giovedì 15 agosto 2013

L'INSETTO



" Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un enorme insetto. Sdraiato nel letto sulla schiena dura come una corazza, bastava che alzasse un po' la testa per vedersi il ventre convesso, bruniccio, spartito da solchi arcuati; in cima al ventre la coperta, sul punto di scivolare per terra, si reggeva a malapena. Davanti agli occhi gli si agitavano le gambe, molto più numerose di prima, ma di una sottigliezza desolante.
«Che cosa mi è capitato?» pensò. Non stava sognando. La sua camera, una normale camera d'abitazione, anche se un po' piccola, gli appariva in luce quieta, fra le quattro ben note pareti. (...)
Gregor girò gli occhi verso la finestra, e al vedere il brutto tempo - si udivano le gocce di pioggia battere sulla lamiera del davanzale - si sentì invadere dalla malinconia. «E se cercassi di dimenticare queste stravaganze facendo un'altra dormitina?» pensò, ma non potè mandare ad effetto il suo proposito: era abituato a dormire sul fianco destro, e nello stato attuale gli era impossibile assumere tale posizione. Per quanta forza mettesse nel girarsi sul fianco, ogni volta ripiombava indietro supino. Tentò almeno cento volte, chiudendo gli occhi per non vedere quelle gambette divincolantisi, e a un certo punto smise perché un dolore leggero, sordo, mai provato prima cominciò a pungergli il fianco.
«Buon Dio,» pensò, «che mestiere faticoso ho scelto! Dover prendere il treno tutti i santi giorni... Ho molte più preoccupazioni che se lavorassi in proprio a casa, e per di più ho da sobbarcarmi a questa tortura dei viaggi, all'affanno delle coincidenze, a pasti irregolari e cattivi, a contatti umani sempre diversi, mai stabili, mai cordiali. All'inferno tutto quanto!» (…)
«Queste levatacce abbrutiscono,» pensò. «Un uomo ha da poter dormire quanto gli occorre. Dire che certi commessi viaggiatori fanno una vita da favorite dell'harem! Quante volte, la mattina, rientrando alla locanda per copiare le commissioni raccolte, li trovo che stanno ancora facendo colazione. Mi comportassi io così col mio principale! Sarei sbattuto fuori all'istante. E chissà, potrebbe anche essere la miglior soluzione. Non mi facessi scrupolo per i miei genitori, già da un pezzo mi sarei licenziato, sarei andato dal principale e gli avrei detto chiaro e tondo l'animo mio, roba da farlo cascar giù dallo scrittoio! Curioso poi quel modo di starsene seduto lassù e di parlare col dipendente dall'alto in basso; per giunta, dato che è duro d'orecchio, bisogna andargli vicinissimo. Be', non è ancora persa ogni speranza; una volta che abbia messo insieme abbastanza soldi da pagare il debito dei miei, mi ci vorranno altri cinque o sei anni, non aspetto neanche un giorno e do il gran taglio. Adesso però bisogna che mi alzi: il treno parte alle cinque.»
E volse gli occhi alla sveglia che ticchettava sul cassettone. «Santo cielo!» pensò. Erano le sei e mezzo: le sfere continuavano a girare tranquille, erano anzi già oltre, si avvicinavano ai tre quarti. Che la soneria non avesse funzionato? Dal letto vedeva l'indice ancora fermo sull'ora giusta, le quattro: aveva suonato, non c'era dubbio. E come mai, con quel trillo così potente da far tremare i mobili, lui aveva continuato pacificamente a dormire? Via, pacificamente proprio no; ma forse proprio per questo più profondamente. Che fare, ora? Il prossimo treno partiva alle sette: per arrivare a prenderlo avrebbe dovuto correre a perdifiato, e il campionario era ancora da riavvolgere, e lui stesso non si sentiva troppo fresco e in gamba. Del resto, fosse anche riuscito a prenderlo, i fulmini del principale non glieli cavava più nessuno, perché al treno delle cinque era andato ad aspettarlo il fattorino della ditta; e sicuramente già da un pezzo aveva ormai riferito che lui era mancato alla partenza. Era una creatura del principale, un essere invertebrato, ottuso. Darsi malato? Sarebbe stato un ripiego sgradevole e sospetto: durante cinque anni d'impiego Gregor non si era mai ammalato una volta. Certamente sarebbe venuto il principale, insieme al medico della cassa mutua, avrebbe deplorato coi genitori la svogliatezza del figlio e, tagliando corto ad ogni giustificazione, avrebbe sottoposto il caso al dottore, per il quale non esisteva che gente perfettamente sana ma senza voglia di lavorare.” ...
Franz Kafka: La metamorfosi.


