lunedì 22 marzo 2021

SESSI E GENERI

Fino a ieri si parlava di violenza sulle donne, parità di diritti e doveri fra i sessi, oggi si parla di “violenza di genere” o “parità di genere”. Nei media il termine “genere” ha quasi completamente sostituito l’antiquato “sesso”, e non a caso. Il sesso è una determinazione naturale. Ci ricorda che gli esseri umani si dividono in maschi e femmine. Questo però fa orrore ai teorici del gender. Per loro il sesso non esiste, quanto meno, non esiste il sesso in quanto fatto naturale. Esiste il sesso come “costrutto sociale” oppure, meglio ancora, come scelta, optional.
“Genere” in effetti è, fra le altre cose, una categoria socio culturale. Ecco come definisce il “genere sessuale” l’enciclopedia Treccani:

“Per “genere sessuale” si intende l'aderenza e la vicinanza di un individuo alla definizione che culturalmente viene data di maschio o femmina. L'esperienza interiore di tale costruzione è definibile come identità di genere”.

In rete si può trovare anche questa definizione di “genere” riferita, ovviamente, al sesso: “genere” può infatti voler dire anche molte altre cose.

“Il maschile e il femminile, intesi come risultante di un complesso di modelli culturali e sociali che caratterizzano ciascuno dei due sessi e ne condizionano il ruolo e il comportamento”.

A fronte del “sesso”, categoria naturale, sta quindi il “genere”, categoria socio culturale e, qui sta il "bello", per i teorici del gender la seconda soppianta completamente la prima. Quando ancora si ragionava logicamente, si diceva: esistono i maschi e le femmine e questi, o molti, o alcuni di loro, hanno le seguenti idee, atteggiamenti, comportamenti su quelli che devono essere i loro rapporti. In altre parole, esistevano i sessi (determinazione naturale) e nei sessi si formavano determinate idee, atteggiamenti, comportamenti (determinazione socio culturale).
Oggi le cose non stanno più così. I sessi non esistono, o esistono come fatto secondario, ontologicamente irrilevante, slegato dalla riproduzione della specie. Esistono i generi, cioè l’insieme delle idee e dei comportamenti presenti nei sessi. Il socio culturale non si innesta più sul naturale, lo soppianta. Un po’ come dire che l’uomo in quanto ente naturale non esiste ed esiste solo l’uomo in quanto membro, o peggio, prodotto di una certa cultura o società.

Questa sostituzione del naturale col socio culturale conduce però, inevitabilmente, a macroscopiche contraddizioni logiche.
  Per i fanatici del "gender" il sesso maschile non esiste esiste il “genere” maschile e questo in quanto categoria socio culturale è caratterizzato da violenza ed aggressività nei confronti delle donne (o dei gay, o dei trans). Ma, se le cose stanno così che senso ha parlare di lotta contro la “violenza di genere”? Il genere maschio è quella cosa lì, è quel costrutto socio culturale caratterizzato, fra le altre cose, dalla aggressività nei confronti delle donne. Se, come sostengono le femministe radicali, la violenza è parte integrale del genere maschile occorre lottare contro quel genere, non contro la sua violenza. Se esiste differenza fra sesso (categoria naturale) e genere (categoria socio culturale) è sensato lottare contro la violenza sulle donne senza essere contro i maschi in quanto tali. Se questa differenza non esiste la lotta contro la “violenza di genere” non può essere altro che lotta contro il genere maschile. Lottare contro la “violenza di genere” in questo caso è un po’ come lottare contro il fatto che gli squali siano carnivori. Ci si può difendere dagli squali, non non si può pretendere di eliminare il loro essere carnivori. Uno squalo non carnivoro non è uno squalo. Se il sesso è assorbito nel genere e un certo genere è aggressivo e violento è privo di senso lottare contro questa sua aggressività: occorre lottare contro quel genere e basta.
Considerazioni analoghe si possono fare sulla “parità di genere”. Se i sessi vengono assorbiti dai generi ed i generi hanno certe determinazioni come è possibile istituire fra queste una qualche forma di parità? Se esistono maschi e femmine con certe idee e comportamenti è possibile lottare per cambiare idee e comportamenti ed instaurare una autentica parità di diritti e doveri fra femmine e maschi. Ma se idee e comportamenti sostituiscono le categorie “maschio” e “femmina” e tali idee e comportamenti sono radicalmente conflittuali come si può instaurare fra loro una qualsiasi forma di parità? Se il genere culturale maschio è caratterizzato dalla idea di una sua congenita superiorità come lo si può rendere pari al genere culturale femmina? E questo genere culturale può aspirare alla parità se è caratterizzato da sottomissione?

