Fino a ieri si parlava di violenza sulle donne, parità di diritti e
doveri fra i sessi, oggi si parla di “violenza di genere” o
“parità di genere”. Nei media il termine “genere” ha quasi
completamente sostituito l’antiquato “sesso”, e non a caso. Il
sesso è una determinazione naturale. Ci ricorda che gli esseri umani
si dividono in maschi e femmine. Questo però fa orrore ai teorici
del gender. Per loro il sesso non esiste, quanto meno, non esiste il
sesso in quanto fatto naturale. Esiste il sesso come “costrutto
sociale” oppure, meglio ancora, come scelta, optional.
“Genere”
in effetti è, fra le altre cose, una categoria socio culturale. Ecco
come definisce il “genere sessuale” l’enciclopedia Treccani:
“Per “genere sessuale” si intende l'aderenza
e la vicinanza di un individuo alla definizione che culturalmente
viene data di maschio o femmina. L'esperienza interiore di tale
costruzione è definibile come identità di genere”.
In
rete si può trovare anche questa definizione di “genere”
riferita, ovviamente, al sesso: “genere” può infatti voler dire
anche molte altre cose.
“Il maschile e il femminile,
intesi come risultante di un complesso di modelli culturali e sociali
che caratterizzano ciascuno dei due sessi e ne condizionano il ruolo
e il comportamento”.
A fronte del “sesso”, categoria
naturale, sta quindi il “genere”, categoria socio culturale e,
qui sta il "bello", per i teorici del gender la seconda soppianta completamente la prima. Quando
ancora si ragionava logicamente, si diceva: esistono i maschi e le
femmine e questi, o molti, o alcuni di loro, hanno le seguenti idee,
atteggiamenti, comportamenti su quelli che devono essere i loro
rapporti. In altre parole, esistevano i sessi (determinazione
naturale) e nei sessi si formavano determinate idee, atteggiamenti,
comportamenti (determinazione socio culturale).
Oggi le cose non
stanno più così. I sessi non esistono, o esistono come fatto
secondario, ontologicamente irrilevante, slegato dalla riproduzione
della specie. Esistono i generi, cioè l’insieme delle idee e dei
comportamenti presenti nei sessi. Il socio culturale non si
innesta più sul naturale, lo soppianta. Un po’ come dire che
l’uomo in quanto ente naturale non esiste ed esiste solo l’uomo
in quanto membro, o peggio, prodotto di una certa cultura o società.
Questa sostituzione del naturale col socio culturale
conduce però, inevitabilmente, a macroscopiche contraddizioni
logiche.
Per i fanatici del "gender" il sesso maschile non esiste esiste il “genere”
maschile e questo in quanto categoria socio culturale è
caratterizzato da violenza ed aggressività nei
confronti delle donne (o dei gay, o dei trans). Ma, se le cose stanno così che senso ha
parlare di lotta contro la “violenza di genere”? Il genere
maschio è quella cosa lì, è quel costrutto socio culturale
caratterizzato, fra le altre cose, dalla aggressività nei confronti
delle donne. Se, come sostengono le femministe radicali, la violenza
è parte integrale del genere maschile occorre lottare contro
quel genere, non contro la sua violenza. Se esiste differenza fra
sesso (categoria naturale) e genere (categoria socio culturale) è
sensato lottare contro la violenza sulle donne senza essere contro i
maschi in quanto tali. Se questa differenza non esiste la lotta
contro la “violenza di genere” non può essere altro che
lotta contro il genere maschile. Lottare contro la “violenza
di genere” in questo caso è un po’ come lottare contro il fatto
che gli squali siano carnivori. Ci si può difendere dagli squali,
non non si può pretendere di eliminare il loro essere carnivori. Uno
squalo non carnivoro non è uno squalo. Se il sesso è
assorbito nel genere e un certo genere è aggressivo e violento è
privo di senso lottare contro questa sua aggressività: occorre
lottare contro quel genere e basta.
Considerazioni
analoghe si possono fare sulla “parità di genere”. Se i sessi
vengono assorbiti dai generi ed i generi hanno certe determinazioni
come è possibile istituire fra queste una qualche forma di parità?