Italia, 1992. Parte l'inchiesta “mani pulite”. Iniziata come una normale indagine giudiziaria su uno specifico caso di corruzione l'inchiesta si allarga in poco tempo fino a coinvolgere quasi tutta la classe politica del paese. Craxi, Andreotti, Forlani, la Malfa, praticamente tutti i leader dei partiti che da decenni, o da sempre, governano l'Italia finiscono sotto inchiesta. I media seguono ed amplificano le indagini dei magistrati, l'opinione pubblica reagisce con rabbia alle rivelazioni che tutti i giorni stampa e TV le gettano in pasto. In preda al terrore ed alla confusione la classe politica si priva della immunità parlamentare, esplicitamente prevista dalla costituzione, e si consegna mani legate ai magistrati. Un solo uomo si contrappone frontalmente alla marea che sta montando: Bettino Craxi. Sarà massacrato. Colleziona in cinque processi 23 anni di carcere, (10 anni relativi a sentenze definitive, altri 13 relativi a sentenze non definitive). VENTITRE ANNI: una pena che in Italia non viene comminata neppure agli stupratori omicidi. Craxi non ci sta a finire in galera, fugge fra le urla di indignazione del popolo degli onesti. Gli altri leader politici non si oppongono frontalmente ai magistrati: borbottano qualcosa, si scusano, si ritirano a vita privata. Evitano in questo modo il carcere ma sono espulsi definitivamente dalla vita politica. Andreotti ha la soddisfazione di venire assolto dall'accusa di omicidio e da quella di associazione per delinquere, ma le motivazioni della sentenza relativa alla associazione per delinquere lo indicano come una persona molto poco affidabile, e non si capisce bene se di piena assoluzione si tratti o di prescrizione. E' una caratteristica tutta italica assolvere le persone salvo poi dichiarare nelle motivazioni della sentenza che si tratta comunque di delinquenti, o quasi.
Comunque, quando il polverone sembra placarsi tutti i partiti italiani sono stati spazzati via, tutti meno uno: il Pds, o ex PCI. “Tangentopoli” ha fatto sapere al popolo italiano che a partire dal dopoguerra è stato governato da una banda di criminali, e che gli unici quasi onesti, in questo enorme mare di merda, sono... i comunisti o post comunisti.
Il PCI nacque nel 1921 da una scissione del PSI, a Livorno. Si chiamava allora Pcd'I (partito comunista d'Italia) ed aveva il fine dichiarato di fare la rivoluzione proletaria. Considerava la legge e la legalità strumenti del dominio della borghesia sul proletariato. Fu finanziato per decenni, pare fino al 1989, dall'URSS, cioè da un paese esplicitamente nostro nemico, un paese che ci puntava addosso i suoi missili atomici, e in cui i dissidenti finivano nei gulag prima, nei manicomi criminali dopo. Però questo partito è l'unico ad essere solo sfiorato dal ciclone “mani pulite”. Un partito che era nato come nemico della “legalità borghese” è diventato, a parte poche, piccole eccezioni, l'unico i cui militanti e dirigenti hanno sempre rispettato la legalità, non hanno mai, o quasi mai, violato alcuna legge, regolamento o uso normativo. Questo insegnò “mani pulite” agli italiani.

