Petta. Salve o Socrate
Socrate. O Petta, nobile amico, che
piacere incontrarti. Dove vai di bello?
P. Mi sto recando alla
direzione del mio partito di cui da poco son diventato leader.
S.
Si si, conosco questa buona notizia e ti auguro di svolgere
proficuamente il tuo importante lavoro.
P. Ti ringrazio o
Socrate. Però, devo confessarti che sono un po’ preoccupato.
S.
E come mai?
P. Sai, anche nel mio partito c’è chi avanza
perplessità su una mia proposta.
S. Quale?
P. Quella
riguardante l’imposta di successione. Una imposta che colpisce le
grandi ricchezze che i ricchi lasciano in eredità ai loro eredi. Col
ricavato lo stato darà una dote ai giovani, che ne hanno tanto
bisogno. Si tratta di 10.000 euro per i diciottenni. Purtroppo però
nel mio stesso partito ci sono persone poco convinte della bontà di
una tale, sacrosanta misura. Questo, te lo confesso, mi addolora
assai. Forse che anche nella sinistra sta penetrando l’ideologia
egoista e meschina della impresentabile destra italiana? Come è mai
possibile una cosa tanto orribile?
S. Non ti amareggiare troppo
caro Petta. In fondo io capisco che anche nel tuo partito ci siano
delle perplessità…
P. Come sarebbe? La mia è una proposta
tanto rispondente a criteri di sacrosanta giustizia che solo persone
senza cuore nè cervello possono avversarla. E tu, o Socrate, hai
gran cuore e, soprattutto, una mente eccelsa. Non puoi davvero
dubitare della bontà di quanto propongo! Dimmi, stai scherzando?
S.
No, ti assicuro di no.
P. La cosa mi stupisce, molto. Dimmi,
cosa nella mia proposta ti lascia perplesso?
S. So che in Italia
la pressione fiscale è già molto alta. Il reddito viene tassato,
vai a comprare qualcosa e paghi varie imposte di consumo. Esistono di
fatto imposte patrimoniali, come l’IMU su case di lusso e seconde
case, il canone TV, la tassa di circolazione.. siamo in una fase di
crisi economica e tu cosa fai? Proponi un’altra imposta, come
minimo non mi pare il momento giusto.
P. Che delusione o
Socrate! Parli come certi scettici del mio partito. Proprio perché
la situazione è difficile occorre aiutare i giovani che dalla crisi
sono i più colpiti. Sarai d’accordo spero.
S. Mah… in primo
luogo non credo che solo i giovani siano colpiti dalla crisi.
Esistono, mi pare, situazioni ancora più drammatiche che riguardano
i meno giovani…
P. Che dici mai!
S. Pensi che un operaio
cinquantenne che ha perso il posto di lavoro, o una commerciante
sessantenne, o un ristoratore anche lui di 60 anni costretti a
chiudere le proprie attività dai vari lockdown si trovino in una
situazione migliore di quella di tanti diciottenni che comunque sono
mantenuti dalla famiglia?
P. Che discorsi! Certo, dovremo
pensare anche a loro, ci penseremo
S. Proporrai una “dote”
anche per queste persone?
P. Che fai o Socrate, mi prendi in
giro? E’ questa la tua celebre ironia? Guarda che io sono un
sottile intellettuale, non casco nei tuoi trucchi...
S. Nessun
trucco caro Petta, mi limitavo ad esprimere dei dubbi, ma vedo che tu
ti inalberi…
P. Non mi inalbero, solo mi irrita un po’
vedere che invece di essere attratti dalla giustizia e dalla equità
della mia proposta tanti ricorrano a piccole polemiche su cose
secondarie.
S. Beh… la sorte di tanta gente non più giovane
non è cosa secondaria, mi pare, ma, restando ai giovani, davvero
pensi che dando loro una mancia…
P. Dote o Socrate, dote non
mancia!
S. Va bene, dando loro una dote si risolvano i loro
problemi? Davvero pensi che con 10.000 euro possano pagarsi
l’università, comprar casa, dare inizio ad una attività
imprenditoriale?
P. La dote è solo un passo, il primo passo…
S.