“Parità di genere”, “violenza di genere” sono espressioni che conducono ad inevitabili contraddizioni, meglio, sono espressioni prive di senso.
Con una certa approssimazione si può dire che il “genere” come categoria socio culturale è una determinazione, un attributo del sesso come categoria naturale. In termini aristotelici, il sesso è il soggetto, il genere il predicato. Ora, è sensato render giuridicamente pari i soggetti, o lottare contro predicati negativi degli stessi, è invece del tutto insensato render pari i predicati o eliminare le caratteristiche indesiderate di un predicato senza eliminare il predicato stesso. Tizio, biondo può esser reso giuridicamente pari a Caio, bruno, ma non si possono eguagliare fra loro gli attributi “biondo” e “bruno”. Posso estirpare da me, o controllare alcuni sentimenti aggressivi, ma non posso farlo se io mi identifico con tali sentimenti. In questo caso l’eliminazione di questi equivale alla distruggere di me stesso.
I effetti i teorici del gender non vogliono eliminare alcune determinazioni negative che, a torto o a ragione, ritengono caratteristiche di maschi e femmine, vogliono eliminare i maschi e le femmine, per lo meno così come questi sono finora esistiti. L’assorbimento del sesso nel genere è il primo passo verso la distruzione di generi e sessi e la loro sostituzione con l’assolutamente nuovo.
Come tutti gli utopisti fanatici i teorici del gender vogliono un rinnovamento totale, assoluto degli esseri umani, una rivoluzione globale che nulla salvi del passato ed apra le porte ad un futuro totalmente altro rispetto al miserabile presente. Per tornare ad usare termini aristotelici, non vogliono modificare alcuni attributi dei soggetti, vogliono soggetti del tutto nuovi, una nuova soggettività che soppianti in tutto e per tutto quella vecchia. Nulla di nuovo sotto il sole: si tratta del vecchio mito del rivoluzionamento totale di natura, uomo e società. Un mito truculento, che in passato è costato al genere umano decine di milioni di cadaveri. E che per ora ci regala, fra le molte altre pessime cose, i non sensi e le contraddizioni della barbarica neolingua politicamente corretta.

 

2 commenti:

  1. "Se, come sostengono le femministe radicali, la violenza è parte integrale del genere maschile occorre lottare contro quel genere, non contro la sua violenza. Se esiste differenza fra sesso (categoria naturale) e genere (categoria socio culturale) è sensato lottare contro la violenza sulle donne senza essere contro i maschi in quanto tali."

    ma infatti, le femministe che combattono furiosamente contro violenze e discriminazioni commesse verso le femmine (sesso o genere?) #inquantodonne dagli alfieri (maschi - sesso o genere?) del patriarcato sono dichiaratemante in guerra contro il genere (e anche contro il sesso, credo) maschile #inquantomaschio, per quanti sforzi facciano per mascherare quest'odio con belle intenzioni e ideali purissimi.

    semplice e banale odio rancoroso è, qualsiasi concetto tentino di contrabbandare al suo posto.

    e a rimetterci sono tutti i maschi (per sesso o per genere che si voglia). occhio però che a giocare con certe cose si rischia di rimanere scottati. e i cortocircuiti logici e giuridici sono già tutti lì pronti a scatenarsi. stesso discorso si può fare sull'altro falso problema mainstream, vale a dire il razzismo in tutte le sue più becere declinazioni

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