Pare che a Parigi, durante il terrore, molte candide vecchiette passassero gran parte del loro tempo a place de la Concorde. Si accomodavano proprio sotto il palco in cui sorgeva la ghigliottina e si mettevano a lavorare a maglia, per ingannare l'attesa. Quando i condannati venivano decapitati le vecchiette smettevano di sferruzzare e rivolgevano tutta la loro attenzione allo splendido spettacolo che il comitato di salute pubblica aveva messo in scena per loro. Poi tornavano al loro lavoro, in attesa della nuova in formata.
Qualcosa di simile accade oggi negli stati uniti. Quando un criminale deve essere giustiziato, nelle vicinanze del carcere in cui la sentenza sarà eseguita si radunano le opposte tifoserie. Da una parte i contrari alla pena di morte, che pregano, dall'altra i favorevoli, che al momento della morte del reo levano alte grida di gioia, si abbracciano, esultano, un po' come i tifosi negli stati al goal della squadra del cuore.
Si può essere favorevoli alla pena di morte, ovviamente. Si può ritenere che il condannato “se la sia meritata”, ma esultare per quella che comunque è la morte di un essere umano, addirittura trasformarla in spettacolo, divertente intrattenimento, è quanto di più rivoltante si possa immaginare. Un atteggiamento che rimanda alla psicanalisi più che alla politica, alle pulsioni inconsce più che al ragionamento, giusto o sbagliato che sia.
Oggi in Italia ci sono molti che ricordano le vecchiette di Place de la Concorde, o i giovanotti americani che attendono con ansia che il boia faccia il suo lavoro.
I vari Camilleri, Travaglio, Paolo Flores D'Arcais vogliono vedere Berlusconi in galera, sotto chiave, in una cella possibilmente piccola, umida ed oscura. A questo fine raccolgono firme, lanciano petizioni, si mobilitano. Arrivano addirittura a criticare i loro adorati magistrati, per questo. Per loro è perfettamente normale che in venti anni una persona abbia subito, più o meno, una quarantina di processi e un centinaio di inchieste. Che un essere umano si trovi come giudice qualcuno che è sceso in piazza contro di lui, o che lo definisce “pericolo per la democrazia”, o che ha pubblicamente affermato: “io a quello gli faccio un culo così”, tutto questo è cosa normalissima per D'Arcais, o Travaglio, o Santoro. Ma se un giudice, applicando la legge ed attenendosi ad una prassi consolidata, concede al “pregiudicato” l'affidamento ai servizi sociali, guai al mondo! Quel magistrato, udite udite, SBAGLIA! Chissà, forse è “berlusconiano”.
La legge va applicata, si potrebbe dire, chi è colpevole va messo in prigione. E loro, i vari Flores D'Arcais, Travaglio, Santoro, Camilleri e compagnia bella, sono per il rispetto rigorosissimo della legge, oibò!
Certo, hanno ragione questi paladini della legalità. Rispettare le legge, sempre, comunque! Fiat iustitia et pereat mundus! Però però, a parte il fatto che la “colpevolezza” dell'ex cavaliere è quanto meno dubbia, è la legge a prevedere l'affidamento ai servizi sociali, quindi anche questa legge andrebbe rispettata, o no? E se è vero che (finora) l'ex cavaliere non ha fatto un solo giorno di prigione, beh, neppure Grillo, condannato per omicidio colposo ne ha fatto uno, per non parlare della quantità industriale di assassini, stupratori, rapinatori, borseggiatori, che sono a piede libero nel nostro bel paese. Kabono, qualcuno si ricorda di lui? Si, Kabobo, quello che ha fatto fuori a picconate in testa tre innocenti, aveva una fedina penale lunga un chilometro, eppure era a piede libero, ed era clandestino, ed a quel tempo la clandestinità era REATO, eppure nessuno lo ha rispedito al suo paese, come la legge imponeva. Kabobo è stato condannato a venti anni, più o meno gli stessi che a suo tempo collezionò Craxi, che non sembra abbia mai ucciso nessuno; gli è stata riconosciuta la semi infermità mentale, ovviamente, e pare che non dovrà stare in carcere ma in ospedale. Non mi stupirei se fra due o tre anni fosse di nuovo a piede libero, magari con piccone in mano.
Come mai gli integerrimi difensori della legge non raccolgono firme affinché tutte le leggi siano sempre applicate? Come mai non fanno petizioni in cui chiedono che tutti gli spacciatori, gli stupratori, i rapinatori, gli assassini, i borseggiatori, i topi d'appartamento allegramente a piede libero vengano sbattuti in una comoda cella? Come mai ieri, quando la legge sul reato di clandestinità non era MAI applicata, non sono scesi in piazza per levare alta la loro protesta?
Chi raccoglie firme per sbattere in galera Berlusconi non lo fa tanto per amore della la legge astrattamente intesa quanto per odio nei confronti dell'ex cavaliere. Per loro il Berlusca è una sorta di incarnazione del demonio, quindi va eliminato, in un modo o nell'altro, legge o non legge, condanne o non condanne.
Molti hanno osservato che la raccolta di forme lanciata da "Micromega" in fondo favorisce il cavaliere: gli può consentire di recuperare molti dei consensi che il suo innegabile declino gli ha fatto perdere. Tutto vero, ma questo non interessa molto ai forcaioli. Per loro l'incarcerazione di Berlusconi è un fine in se, qualcosa di positivo indipendentemente dalle conseguenze politiche e, ovviamente, dalla sua innocenza o colpevolezza. Il solo pensiero di Berlusconi in galera molto probabilmente provoca a Travaglio o a Flores D'Arcais, forse anche al vecchio Camilleri, delle erezioni degne di un Rocco Siffredi. Berlusconi in cella dimostra che gli strilli forcaioli che per venti e più anni questi signori hanno levato, sono serviti a qualcosa, che le loro vite hanno avuto un senso.
Finito il terrore le vecchiette di Place de la Concorde avranno potuto dire: “siamo state nella storia”, esattamente come i soldati di Napoleone vincitori ad Austerliz hanno detto: “c'ero anch'io”.
Se un giorno Berlusconi finirà in galera i forcaioli di “Micromega” potranno dire: “è un po' anche merito nostro”; avranno una erezione e si sentiranno felici.
Ognuno ha le erezioni, e le felicità, che si merita.
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