mercoledì 2 aprile 2014

CONTRO GLI INCORRUTTIBILI




Detesto i corrotti, ma odio gli incorruttibili. Li odio di un odio profondo, freddo, razionale. Li odio perché mi fanno orrore e paura. E ora cerco di spiegare il perché.

“Agisci solo secondo quella massima che tu puoi volere, al tempo stesso, che divenga una legge universale”, questa la notissima prima formulazione dell'imperativo categorico kantiano. Questa formula può essere interpretata nel senso che chi segue sempre, integralmente e senza riserve, l'imperativo etico non dovrebbe fare distinzione alcuna, nei suoi comportamenti, fra se e gli altri. La legge è universale ed astratta, non opera nessuna distinzione fra gli esseri umani, allo stesso modo dovrebbe comportarsi chi pone la legge a base del suo comportamento.
Basta un piccolo esperimento mentale per rendersi conto che un simile comportamento è umanamente impossibile.
Sono alla guida della mia auto, in una strada in discesa. Ad un tratto mi rendo conto con orrore che i freni sono rotti. L'auto acquista velocità; di fronte a me appare una figura: è un bambino, è mio figlio, l'auto fuori controllo lo travolgerà. Posso evitare di ucciderlo in un solo modo: svoltando rapidamente a destra, ma se lo faccio l'auto travolgerà un altro innocente bambino. Che faccio? Qualsiasi padre svolterà, eviterà di travolgere il figlio, lo farà pieno di orrore, di disperazione ma lo farà, e nessuno potrà condannarlo per questo. Però, svoltando il padre dimostra che per lui le vite degli esseri umani non sono tutte equivalenti.
L'imperativo etico in effetti, specie se interpretato in maniera forte, è quanto di più innaturale possa concepirsi. Tutti gli esseri viventi in natura mirano prima di tutto a salvaguardare la propria esistenza, non considerano tutte equivalenti le varie vite, né, tanto meno, le varie forme di vita. Le stesse, rare, azioni eroiche, quelle in cui un essere umano si sacrifica per i suoi simili, hanno un senso, a ben vedere le cose, solo in relazione a questo universale, fortissimo, attaccamento che ogni essere vivente ha per la propria esistenza. Il gesto del martire che si sacrifica per gli altri sarebbe non solo impossibile ma addirittura insensato se gli altri non fossero attaccati alle loro esistenze. Se tutti mettessimo sullo stesso piano tutte le vite perché qualcuno dovrebbe accettare che un altro si sacrifichi per lui? E dove starebbe l'eroismo, dove lo stesso sacrificio, se chi accetta di morire per salvare altri esseri umani considerasse equivalenti la sua vita e quelle delle persone per cui la immola?
Inteso in senso forte l'imperativo appare non solo contrario alla natura ed alla psicologia umane, ma viziato da una intima contraddizione: comportarsi in maniera tale da non fare distinzione fra se stessi e gli altri svuota il concetto di merito morale, rende incomprensibile lo stesso rispetto verso i nostri simili. Perché Tizio dovrebbe esigere che Caio lo rispetti se non esiste differenza alcuna fra la sua vita e quella di Caio? Caio deruba Tizio, e allora? La vita di Caio migliorerà in seguito a questo furto, e per Tizio la vita di Caio vale quanto la sua. Derubandolo Caio non lo ha offeso, non ha peggiorato la sua esistenza. L'imperativo del rispetto valo solo se ognuno tiene a se stesso, quindi tiene ad essere rispettato.
L'imperativo può essere interpretato in un altro modo, non contraddittorio, più moderato e consono alla natura umana. Ognuno tiene a se stesso, e fa distinzione fra l'esistenza propria e quella degli altri, nel far questo però ognuno è obbligato moralmente a non prevaricare gli altri. L'etica riconosce il fatto primordiale dell'attaccamento di ognuno al proprio esistere, ma lo tutela in maniera generalizzata. Io, tu, tutti abbiamo diritto di amare noi stessi e questo diritto va tutelato per tutti allo stesso modo. Essere soggetti morali non ci trasforma in esseri disincarnati, privi di desideri, interessi, pulsioni. Siamo e restiamo uomini anche se sentiamo l'obbligo di rispettare i nostri simili. Kant avrebbe optato per queste interpretazione del suo imperativo categorico? Forse si, o forse no...