Il resto è storia recente. Grazie a “mani pulite” il potere sembra ai dirigenti del Pds lì, ad un passo. Ma sbagliano. Un imprenditore di gran successo “scende in campo”. Organizza in tutta fretta una nuova formazione politica e sbaraglia la “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto (dopo Bersani forse il meno intelligente, per usare un eufemismo, leader che il PCI – Pds – DS – PD abbiano mai avuto).
Si scatena l'inferno. Un uomo fino ad allora solo marginalmente sfiorato da qualche indagine si trova al centro di una quantità incredibile di inchieste giudiziarie. Gli avvisi di garanzia gli arrivano a raffica, a volte neppure gli arrivano: viene a conoscenza delle indagini che lo riguardano dalla stampa, o dalle TV. In poco tempo Silvio Berlusconi, (si, stiamo parlando proprio di lui) viene ad essere accusato di tutti o quasi i crimini previsti dal codice penale: corruzione, concussione, frode fiscale, traffico di droga, associazione per delinquere, organizzazione di stragi mafiose, favoreggiamento della prostituzione minorile, concorso esterno in associazione mafiosa; a parte l'abigeato non manca nulla. Inizia una battaglia giudiziaria, politica e mediatica destinata a durare per quasi venti anni. Il cavaliere si difende, contrattacca, usa il suo potere politico per cercare di proteggersi dalla valanga di inchieste e di processi che lo riguardano: ne collezionerà almeno 34, in venti anni e subirà decine di migliaia di intercettazioni; le sue aziende saranno perquisite una infinità di volte. Al Capone, Vito Genovese, Luky Luciano e Totò Riina tutti insieme sono stati oggetto di attenzioni molto minori.
Intanto nasce nel paese un nuovo mestiere: la caccia al cavaliere. Attori e cantanti, cabarettisti, filosofi, fisici nucleari e tuttologi, giornalisti e scrittori, impiegati del catasto e metalmeccanici in pensione si specializzano nella caccia al nemico del popolo. Anche il festival di Sanremo diventa una tribuna da cui sottoporre a critica, o a satira, o a condanna senza appello l'operato dello “psiconano”. Un oscuro giornalista si specializza nella caccia al mostro e pubblica su di lui decine di libri, qualche maligno afferma scritti col sistema del “copia incolla”. Riesce a mettere insieme un bel po' di soldini, il che non guasta.
Ma la tanto sospirata condanna non arriva. Dopo quasi venti anni di inchieste lo psiconano è sempre illibato, come una verginella; uno scandalo, una cosa mai vista in tutta la storia dell'occidente e non solo. Le inchieste si intensificano, il cavaliere da una mano ai suoi nemici grazie ad una vita privata non proprio irreprensibile, ma è poca cosa, in fondo. La condanna DEVE arrivare, prima o poi.
Ed arriva, alla fine. Ma, a che prezzo?

Nella vicenda dei diritti televisivi Berlusconi viene condannato in via definitiva per una presunta frode fiscale commessa in una azienda in cui egli non ricopriva da almeno dieci anni alcun incarico. In un altro processo Berlusconi, l'uomo più intercettato del mondo, e che ha visto le sue intercettazioni pubblicate ovunque, viene condannato ad un anno perché su un giornale di proprietà del fratello viene pubblicato il testo di UNA intercettazione ai danni del dirigente PD Piero Fassino.
Nel processo “Ruby”, TRENTADUE testimoni, fra cui un funzionario di polizia, smentiscono le tesi dei PM. Berlusconi viene ugualmente condannato ed il giudice invita la procura ad indagare sui testi a discarico. I testi a discarico mentono perché Berlusconi è colpevole, Berlusconi è colpevole perché i testi a discarico mentono, questo sembra essere il perfetto “sillogismo” dei magistrati che condannano il cavaliere. Nel collegato processo a Fede e Mora, si chiede addirittura che i difensori siano sottoposti ad indagine.
E così, al termine di processi che in paesi come gli Stati uniti o la Gran Bretagna non sarebbero neppure iniziati, che è arrivata la prima condanna definitiva per il cavaliere. Altre possono arrivarne, fino ad un totale di una quindicina d'anni, cioè un ERGASTOLO DI FATTO per un uomo che di anni ne ha 77. I forcaioli esultano. Loro non sono disturbati dal fatto che queste condanne, sia quella definitiva che quelle in primo grado, siano state ottenute ad un prezzo assai elevato, per tutti: il sostanziale smantellamento della garanzie poste a tutela dei cittadini. Tutti, anche loro, i forcaioli, possono diventare vittime di un sistema fuori controllo, ma questo non li preoccupa: sono troppo felici per la condanna di Berlusconi.