A me pare che si potrebbero fare primi passi in direzione diversa, ad
esempio riducendo la pressione fiscale ed incentivando gli
imprenditori ad assumere i giovani in cerca di lavoro. Dando una dote
di 10.000 euro al massimo si può spingere qualche giovane a
comprarsi una moto o una utilitaria… non mi sembra un gran passo
avanti…
S. Stai facendo vani sofismi o Socrate! Si tratta di
un primo passo, te lo ripeto. Altri ne faremo…
S. Hai in mente
nuove tasse?
P. No, cioè, non lo so… vedremo. Ma non è
questo il punto, noi stiamo discutendo a vuoto.
S. E quale è
allora il punto?
P. Il punto è la profonda giustizia, il
respiro umano universale della mia proposta. E’ questo che dovrebbe
spingere ogni persona ragionevole e di buon cuore a sostenerla. Su
questo sarai d’accordo o Socrate; neppure oso pensare che tu non lo
sia.
S. Mah… dimmi, in cosa consiste questa profondissima
giustizia della tua proposta?
P. E me lo chiedi? Stiamo parlando
di imposta di successione o Socrate, di eredità! Di soldi che vanno
a persone che nulla hanno fatto per meritarli… ti sembra giusta una
cosa simile? A me sembra sommamente ingiusta e penso sia sacrosanto
togliere parte, almeno parte, di ciò che va a chi non ha merito
alcuno per avere e darlo a chi ha bisogno.
S. Dunque la cosa
davvero giusta è proprio questa: che la tua riforma toglie soldi a
chi nulla fa fatto per meritarli.
P. Si, certo. E in più c’è
l’aspetto della redistribuzione, del dare a chi ha bisogno.
S.
Di questo, se permetti, parleremo dopo, concentriamoci ora sul fatto
che gli eredi non hanno merito alcuno per il denaro che ricevono
P.
Concentriamoci.
S. Molto bene. Dimmi: un neonato ha bisogno di
cure?
P. E come no?
S. Ed un bambino deve essere nutrito,
educato, mandato a scuola, coperto di affetto?
P. Ma certo! Che
domande!
S. E dimmi, neonato e bambino hanno fatto qualcosa per
meritare cure, educazione, affetto?
P. Che razza di domande mi
fai o Socrate! Cosa c’entrano col nostro discorso?
S. A me
sembra che c’entrino eccome! I genitori coprono o dovrebbero
coprire i figli di cure, amore ed attenzioni, anche se i figli nulla
hanno fatto per meritarli. Ne convieni?
P. Si
S. E lasciare
ai propri figli ciò che si è riusciti ad ottenere lavorando
onestamente tutta una vita non è anch’esso un gesto di amore verso
i propri figli?
P. Che discorsi…
S. A me sembrano
ragionevoli… lo è o non lo è?
P. Mah… direi di si, che lo
è.
S. E non è simile all’atto d’amore che spinge i
genitori ad accudire i neonati ed i bambini?
P. Forse si
S.
E perché accudire i figli quando sono bambini o neonati dovrebbe
esser giusto e lasciar loro in eredità i propri beni no?
P.
Sofismi! Giri di parole! Come al solito tu fai ballare tutti i
concetti o Socrate!
S. Io mi limito a cercare di avvicinarmi al
vero, discutendo pacatamente con te, ottimo amico.
P. No! Tu fai
il sofista!
S. Mi spiace che tu te la prenda, calmati, stiamo
solo discutendo serenamente…
P. E sia.
S. Una cosa ti
vorrei chiedere
P. Chiedi
S. Siamo d’accordo sul fatto
che i figli hanno diritto di essere curati dai genitori, ne
convieni?
P. Ne convengo
S. Bene, ora ti chiedo: esiste
solo il diritto dei figli ad essere curati dai genitori o anche il
diritto dei genitori a prendersi cura dei figli?
P. Direi che
esistono entrambi.
S. Concordo. E ora parliamo dell’eredità.
Ammesso che esista il diritto dei figli di ricevere una eredità, non
importa quanto tassata, ti chiedo: esiste a tuo parere solo il
diritto dei figli di ricevere l’eredità dai genitori o anche il
diritto dei genitori di lasciare ai figli i propri beni in
eredità?
P. Direi che esistono entrambi.
S. Di nuovo
concordo, ma, se quanto abbiamo stabilito è vero tutto il tuo
precedente discorso risulta nettamente inficiato, caro amico.
P.