Inteso in senso non estremistico l'imperativo etico appare però pericolosamente aperto alla trasgressione, per questo Kant, che pure riconosce senza esitare che l'uomo è fatto di “un legno storto da cui è molto difficile si possa costruire qualcosa di dritto”, avrebbe avuto, penso, forti perplessità ad interpretarlo in modo tale.
Pur desideroso di comportarmi in maniera eticamente corretta io ho diritto di fare distinzioni fra me e gli altri. Io non sono un mero appartenente al genere umano, sono quel certo essere umano, con i suoi interessi, le sue aspirazioni, i suoi desideri, che non sono per me sullo stesso piano degli interessi, delle aspirazioni, dei desideri degli altri. Partendo da questo presupposto non è possibile che io decida di non rispettare i miei simili? Se io mi considero in una posizione privilegiata rispetto agli altri non corro il rischio di varcare la soglia che separa le azioni moralmente lecite dalle altre?
La vita morale degli esseri umani si dibatte in questo dilemma: o si considera solo la legge, e non si fa distinzione alcuna fra se stessi e gli altri, ed allora non solo si calpestano le leggi elementari della psicologia e della natura umane ma si cade nell'auto contraddittorietà, o si fa questa distinzione ed allora la possibilità di violare i vincoli morali diventa forte, a volte fortissima. Siamo uomini, non nature disincarnate, la nostra etica è, non può che essere, un'etica umana, con tutte le difficoltà, le contraddizioni, i pericoli del caso. Non a caso lo stesso Kant ammette che seguire l'imperativo morale è sempre molto difficile, seguirlo sempre, quasi impossibile.

Gli “incorruttibili” sono coloro che si pongono al di fuori di questi difficoltà, pericoli, contraddizioni. E' incorruttibile colui che segue sempre e comunque un ideale, una regola di condotta, la stessa legge morale, senza avere mai il minimo cedimento, senza che le esigenze della sua sensibilità, del suo essere quel particolare uomo, possano minimamente farlo deviare, anche solo di una virgola, dal suo cammino.
I normali esseri umani non solo hanno difficoltà a comportarsi moralmente, e ne hanno ancora di più a seguire i dettami di un ideale, ma riconoscono l'esistenza dei dilemmi morali. Riconoscono l'esistenza di tali dilemmi perché sono e si sanno uomini, e l'etica che seguono, o gli ideali che vorrebbero realizzare, sono un'etica, e degli ideali, umani.
Un padre che viene a sapere che il figlio ha commesso un delitto deve testimoniare contro di lui? Per l'incorruttibile il dilemma neppure si pone: ciò che conta è solo la legge, tutto il resto: affetti, legami familiari, amicizie non ha alcun peso. Per gli uomini in carne ed ossa invece il dilemma esiste, eccome. L'incorruttibile che a bordo della sua auto con i freni fuori uso sta per travolgere il figlio non cerca di schivarlo, per lui tutti i bambini sono uguali, meglio, per lui non contano i bambini in carne ed ossa ma l'universalità della norma etica, e in nome di questa universalità astratta travolge il figlio, senza rimpianti.
L'incorruttibile, per farla breve, è colui che ha espulso da se tutto ciò che fa di lui un uomo. Impulsi, desideri, affetti, amicizie, simpatie. L'incorruttibile segue solo la legge, o l'ideale, o la regola, e li segue senza curarsi delle conseguenze delle sua azioni. La legge non è per l'incorruttibile qualcosa di umano, qualcosa che è buono perché serve all'uomo. No, la legge è per l'incorruttibile un bene in se, da seguire sempre e comunque, quali che siano le conseguenze sugli uomini. Non la legge per l'uomo ma l'uomo per la legge.

