giovedì 7 novembre 2013

LA FALLACIA DELLA SOMMA ZERO




Nel suo bellissimo libro “del buon uso del pessimismo” il filosofo e polemista inglese Roger Scruton la chiama, “la fallacia della somma zero”. Di cosa si tratta? E' presto detto. Si tratta del diffusissimo pregiudizio secondo il quale l'attività sociale degli esseri umani sia un gioco a somma zero, una attività cioè in cui i guadagni dell'uno sono compensati dalle perdite dell'altro ed in cui non esistano accordi vantaggiosi per tutti. Secondo questo pregiudizio la radice dei successi di Tizio va cercata negli insuccessi di Caio, la ricchezza di Paolo deriva dalla povertà di Luigi, e così via.
Questo modo di ragionare si basa molto spesso sul tacito presupposto che la ricchezza sociale sia un dato immodificabile, una sorta di forziere in cui è stato depositato un tesoro, e che sia compito “della politica” dividere “equamente” questo tesoro. Che la ricchezza vada prodotta e che occorra trovare gli strumenti per produrne di più, e a costi contenuti, non passa neppure per la testa dei teorici della somma zero. Per loro il vero problema è sempre la distribuzione, mai la produzione dei beni.
I media si fanno di continuo propagandisti della fallacia della somma zero. “Gli stati uniti rappresentano il 5% della popolazione mondiale, ma consumano il 30% della ricchezza mondiale”, a parte le cifre che ho buttato lì a casaccio, quante volte non ci siamo sentiti ripetere questa tiritera da austeri commentatori televisivi? Come sono cattivi gli americani! Il 5% della popolazione mondiale che consuma il 30% della ricchezza... che ingiustizia, che orribile iniquità! Pieni di sacra indignazioni tendiamo a non ricordare che negli Usa si produce il (buttiamo li una cifra) 40% della ricchezza mondiale... chi si indigna dimentica che la ricchezza non è un generoso regalo della natura, che occorre produrla prima di poterla consumare.
 

La stessa filosofia è alla base dell'approccio che molti hanno al problema dei “migranti”. In Africa c'è povertà, si dice, quindi è naturale che gli africani vengano da noi, dove invece (si dice) c'è ricchezza. Di nuovo , la ricchezza, la nostra stavolta, è considerata un dato quasi naturale, qualcosa che aspetta solo di essere consumato. A pochi viene in mente che se non si produce ricchezza in loco, in Africa nel nostro caso, le “migrazioni” avranno il solo effetto di rendere noi poveri come loro.
Una mentalità simile è ben presente nella Chiesa cattolica e nel pensiero del suo massimo rappresentante. Sua santità ama i poveri e chiede per loro lavoro, pane e dignità. Ma non si chiede mai quale sia il sistema socio economico che permette di produrlo, pane, e anche un po' di companatico, a costi contenuti, rendendo così i poveri un po' meno poveri. C'è quasi da sospettare che la scomparsa, o la diminuzione, della povertà lasci in chi ama i poveri un intollerabile senso di vuoto. 
E una mentalità simile è anche ben presente nella disastrata politica italiana. Anche qui, a parte gli slogan, a dominare è la mentalità della somma zero. La coperta è corta, dicono in tanti, e ci sono le “richieste dell'Europa” a renderla ancora più corta. Il problema allora diventa quello di distribuire i “sacrifici” in maniera “equa”. Ridurre globalmente la pressione fiscale non si può, quindi, eliminiamo una tassa, ma aumentiamone un'altra, detassiamo (di quattro spiccioli) il lavoro ma tocchiamo le “rendite finanziarie” (questo renderà ancora più caro il credito alle imprese, ma... chi se ne frega?).
Nella CGIL della signora Camusso ed in quel covo di dinosauri che è la sinistra PD una simile mentalità assume risvolti parossistici. Per creare posti di lavoro basta "investire" afferma convinta la signora Camusso. E, come reperire i fondi da investire? Semplice, tassando le "grandi ricchezze", cioè colpendo i potenziali investitori...
In ogni caso, il problema della produzione della ricchezza resta del tutto sullo sfondo. “Chi più ha più paghi”, lo slogan resta questo, triste e demagogico slogan, che nasconde il fatto che quando “chi più ha” avrà pagato tutto il pagabile non ci sarà più nulla da prendere, per nessuno.
E allora saremo tutti miserabili, ma felici.

4 commenti:

  1. Complimenti! Discorso semplice, chiaro, incontrovertibile, espresso in forma semplice, chiara, incontrovertibile.

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  2. Un discorso chiaro e concreto, che dovrebbe essere letto (e capito, ahimè) da chi ha una missione "etica" nel mondo; missioni "etiche" da cui discendono i massimi massacri a cui ha assistito l'umanità.
    Si dice che l'inferno sia lastricato di buone intenzioni; gli attivisti hanno ottime, ma stupide, intenzioni; intenzioni che cozzano con la logica, anche se, apparentemente, possano sembrare cose buone.
    La ricchezza, usavo dire, non scende dal cielo, bisogna sudare, impegnarsi per produrla; e tanta gente fa di tutto per impedirlo.
    Come dividere la torta ?
    Invece di sforzarsi di fare porzioni uguali, basterebbe produrne di più, e tutti ne avrebbero fette più grandi.
    L'Africa, per esempio, non è povera per colpa nostra, e non è rendendo poveri noi che gli Africani saranno più ricchi.
    Se volete che gli Africani stiano meglio, portate più progresso e più tecnologia in Africa.
    Secondo me

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  3. http://it.wikipedia.org/wiki/Popolazione_mondiale
    in questo lin k c'è una tabella, chiamata
    "Stima della popolazione mondiale nel tempo (in milioni)"
    da cui risulta che nel 1750 la popolazione africana era stimata sui 106 milioni, quella mondiale 791 milioni. Nel 2010 (ultimo anno di cui danno i dati) quella africana era quasi decuplicata, 1022 milioni, mentre quella mondiale era di quasi 7 miliardi.
    Ora, visto che la fame era molto più diffusa nel 1750 che ora, e i beni erano molto di meno, vorrei domandare a chi crede nel mito della distribuzione e dell'uguaglianza:
    1. a chi avrebbero rubato il cibo quegli 9 Africani ogni dieci, che trovano cibo, visto che in tutti gli altri continenti il cibo è aumentato ?
    2. a chi avrebbero rubato i beni, gli Africani, che ora ne hanno molti di più (oltre ad essere essi stessi dieci volte tanto rispetto al 1750) ?
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    eh già, perché se quello che ho in più, l'ho rubato a qualcuno, allora:
    3. chi sono i derubati ? dove sono ?
    4. dove era il cibo che ora verrebbee rubato, nel 1750, e dove erano i beni, che ora verrebbero rubati ?

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  4. Direi, Giovanni, che hai colto il punto centrale della questione.
    L'obiettivo stesso dell'etica sinistra, la distribuzione delle ricchezze, è un obiettivo che crea povertà, come è evidente dal confronto storico.
    Quindi, quella comunista,. è un'etica negativa, un'etica che crea il male, non il bene delle persone.
    Secondo me.

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