E perché mai?
S. Tu contesti il diritto dei figli a ricevere
una eredità basandoti sul fatto che nulla hanno fatto per meritarla,
ora però abbiamo scoperto che esiste anche il diritto dei genitori
di lasciare i propri beni in eredità ai figli, ed i genitori hanno
di certo fatto qualcosa per meritare i beni che possiedono. Questo
diritto non lo puoi contestare, mi pare.
P. E va bene o Socrate,
se proprio ci tieni ti rispondo che, se così stanno le cose, è
giusto limitare anche il diritto dei genitori.
S. Non però con
l’argomento che nulla hanno fatto per meritare i beni di cui
dispongono.
P. Su questo si può discutere. In ogni caso è bene
limitarlo, e molto, in nome della redistribuzione dei beni.
S.
Veniamo quindi alla redistribuzione. Parlamene ed io mi abbevererò
alla fonte del tuo sapere.
P. Socrate, ti ho già detto che non
sopporto la tua ironia…
S. Tu dunque pensi che chi ti
definisce sapiente possa farlo solo per ironia? Ti sottovaluti…
comunque parla e ti ascolterò serissimo.
P. Noi nasciamo tutti
uguali, o Socrate, ma, poco tempo dopo diventiamo disuguali.
L’originale uguaglianza se ne va perché operano le differenze
sociali, la ricchezza, i privilegi che i nostri genitori ci regalano.
E così il mondo si divide in fortunati e sfortunati, ricchi e
poveri. Ed è giusto, del tutto giusto, che chi è stato fortunato
risarcisca chi non lo è stato, restituisca almeno una parte di ciò
che ha avuto. Occorre redistribuire ciò che alcuni hanno senza
merito, per pura fortuna. Questo è ciò che penso.
S. Se devo
essere sincero i tuoi argomenti non mi sembrano molto diversi da
altri su cui già abbiamo discusso.
P. Lo sono. O tu hai paura
di affrontarli o Socrate?
S. Il dialogo non deve mai fare paura
caro Petta. Noi stiamo cercando insieme la verità, non combattendo.
Dimmi, posso farti alcune domande?
P. Fai pure.
S. Tu chi
diresti che io sia, o Petta?
P. Che razza di domanda, cosa
diavolo c’entra?
S. Questo se permetti lo vedremo dopo,
insieme. Dimmi, parlando di me a chi pensi?
P. Penso ad un
uomo…
S. E come è quest’uomo?
P. Fisicamente?
S.
Fisicamente, mentalmente, culturalmente, in tutti i suoi aspetti,
dimmi…
P- Continuo a non capire, comunque, direi che tu sei
basso, non bello, scusami…
S. Figurati, parla pure senza
reticenze.
P. Allora, sei non bello, ma intelligente, ami
discutere, anche troppo, a mio avviso sei assai sofistico, sei
colto…
S. Ho dubbi in proposito, ma, continua, son nato in un
certo momento storico?
P. Bella scoperta! Certo che si.
S.
In un certo paese?
P. E come no?
S. Da certi genitori,
poveri o ricchi?
P. Ma si! Mi sembrano domande strampalate le
tue…
S. Dimmi ora, io sarei io se non fossi brutto, basso,
colto e sofistico (a tuo parere) amante del dialogo, nato in un certo
paese, in un certo anno, da certi genitori?
P. Non so cosa
risponderti.
S. Diciamo che tutte le cose che abbiamo detto,
scarsa altezza, bruttezza, cultura, epoca in cui vivo, paese in cui
sono nato, tutte insomma, siano le mie particolarità. Ti chiedo:
esisterei io senza l’insieme di tutte queste particolarità?
P.
Proprio non ti seguo.
S. Dimmi allora, esiste un uomo che non
sia né bello né brutto, né alto né basso, né intelligente né
sciocco, che non sia nato in nessuna famiglia, in nessun paese, in
nessuna epoca storica?
P. Direi che un simile uomo non può
esistere.
S. Quindi io sono io perché ho tutte le mie
particolarità e la stessa cosa si può dire di te e di ognuno di
noi, concordi?
P. Concordo.
S. Ma come puoi allora parlare
di un bambino che è “fortunato” perché nasce da certi genitori,
in un certo momento storico, in un certo paese e, potrei aggiungere,
bello, sano e forte?
