiolo con gli altri ma garantista con sè stesso, legalitario fino all'eccesso ma capace di discriminare allegramente fra le leggi: alcune devono sempre essere osservate al mille per cento, altre possono tranquillamente essere ignorate. Insomma, si tratta di un uomo piccolo e meschino. Non val la pena di occuparsi ancora di lui.

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