Piero Sansonetti afferma, in un articolo pubblicato su "Il riformista", che la vita è un valore assoluto, che viene prima
di tutti gli altri. La vita è più importante della liberà,
dell’indipendenza, dell’uguaglianza. Prima viene la vita, dopo il
resto.
Cosa significa tutto questo?
Può significare una
cosa che è paradossalmente banale ed insieme profonda: per essere
liberi occorre essere vivi. E può anche significare che il rispetto
della vita umana è un imperativo etico fondamentale: nessuno deve
attentare alla altrui vita. Non si può ovviamente che essere
d’accordo con questo. Ma non di questo si tratta.
Innanzitutto
occorre porsi la domanda: cosa intendiamo per vita? Ha senso
contrapporre la vita alla libertà e ad altri fondamentali
valori?
Aristotele afferma, nell’etica nicomachea e altrove che
la vita è attività, continuo passaggio dalla potenza all’atto. La
vita è sviluppo delle doti umane fondamentali, si vive attualizzando
ciò che si è in potenza. La vita è tensione e, se è buona vita, acquisizione di
comportamenti virtuosi. Nella vita l’uomo si forma, diventa
realmente uomo. Bastano queste brevi considerazioni per capire quanto
sia errata la contrapposizione fra vita e libertà. Si è uomini
nella misura in cui lo si diventa, e questo diventare è
l’attualizzazione della libertà. La vita contrapposta alla libertà
è mera sopravvivenza. La domanda da farsi è allora: davvero la mera
sopravvivenza è un valore assoluto, da anteporre sempre, in tutte le
situazioni, a tutti gli altri? Quanti di noi accetterebbero senza
combattere di vivere in una cella di un metro per due? Oppure legati
ad un letto ed alimentati con delle flebo? Quanti accetterebbero
senza combattere, e rischiare di morire, di vivere in una società
come quella descritta da Orwel in “1984”? Non molti,
credo. Non a caso sempre nella storia gli esseri umani hanno ritenuto
che val la pena di combattere contro la riduzione della vita a mera
sopravvivenza, o a schiavitù, o ad oppressione sociale, nazionale o
etnico razziale. Piaccia o non piaccia a Sansonetti, da sempre gli
esseri umani hanno lottato per quei valori che lui ritiene
“secondari”, spesso hanno dato la vita per questi.
Sansonetti
in realtà non nega che si possa lottare per la libertà anche a
costo di sacrificare la vita. Dopo aver affermato che la vita è un
valore assoluto, cui tutti gli altri vanno subordinati, fa marcia
indietro e dice di ammirare quelli che si sacrificano per la libertà,
l’uguaglianza o altri valori. Questo però, continua, non deve
coinvolgere terze persone, i civili. Se Tizio ritiene che valga la
pena di rischiare la morte pur di essere libero, faccia pure, ma non
coinvolga gli altri, la popolazione civile. Questo invece fa la
guerra ed è questo ad essere inaccettabile. “Quando c’è una
guerra, e quando in questa guerra cadono migliaia e migliaia di
civili, non c’è una scelta da parte dei civili. Non sono loro che
si offrono in cambio della possibilità, talvolta remota, di
conquistare l’indipendenza, o la libertà”, afferma
Sansonetti.
Che pensiero profondo! Un certo paese, ad esempio,
la Russia, ne invade un altro, ad esempio, l’Ucraina, lo vuole
“denazificare”, deucrainizzare”, gli vuole imporre un governo
di suo gradimento, vuole stabilire quale lingua devono parlare i
suoi abitanti, quale devono essere al sua collocazione internazionale e
la sua politica estera. Ha questo paese il diritto di difendersi? In
teoria si, a condizione che i civili non siano in nessun caso
coinvolti. Se il paese aggressore spara e bombarda i civili il paese
aggredito deve arrendersi perché la difesa coinvolgerebbe i civili;
se non si arrende è l'aggredito ad essere responsabile dei crimini
che l’aggressore compie. Ragionando come Sansonetti qualsiasi
difesa, qualsiasi lotta per la libertà che coinvolga non i singoli
ma intere collettività diventerebbe impossibile, al contrario
qualsiasi prepotenza, qualsiasi pretesa di stati autocratici ed
aggressivi sarebbe immediatamente premiata. Lo stato A invade lo
stato B e minaccia di bombardare obiettivi civili. Subito lo stato B
deve arrendersi perché individualmente ognuno di noi ha il diritto
di difendersi, ma chi governa uno stato non può coinvolgere nella
sua difesa la popolazione di questo. La guerra come un incontro di
pugilato o una partita di calcio, al massimo un regolare duello
insomma… fantastico! Ragionando come Sansonetti si sarebbe dovuta
consegnare tutta l’Europa, magari tutto il mondo, ad Hitler perché
lottare contro il tiranno nazista avrebbe portato sicuramente alla
morte di molti civili.