P. Di nuovo fai il sofista.
S. Scusami
o nobile Petta, chi era questo bambino prima di diventare
“fortunato”?
P. Diciamo che era un feto nel ventre materno,
e prima un embrione.
S. Certo, ma questo embrione aveva o non
aveva un certo patrimonio genetico?
P. Penso di si
S. Era
nel ventre materno hai detto
P. Si
S. Ma la madre che lo
portava in seno non apparteneva ad un certo strato sociale, non
viveva in un certo paese…?
P. Ma si!
S. Quindi sin
dall’inizio quel bambino era “fortunato”! Non era un ente privo
di particolarità, cui successivamente sia capitata una “fortuna”
che occorra ora redistribuire…
P. Basta o Socrate! Non ne
posso più dei tuoi sofismi! Cosa intendi dire, che non si debbano
aiutare coloro che hanno di meno?
S. Certo che li si deve
aiutare, ma questo nulla ha a che vedere con la restituzione di
quanto si ha avuto dalla “fortuna”, cioè da come ci hanno fatto
madre natura e i nostri genitori. E questo perché nessuno esiste al
di fuori di come madre natura e genitori lo hanno fatto.
P.
Discorsi astrusi, mi fai venire il mal di testa.
S. Discorsi
assai semplici a mio parere. Io non ho avuto la “fortuna” di
nascere in una certa famiglia perché sono io proprio in quanto nato
in quella famiglia.
P. E come vorresti allora aiutare chi ha
meno?
S. Non con l’imposta di successione, a mio parere.
P.
E perché mai?
S. Mi pare che l’imposta di successione
favorisca comportamenti anti sociali e finisca per non aiutare
affatto i giovani.
P. E perché mai?
S. Concordi con me, o
Petta,, se dico che noi uomini siamo esseri finiti, limitati?
P.
Che discorsi, concordo.
S. Ed è vero che molto di ciò ce
facciamo va oltre l’orizzonte temporale della nostra vita?
P.
Si, concordo.
S. Concorderai allora se dico che la possibilità
di lasciar qualcosa in eredità ai propri figli è un formidabile
incentivo che spinge tutti a migliorare la propria posizione.
P.
Non so, può essere ma può anche non essere.
S. Dimmi o
illustre amico, se tu sapessi che domani gran parte del patrimonio ti
verrà tolta faresti un investimento o spenderesti tutto o quasi ciò
che hai?
P. Io ho un altissimo senso civico, non sono un gretto
egoista come tanti miei rivali politici. Quindi ti rispondo:
investirei, per il bene del paese.
S. Nobilissimo il tuo
atteggiamento! Però… tu pensi che la gran maggioranza di chi ha
fondi da investire si comporterebbe come te?
P. Non saprei…
S.
E’ sensato pensare che moltissimi sarebbero disincentivati ad
investire?
P. Direi che lo è.
S. E che molti si darebbero
alle spese pazze?
P. Direi di si.
S. Quindi ci sarebbe in
ogni caso una riduzione degli investimenti, concordi?
P. Forse…
S. Hai appena ammesso che pochi hanno il tuo nobilissimo senso
civico, amico mio.
P. E’ vero…
S. Quindi moltissimi
reagirebbero alla imposta di successione facendo più spese pazze e
riducendo gli investimenti.
P. Lo ammetto.
S. E questo
darebbe ai giovani maggiori o minori possibilità di lavoro?
P.
Direi minori…
S E non credi che il vero interesse dei giovani
non sia di avere un po’ di soldi in tasca per un po’ di tempo, ma
un lavoro?
P. Certo che lo penso.
S. Vedi dunque che la tua
imposta di successione avrebbe effetti negativi proprio su coloro
che, a tuo parere, dovrebbero esserne i beneficiari.
P.
Discorsi molto astratti i tuoi. Di fatto non proponi niente per
aiutare chi ha bisogno.
S. Si possono incentivare fiscalmente
gli imprenditori che assumo, ridurre le tasse sul lavoro, lo stato
può usare i propri fondi per contribuire alla costruzione di
infrastrutture che favoriscano lo sviluppo, quindi il lavoro. Una
mancia, pardon, una dote ai diciottenni invece non risolve alcun
problema e l’imposta di successione disincentiva gli investimenti,
come abbiamo insieme stabilito.