Gli incorruttibili piacciono, circondati come sono da un'aura di romanticismo mistico. Chi è pronto a dare la vita per i propri principi è guardato con ammirazione da tutti coloro che non vedono l'altra faccia della medaglia: che è pronto anche ad uccidere per essi. L'incorruttibile per antonomasia, Maximilien Robespierre, è stato oggetto per lungo tempo di una sorta di venerazione in certi ambienti progressisti, ed è ancora oggi giudicato da molti con benevola indulgenza, eppure era un uomo che avrebbe fatto ghigliottinare la madre, pur di salvaguardare la “virtù civica” o almeno, quella che lui riteneva tale.
Se però si guarda senza paraocchi alla storia non si può non essere colpiti da un fatto assolutamente evidente: alcuni dei peggiori tiranni di ogni tempo sono stati degli incorruttibili, uomini che hanno messo il loro ideale, giusto o sbagliato che fosse, non è questo il punto, sopra ogni altra cosa, e che hanno fatto di tutto per realizzarlo. Persone “oneste”, da questo punto di vista.
Quando i nazisti iniziarono la mattanza di ebrei molte SS dovettero affrontare problemi non da poco. Una cosa è teorizzare che gli ebrei, tutti gli ebrei, sono la sifilide del genere umano, altra cosa sparare ad un bambino, sia pure ebreo. Gli alti caporioni nazisti dovettero intervenire per indottrinare meglio i membri del corpo scelto del fuhrer. “Non dovete farvi commuovere, cedere all'umana pietà. Gli ebrei vanno distrutti, tutti, senza eccezioni, uomini e donne, adulti e bambini. Distruggendo gli ebrei noi faremo un regalo enorme al genere umano, questa è la sola cosa che conta, l'ideale supremo da realizzare”. I nazisti fanatici erano incorruttibili, lottavano con spietata ferocia per realizzare l'ideale in cui credevano fanaticamente. Come uomini potevano anche provare ribrezzo per ciò che facevano, come soldati del fuhrer dovevano esserne fieri, e in loro il soldato del fuhrer sopravanzava, e di molto, l'uomo. Certo, esistevano anche i nazisti corrotti, spinti non tanto, o non solo, dal fanatismo ma dal desiderio di arricchirsi spogliando le loro vittime sacrificali, ma questi non erano i più pericolosi, al contrario. Spesso per un ospite dei campi di sterminio imbattersi in un carceriere corrotto, o corruttibile, poteva rappresentare una insperata possibilità di salvezza.
E ciò che vale per i nazisti vale per tutti i fanatici, di tutte le grandi tragedie totalitarie. Nella Russia staliniana i figli denunciavano i genitori, i mariti le mogli e viceversa. Lo facevano per convinzione o per paura, o per entrambe le cose? Difficile stabilirlo con precisione. Resta il fatto che, ancora una volta, l'ideale era messo sopra ogni altra cosa. Al primo posta sta la fedeltà alla patria del socialismo ed al “padre dei popoli”. Affetti, amicizie, impulsi, desideri, sono, devono essere, del tutto subordinati alla fedeltà all'ideale. Un freddo ideale, astratto, lontano anni luce dall'uomo e dalle sue vere esigenze.
E lo stesso avviene oggi col fondamentalismo islamico, con gli uomini bomba pronti a sacrificarsi pur di uccidere il maggior numero possibile di “cani infedeli”. Di nuovo, tutte le esigenze umane, a partire da quel fortissimo impulso naturale che si chiamo istinto di sopravvivenza, vengono sacrificate alla fedeltà nei confronti dell'idea. Le bombe umane sono incorruttibili, assolutamente incorruttibili, ma, proprio per questo, orrende, spaventose, ripugnanti.

