Detesto il fanatismo,la faziosità e le mode pseudo culturali. Amo la ragionevolezza, il buon senso e la vera profondità di pensiero.
venerdì 24 maggio 2013
LA AUTONOMIA DELLA MAGISTRATURA ALL'ITALIANA
Ne parlano tutti i forcaioli, e tutti la difendono a spada tratta, Mi riferisco alla autonomia della magistratura. E' diventata la bandiera della sinistra italica, di tutta la sinistra italica, compresi i rottami del comunismo staliniano. La invoca una campionessa del garantismo come Rosy Bindi e se ne riempiono la bocca anche gli amici di Chavez e Fidel Castro. Si atteggiano a difensori della autonomia della magistratura anche coloro che guardano con simpatia ad un paese come la Corea del Nord, dove di certo la magistratura gode di ampia autonomia. Sono diventati tutti liberali, c'è da esserne soddisfatti.
E' molto importante la autonomia della magistratura, ma, cosa si intende con precisione con questo termine?
Semplicemente che il giudice non po' subire pressioni che lo condizionino nella sua funzione di giudice. Un giudice non può subire imposizioni che lo spingano a condannare, o ad assolvere, Tizio, nessuno lo può trasferire per impedirgli di giudicare Caio, né può rischiare di vedersi ridurre lo stipendio se persegue Sempronio.
In Italia però la autonomia della magistratura è stata intesa in maniera diversa, estensiva ed inaccettabile. Non ci si è limitati a salvaguardare il giudice nelle sue funzioni di giudice, si è preteso che tutti i magistrati, e non solo i giudici, fossero messi al riparo di ogni tipo di condizionamento, diretto o indiretto, reale o potenziale, riguardante pressoché la totalità della loro esistenza.
Negli stati uniti i giudici, come si sa, sono elettivi. Nessuno può imporre ad un giudice americano di comportarsi in un certo modo nel corso di un processo, nessuno lo può trasferire per impedirgli di giudicare Tizio o Caio; però al termine del mandato il giudice è giudicato dagli elettori: egli è autonomo ma non irresponsabile. Non mi interessa ora discutere sui pregi e i difetti di un simile sistema, è però interessante esaminare il tipo di obiezione che ad esso oppongono molti sostenitori della autonomia della magistratura all'italiana. Il sistema americano, dicono, non garantisce la autonomia della magistratura perché per un giudice il solo fatto di dover rendere conto agli elettori costituisce comunque un condizionamento. Per i sostenitori italiani della autonomia della magistratura questa si configura come una sorta di totale assenza di limiti di ogni tipo all'operato dei magistrati. Questi dovrebbero vivere in una sorta di campana di vetro, sottratti alle pressioni ed ai condizionamenti che sono inevitabilmente legati al solo fatto di vivere in società.
Nelle democrazie liberali ogni potere dello stato è limitato da altri poteri, o da qualcuno che non fa parte di quel potere. I parlamentari, ad esempio, sono giudicati dagli elettori, il governo è controllato dal parlamento. La magistratura no. Sottoporre i magistrati a qualsiasi tipo di controllo ad essi esterno vorrebbe dire lederne l'autonomia.
Le carriere dei magistrati in Italia sono di fatto automatiche, basta lo scorrere del tempo per salire nella scala gerarchica; se le promozioni fossero legate ad esami o concorsi questi lederebbe la autonomia della magistratura.
Tutti, anche in Italia, sono civilmente responsabili per i propri errori, se commessi con dolo o colpa grave; i magistrati no: renderli civilmente responsabili vorrebbe dire lederne l'autonomia.
Nessuno decide da solo l'ammontare dei propri stipendi, i magistrati italiani invece possono far pressioni sul potere politico tali da avvicinarli molto ad una simile situazione. Se i loro stipendi non fossero soddisfacenti la loro autonomia sarebbe a rischio, visto che chi non guadagna abbastanza è facilmente ricattabile, si dice.