P. Tu criminalizzi questa imposta, in
fondo esiste anche negli Stati Uniti.
S. Non amo criminalizzare
nulla e nessuno. Ci può anche stare una imposta di successione in
sistemi come quello americano dove la pressione fiscale è molto più
bassa che da noi. E poi, tu hai criticato molte volte il sistema
americano, com’è che ora lo porti ad esempio?
P. Basta con
le inutili polemiche! Insisto, tu criminalizzi questa imposta e
dimentichi che io non ho proposto di togliere tutto il patrimonio ai
ricchi, solo una parte. Sono un moderato io.
S. Ti ripeto
che non criminalizzo nulla, mi limito ad analizzare e a criticare.
E, ribadisco, in un sistema fiscale diverso, meno opprimente, una
imposta di successione potrebbe anche starci, anche se io la
considero comunque negativa. Piuttosto, sono gli argomenti con cui tu
la difendi, questa imposta, ad apparire estremamente pericolosi,
indegni di un moderato quale tu dici di essere.
P. Spiegati, mi
sembra che tu parli per enigmi.
S. In base agli argomenti con
cui hai difeso l’imposta avresti dovuto proporre il quasi totale
esproprio dei patrimoni dei ricchi e non solo dei ricchi.
P. E
perché mai?
S. Hai detto che i figli dei ricchi nulla fanno per
meritare l’eredità quindi che questa è un ingiusto privilegio,
vero?
P. Vero.
S. Poi hai detto che nasciamo tutti uguali
ma la “fortuna” ci rende disuguali e che questo è un privilegio
ingiusto e che coloro che hanno devono “restituire” ciò che la
fortuna ci ha loro dato ingiustamente, è vero?
P. E’
vero
S. Ma è o non è vero che si deve “restituire”
qualcosa alle persone cui qualcosa è stata sottratta ingiustamente,
diciamo pure rubata?
P. Vero.
S. Dal che si deduce che chi
ha molto ha rubato a chi non ha, ne convieni?
P. Ne
convengo.
S. E dimmi ora, se io ti rubo 100 quanto ti devo
restituire, 100 o 10?
P. !00, è ovvio.
S. E ti devo
restituire 100 anche se non sono ricco sfondato?
P. Si, devo
restituire 100 in ogni caso. Tu però ti appigli alle parole, o
Socrate. Lasciamo perdere la parola “restituire”, limitiamoci a
dire che chi ha molto lo possiede ingiustamente e tutto si
risolve.
S. Non mi pare. Dimmi, se io ho 100 mentre dovei
avere 10, devo restituire 90 oppure 10?
P. 90 direi.
S. E
se ho 50 mentre dovrei avere 10 devo restituire 10 o 40?
P. 40
direi.
S. E se ho 30 mentre solo 10 dovrei avere, devo restituire 20 o 10?
P. 20.
S. Come vedi, se davvero chi ha lo ha ingiustamente non basta che restituisca
una piccola parte, deve restituire quasi tutto. E se poi ciò che ha lo ha rubato ad altri deve restituire tutto. E questo non
vale solo per chi ha moltissimo, vale anche per chi ha abbastanza, o
non troppo poco, Vale per i ricconi come per il ceto medio, per chi è appena un po' benestante, per un
sacco di gente insomma. Chi ha ingiustamente deve restituire tutto
ciò che ingiustamente ha, quale che sia il suo reddito. Perché
allora vuoi una imposta del 10 o del 20 per cento, e solo per i ricconi? Dovresti chiederne
una del 90 o del 100 per cento, estesa a moltissimi, se fossi coerente e prendessi sul serio ciò che dici!
P. Basta! Mi
fai venire il mal di testa!
S. Mi spiace molto. Possiamo ancora
approfondire il discorso, se vuoi.
P. Non ne posso più Socrate!
Sei un sofista! Ho un terribile mal di testa! Me ne vado!
S.
Resta nobile amico!
P. Meglio di no.
Bello, ma troppo lungo. Potevi ridurlo....
RispondiEliminaEffettivamente...
Eliminami ricorda un po' il dialogo di Socrate e il vivaista...... non mi pare l'avessi scritto tu, malo stile è quello.
RispondiEliminabrano meraviglioso davvero, devo però ritrovarlo nei meandri della rete