Se esistono maschi e femmine con certe idee e comportamenti è
possibile lottare per cambiare idee e comportamenti ed instaurare una
autentica parità di diritti e doveri fra femmine e maschi. Ma se
idee e comportamenti sostituiscono le categorie “maschio” e
“femmina” e tali idee e comportamenti sono radicalmente
conflittuali come si può instaurare fra loro una qualsiasi forma di
parità? Se il genere culturale maschio è caratterizzato dalla idea
di una sua congenita superiorità come lo si può rendere pari al
genere culturale femmina? E questo genere culturale può aspirare
alla parità se è caratterizzato da sottomissione?
“Parità
di genere”, “violenza di genere” sono espressioni che conducono
ad inevitabili contraddizioni, meglio, sono espressioni prive di
senso.
Con una certa approssimazione si può dire che il
“genere” come categoria socio culturale è una determinazione, un
attributo del sesso come categoria naturale. In termini
aristotelici, il sesso è il soggetto, il genere il predicato. Ora, è
sensato render giuridicamente pari i soggetti, o lottare contro predicati negativi degli stessi, è invece del tutto
insensato render pari i predicati o eliminare le caratteristiche
indesiderate di un predicato senza eliminare il predicato stesso.
Tizio, biondo può esser reso giuridicamente pari a Caio, bruno, ma
non si possono eguagliare fra loro gli attributi “biondo” e
“bruno”. Posso estirpare da me, o controllare alcuni sentimenti
aggressivi, ma non posso farlo se io mi identifico con tali
sentimenti. In questo caso l’eliminazione di questi equivale alla
distruggere di me stesso.
I effetti i teorici del gender non
vogliono eliminare alcune determinazioni negative che, a torto o a
ragione, ritengono caratteristiche di maschi e femmine, vogliono
eliminare i maschi e le femmine, per lo meno così come
questi sono finora esistiti. L’assorbimento del sesso nel
genere è il primo passo verso la distruzione di generi e sessi e la
loro sostituzione con l’assolutamente nuovo.
Come tutti gli
utopisti fanatici i teorici del gender vogliono un rinnovamento
totale, assoluto degli esseri umani, una rivoluzione globale che
nulla salvi del passato ed apra le porte ad un futuro totalmente
altro rispetto al miserabile presente. Per tornare ad usare termini
aristotelici, non vogliono modificare alcuni attributi dei soggetti,
vogliono soggetti del tutto nuovi, una nuova soggettività che
soppianti in tutto e per tutto quella vecchia. Nulla di nuovo sotto il sole: si tratta del vecchio mito del
rivoluzionamento totale di natura, uomo e società. Un mito
truculento, che in passato è costato al genere umano decine di
milioni di cadaveri. E che per ora ci regala, fra le molte altre pessime cose, i non sensi e le
contraddizioni della barbarica neolingua politicamente corretta.
"Se, come sostengono le femministe radicali, la violenza è parte integrale del genere maschile occorre lottare contro quel genere, non contro la sua violenza. Se esiste differenza fra sesso (categoria naturale) e genere (categoria socio culturale) è sensato lottare contro la violenza sulle donne senza essere contro i maschi in quanto tali."
RispondiEliminama infatti, le femministe che combattono furiosamente contro violenze e discriminazioni commesse verso le femmine (sesso o genere?) #inquantodonne dagli alfieri (maschi - sesso o genere?) del patriarcato sono dichiaratemante in guerra contro il genere (e anche contro il sesso, credo) maschile #inquantomaschio, per quanti sforzi facciano per mascherare quest'odio con belle intenzioni e ideali purissimi.
semplice e banale odio rancoroso è, qualsiasi concetto tentino di contrabbandare al suo posto.
e a rimetterci sono tutti i maschi (per sesso o per genere che si voglia). occhio però che a giocare con certe cose si rischia di rimanere scottati. e i cortocircuiti logici e giuridici sono già tutti lì pronti a scatenarsi. stesso discorso si può fare sull'altro falso problema mainstream, vale a dire il razzismo in tutte le sue più becere declinazioni
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