Chiunque lavori deve rispettare certi criteri di efficienza e produttività e risponderne ad altri. I magistrati italiani ne rispondono solo a persone che essi stessi hanno eletto. Il controllato di oggi può benissimo diventare il controllore di domani. Se le cose cambiassero sarebbe in pericolo la autonomia della magistratura.
Insomma, la magistratura italiana è un corpo separato, sottratto ad ogni tipo di limite e controllo, autoreferenziale, responsabile solo di fronte a se stesso. Non di autonomia si dovrebbe parlare ma di separatezza della magistratura.
Nulla però è tanto pericoloso per la democrazia come i corpi separati. Per rendersene conto basta fare un semplicissimo esperimento mentale. Poniamo che nella stragrande maggioranza i magistrati siano contrari ad una certa legge e non la applichino nei casi concreti. Non è una ipotesi molto fantasiosa: qualcosa di simile è avvenuto con la legge che istituiva il reato di immigrazione clandestina, di fatto quasi mai applicata. Chi può obbligare i magistrati ad applicare questa legge a loro invisa? Nessuno. I magistrati sono sottoposti al controllo, anche disciplinare, del consiglio superiore della magistratura, ma questo è per due terzi eletto dai magistrati stessi, quindi...
La sostanziale separatezza della magistratura italiana conduce così ad situazione paradossale: invocata per tutelare al meglio la separazione dei poteri questa separatezza nei fatti distrugge precisamente questa separazione. I magistrati di fatto possono rendere inefficace ogni legge, e questo anche a prescindere dai pesantissimi interventi degli stessi nella discussione che precede la approvazione di certe leggi. In Italia si assiste spesso allo spettacolo di magistrati che scendono in sciopero contro la approvazione di determinate leggi che è loro dovere fare applicare, qualcosa di unico, credo, in occidente.
Ma, anche a prescindere da queste considerazioni, resta il fatto fondamentale che un corpo separato è sempre, in quanto tale, un pericolo per la democrazia. Molti applaudono alla auronomia della magistratura all'italiana. In questo modo i magistrati possono proteggere meglio i cittadini, dicono, li possono proteggere senza dover subire pressioni o condizionamenti di alcun tipo. Ammettiamolo pure, ma... chi protegge i cittadini dai magistrati? E' un problema di importanza fondamentale, di cui non a caso i forcaioli ed i rottami del comunismo staliniano neppure riescono a capire l'importanza. Nessuno è perfettamente virtuoso: i controllori devono a loro volta essere controllati, chi ci difende può benissimo trasformarsi in un oppressore, per questo il suo potere deve essere limitato.
Una autonomia totale, assoluta, dei magistrati, una autonomia che diventi nei fatti separatezza, non è un fattore di democrazia, al contrario, può trasformarsi in qualcosa di profondamente, pericolosamente illiberale ed antidemocratico. Il vero problema della magistratura italiana non sono solo i magistrati politicizzati. Questi esistono, è vero, e fanno molto danno, ma esistono anche nel nostro paese molti ottimi magistrati che fanno con scrupolo e coscienza il loro lavoro: ne è prova se non altro il fatto che la gran maggioranza delle montature giustizialiste finiscono nel nulla. Il problema principale è l'organizzazione complessiva della giustizia in Italia, che sembra fatta apposta per permettere ai peggiori, ai faziosi di emergere e di fare gran danno.
Alexis de Tocqueville ebbe a dire che la peggiore delle dittature è quella dei giudici. Come si sa il Tocqueville era un liberale moderato, una persona che amava profondamente la legalità e non aveva certo alcun motivo di rancore verso chi amministrava ai sui tempi la giustizia. Oggi però chi facesse una simile affermazione rischierebbe una incriminazione per oltraggio alla magistratura, e sarebbe di certo sepolto dalle proteste di garantisti alla Rosy Biondi o alla Marco Travaglio. Basta un simile, innocente fatterello a dimostrare quanto sia grave la situazione della giustizia in Italia.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento