La catena inglese Marks & Spencer ha deciso di consentire ai commessi di fede islamica di rifiutarsi di maneggiare alcolici e carne di maiale. Così un cliente, dopo aver fatto la sua brava fila, potrebbe trovarsi di fronte ad un cassiere mussulmano che si rifiuta di “contaminarsi“ toccando una busta di prosciutto o una bottiglia di vino. Sarebbe costretto a rifare la coda presso un'altra cassa, sperando di non incappare in un nuovo commesso mussulmano. Domani i commessi in negozi di abbigliamento potrebbero rifiutarsi di toccare un indumento “peccaminoso” come una minigonna, e quelli che lavorano in una libreria potrebbero non voler toccare libri “blasfemi”. Certo, non consumare alcolici e carne di maiale è un diritto, come lo è consumarli, ed è un diritto anche rifiutarsi di toccarli. Però, se si lavora in un supermercato ci si deve rassegnare a rinunciare a tale diritto, se no si deve concedere al proprietario del super mercato il diritto (sacrosanto) di rifiutarsi di assumere chi rifiuti di toccare certe merci. Io ho diritto di non voler vedere una donna seminuda, ma se lavoro in un night club devo rinunciare ad un simile diritto, elementare no?
Si tratta di considerazioni di semplice buon senso, ovvie, banali. Però gli occidentali politicamente corretti non ci arrivano. Per loro ogni “diritto” reclamato dai mussulmani diventa subito qualcosa di sacro, una rivendicazione di libertà da accogliere senza fiatare, e chi non la accoglie è ovviamente, “razzista” e “xenofobo”.
Gli occidentali malati di politicamente corretto pretendono a volte di essere liberali, mascherano i loro belanti cedimenti al fondamentalismo con chiacchiere sui “diritti a professare la propria fede”, e non si accorgono che i diritti di un cittadino vengono meno quando ledono quelli di un altro. Io posso ben dire che vedere Tizio, addirittura sapere che egli vive, mi offende, costituisce per me un intollerabile insulto, cosa mi si può rispondere? Solo che devo rassegnarmi a subire simili “insulti” perché Tizio ha diritto di vivere, di uscire di casa, ed anche di entrare nel mio campo visivo, e che la tutela di questo suo diritto primario vale più di quella della mia suscettibilità, punto e basta.
Questi fatterelli, questo continuo stillicidio di pretese assurde e di cedimenti vigliacchi mettono molto bene in risalto una cosa: ad essere in gioco nel rapporto con l'Islam non è questa o quella politica, è il nostro modo di essere, meglio, il nostro essere, la nostra identità. Il fondamentalismo ci odia non per ciò ciò che facciamo, ma per ciò che siamo. Hanno cominciato col pretendere che nelle mense aziendali e scolastiche non si servissero certi cibi (e se a noi questi cibi piacciono? Siamo noi che dobbiamo adeguarci alle abitudini alimentari di chi ospitiamo?); poi hanno preteso che immagini e simboli religiosi scomparissero da scuole e uffici pubblici; ora pretendono di non dover maneggiare certe merci “peccaminose” (però se non li assumi per la loro fede strillano: “razzisti”!); fra un po strilleranno che si sentono “offesi” per il solo fatto che noi, testardamente, rifiutiamo di convertirci alla loro vera fede, e di certo ci saranno molti imbecilli politicamente corretti che beleranno: “beh, hanno ragione, il fatto che noi non adoriamo il loro Dio li offende..."
Non mi stancherò mai di ripeterlo. Il vero pericolo non sono i fanatici fondamentalisti, sono gli occidentali imbecilli e pervasi di angelica, ideologica e malvagia bontà.
Da quando i muslim sono così schifettosi?
RispondiEliminaD'accordo che detesto la loro cultura, il loro non integrarsi e la loro tendenza a prevaricare sugli altri, ma una volta erano capaci di accettare anche cibo non 'halal' per esempio.
una trentina di anni fa un marocchino che vendeva tappeti, si era trovato in una zona priva di ristoranti, così ha bussato alla porta di mio nonno e gli ha chiesto se aveva qualcosa da mangiare, dicendo che gli bastava che non gli si desse carne di maiale. Ha accettato senza far complimenti un panino farcito di bresaola, anche se per ovvie ragioni culturali, le nostre mucche non sono macellate secondo il cosidetto metodo 'halal'. Non si preoccupavano neanche di 'non toccare'. Sapevano che la terra su cui camminavano non era musulmana, e che i nostri usi e costumi erano ben diversi dai loro.
Oggi invece, se le bestie non sono macellate secondo un preciso rito, se l'imam non santifica il loro cibo, questi si lasciano morire di fame, o ancor più probabilmente, cominciano a fare le vittime e a piangere un 'razzismo' (come se l'islam fosse una razza).