Scendiamo, e di tanto, nella scala dell'orrore, abbandoniamo le grandi tragedie e volgiamo la nostra attenzione a drammi più piccoli, ed anche alle farse dell'Italia di oggi. “La legalità è il dovere supremo” si sente spesso strillare. “Bisogna sempre pagare le tasse, tutte le tasse, chi non lo fa è un criminale da sbattere in galera!”. “Chi cerca di pagare meno è un criminale come chi evade, non c'è differenza fra elusione ed evasione!” si sente ripetere. Ed ancora: “le sentenze si eseguono, non si commentano! Non bisogna delegittimare la magistratura!”. Gli incorruttibili difensori della legge, del fisco e della magistratura schiamazzano contrapponendo la loro assoluta, adamantina onestà alla immonda disonestà del popolo bue e di chi lo travia e lo corrompe. Naturalmente tanta proclamata fedeltà ai grandi principi ha poco a che vedere con l'uomo, le sue esigenze, la sua natura. Si difende il fisco senza mai chiedersi se sia normale la pressione fiscale a cui il popolo è sottoposto, si esalta la “legge” senza mai domandarsi se si tratta di una legge giusta, si invitano tutti a rispettare la magistratura senza porsi imbarazzanti domande sul concreto operare dei magistrati, si strilla che “non si devono commentare le sentenze” senza neppure essere sfiorati dal dubbio che molto spesso alcune sentenze sono state dei monumenti di ingiustizia. La pomposa fedeltà ad ideali astratti prevale in continuazione sul concreto, sulla umana considerazione degli esseri umani e delle loro miserie. Però, a differenza dei grandi e terribili incorruttibili, quelli di oggi e di casa nostra sono figure assai meno adamantine. Basta grattare un po' per scoprire che dietro al continuo richiamo all'onestà, alla “maestà della legge” si celano storia politiche e personali non precisamente esemplari. Gli incorruttibili grandi e spietati sono dei fanatici, gli altri, gli incorruttibili caserecci, sono quasi sempre degli ipocriti. Protestano contro l'evasione ma sono pronti ad evadere, se appena capita loro l'occasione, strillano contro i “condannati” ma se vai a spulciare la loro fedina penale scopri che qualche condanna la hanno anche loro, lanciano grida acutissime contro la corruzione e poi sono pronti a pagare ed intascare tangenti, denunciano i crimini della finanza poi cercano di farsi una banca. Certo, meglio tipi simili che Maximilien Robespierre ma... che pena!

Gli uomini, la stragrande maggioranza degli esseri umani sono corruttibili. Lo sono perché la corruttibilità è legata alla nostra debolezza, e la debolezza è una caratteristica essenziale della natura umana. Gli uomini sono corruttibili perché, come aveva detto qualcuno, sono tutti, chi più chi meno, peccatori, perché nessuno ha davvero il diritto di “scagliare la prima pietra”. Certo, non tutti siamo peccatori allo stesso modo, né tutti siamo corruttibili allo stesso modo. Occorre lottare contro la nostra corruttibilità, ma pensare di sradicarla dal nostro essere non è solo sbagliato, è profondamente pericoloso. Pericoloso perché chi cerca di eliminare dal suo animo ogni corruttibilità cade inesorabilmente nel fanatismo. Possiamo diventare incorruttibili solo se eliminiamo dal nostro essere quanto ci fa deboli, quindi umani: desideri, attaccamento a noi stessi, affetti, pulsioni, ambizioni, e sostituiamo a tutto questo un'idea fredda, astratta, disumana. Ogni essere umano ha il dovere di cercare di mantenersi onesto anche se sa che a volte non riuscirà in questo intento, e sa che potrebbe trovarsi in situazioni in cui essere fedele alla propria onestà diventa quasi impossibile. Di più non può fare, meglio, non deve fare, se vuole restare uomo.

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