Per inciso, ragionando come Sansonetti
la stessa difesa individuale diventerebbe impossibile. Passeggio per
strada e vedo un bruto che sta violentando una ragazza. Devo
intervenire? Il bruto potrebbe essere armato, se intervengo potrebbe
sparare ed uccidere un ignaro passante, potrebbe uccidere la ragazza
che invece se io non intervenissi se la “caverebbe” con lo stupo.
Meglio girarsi dall’altra parte.
Ma… lasciamo perdere gli
incisi riguardanti i casi individuali. Sansonetti sembra sicuro che
arrendersi ai prepotenti non provochi nessuna vittima civile. E se le
cose stessero diversamente? Se nel 1940 La Gran Bretagna avesse
accettato le proposte di “pace” di Hitler il tiranno nazista
sarebbe diventato l'incontrastato padrone dell’Europa continentale ed avrebbe
potuto, in tutta calma, senza che nessuno lo disturbasse,
massacrare milioni e milioni di ebrei. E, per venire alle cose di
oggi, cosa succederebbe agli ucraini se Putin vincesse a mani basse?
Non ci sarebbero vendette, fucilazioni, fosse comuni? Sansonetti non
sembra troppo preoccupato da simili eventualità. Forse non sa che in
tempo di “pace” sono avvenuti autentici genocidi, uno proprio in
Ucraina, si chiama Holodomor.
Infine,
è proprio sicuro Sansonetti che le popolazioni civili vogliano
sempre la resa? E’ proprio sicuro che “i civili” non tengano
alla libertà, all’indipendenza, alla democrazia? La popolazione
ucraina oggi vuole la pace ma non la resa. Non è Zelens’kyj che
obbliga gli ucraini a combattere, al contrario, questi con tutta
probabilità gli si rivolterebbero contro se lui accettasse la resa.
Gli inglesi non volevano la “pace” con Hitler nel 1940. Quando le
popolazioni civili vogliono davvero la resa (che è cosa ben diversa
dal soffrire per gli orrori di una guerra ed anche dal protestare
per l’incapacità, vera o presunta, dei governanti di condurla
efficacemente) di solito le guerre finiscono. Nessun governante può
obbligare alla lotta un popolo che ad immensa maggioranza non
vuole più battersi, non può farlo perché non esistono muraglie
cinesi fra civili ed esercito. I civili altro non sono che i genitori, le mogli, le fidanzate, i figli e le figlie dei militari, per questo, se è davvero diffuso, il desiderio di resa del popolo
coinvolge alla fine gli stessi combattenti. Il fronte occidentale
tedesco crollò letteralmente dopo il fallimento dell’offensiva
delle Ardenne, interi paesi si arresero senza combattere agli anglo
americani. I tedeschi si difesero invece fanaticamente sul fronte
orientale per un motivo molto semplice: temevano le rappresaglie dei
russi. L’esercito zarista si disfò completamente nell’autunno
del 1917, sappiamo cosa successe poi.
Ovviamente è dovere
assoluto dei governanti di un paese costretto alla guerra cercare di
tutelare al massimo la popolazione civile, ed evitare attacchi
indiscriminati contro la popolazione civile del paese nemico. Ma
questo dovere non va confuso con un presunto dovere di arrendersi.
Non esiste questo dovere. Esiste il dovere di rispettare la altrui
vita e libertà. Ed il diritto di difendersi da ingiuste
aggressioni.
Un’ultima considerazione. Sansonetti
conclude il suo articolo
affermando che la globalizzazione oggi rende possibile che ogni
negoziato si concluda positivamente, perché le dittature sono
destinate alla sconfitta dal potere della globalizzazione. Aspettino
qualche decennio gli ucraini e tutto si risolverà. Tralasciamo le
facili ironie. Partito da considerazioni etiche e di principio
Sansonetti termina con risibili considerazioni empiriche. Che la
globalizzazione porti alla irresistibile affermazione mondiale della
democrazia liberale era la tesi esposta poco dopo il crollo del comunismo da Francis Fukuyama in “la
fine della storia e l’ultimo uomo”. Una tesi che ha trovato negli ultimi decenni innumerevoli smentite, ovunque. L'ultima smentita a questa tesi, letteralmente demolita sul piano analitico da
Samuel Huntington ne “lo scontro delle civiltà”, ce la fornisce proprio la guerra in Ucraina. Gli ucraini rivendicano anche per se il
diritto universale delle nazioni all'auto determinazione, i russi intendono negar loro questo diritto. Né gli uni né gli altri prestano attenzione alcuna all'utopia, una distopia in realtà, di un mondo senza frontiere, enorme area grigia priva di stati e nazioni, culture e civiltà. Non val la pena di aggiungere altro.
In passato ho provato simpatie per
Sansonetti. Continuo a condividere le sue idee riguardo alla
giustizia, lo trovo una persona onesta. Ma che per puntellare la sua
teorizzazione del dovere di arrendersi faccia ricorso a tesi che
pochi ormai osano sostenere mi sembra davvero deprimente. Pazienza.
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