Ma tutto questo è solo un pezzo della realtà. L'altro pezzo è il crescere nel paese di un pericolosissimo clima di giustizialismo forcaiolo. “Intercettateci tutti” strillano i membri del “popolo viola”, “chi non ha nulla da nascondere non ha nulla da temere”. L'orwelliano grande fratello, incubo un tempo di ogni democratico, di sinistra o di destra che fosse, diventa l'aspirazione di tantissimi “progressisti di sinistra” italiani.
E non basta. L'Italia di oggi assomiglia alla Milano splendidamente descritta da Manzoni: quella della peste e della caccia agli untori. Di ogni cosa ci vuole un colpevole. Un terremoto o una alluvione, un incidente stradale o una valanga, di tutto deve esserci un responsabile, ogni fatto spiacevole, ogni evento tragico deve essere seguito da un bel processo, ed ovviamente il processo deve concludersi con una condanna. E le prove, le testimonianze, i riscontri? Idiozie! L'ex sindacalista Ottaviano del Turco, uomo di sinistra, esponente del PD subito abbandonato dal suo partito, viene condannato in primo grado a NOVE ANNI E MEZZO di carcere per una tangente da sei milioni di euro. Peccato che di quel denaro non ci sia traccia, non sia stato trovato da nessuna parte, malgrado anni di ricerche e molte rogatorie internazionali. I soldi non ci sono, la tangente si.
E non basta ancora. Ovunque c'è chi grida, chi vuole restringere la possibilità di presentarsi alle elezioni, chi pretende di ridurre la eleggibilità di questo o quello. Conflitto di interessi, ineleggibilità, incompatibilità, quote di rappresentanza riservate a certi soggetti sociali, indipendentemente dai consensi che conquistano... chi più ne ha più ne metta. Un tempo la sinistra democratica e davvero progressista lottava per ampliare le possibilità di espressione della volontà popolare. Ora la sinistra fa di tutto per ridurre, comprimere, controllare questa possibilità di libera espressione. E la libertà di parola subisce analoghi attentati: una critica scientifica o etica alla omosessualità può diventare “omofobia”, una condanna del jaidismo “oltraggio alla religione islamica”... ogni opinione, ogni pensiero rischiano di essere considerati insulto e puniti, molto severamente.

"Le vicende giudiziarie di un uomo non possono bloccare l'attività del governo". “Berlusconi è stato condannato, vada in prigione”. “Le sentenze si applicano”. “La legge è uguale per tutti”. “Occorre rispettare la magistratura”. “Si deve trovare una soluzione che permetta a Berlusconi la agibilità politica”. “Grazia per Berlusconi”. “Si rispetti lo stato di diritto”. “Politica e giustizia devono cooperare”.
Quante belle parole, quante ovvietà, quanti bei pensierini da bimbetti bravi! Per i forcaioli la distruzione di una intera classe politica, e poi la caccia ventennale al più importante leader politico italiano, sono state la conseguenza di una legittima aspirazione della magistratura a "fare pulizia". Ci dovrebbero spiegare cosa ha fatto la stessa magistratura dal 1948 al 1992, mentre un esercito di predoni divorava il paese. Per gli ipocriti  quella di Berlusconi è una "personale vicenda giudiziaria" da cui la politica potrebbe e dovrebbe prescindere, per molti difensori del cavaliere occorre cercare "soluzioni" alla sua vicenda, la grazia ad esempio (e se arrivano altre due, tre condanne? Si chiederanno altre due, tre grazie?).
Gli ipocriti, i forcaioli, ed anche molti difensori del cavaliere si comportano come Gregor Samsa. Pensano, parlano ed agiscono come se ci trovassimo in una situazione normale, come se l'Italia di oggi fosse un paese normale, con una normale amministrazione della giustizia ed un normale rapporto fra politica e giustizia. Non si rendono conto, i novelli Samsa, che la situazioni in cui oggi ci troviamo è tutto meno che normale. Che tutto meno che normale è l'Italia di oggi.
I tanti Gregor Samsa della nostra povera Italia non vedono, fanno finta di non vedere, non voglio vedere che gran parte del nostro povero paese si è trasformata in un insetto, in un mostruoso, enorme insetto. Solo, a differenza dell'insetto in cui si trasforma il povero commesso viaggiatore Gregor Samsa, ripugnante, ma innocuo, e pateticamente indifeso, questo è un insetto aggressivo, velenoso, terribilmente pericoloso. Per tutti.

2 commenti:

  1. giovanni ti stimo! hai fatto un'analisi perfetta!

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  2. Non siamo un paese normale. Ieri come ogg. Ed è una vera vergogna. Un manipolo di avventurieri si è impadronito dello Stato. E le complicità politiche sono evidenti. Mascherate da "interesse del Paese", ecc.

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