mercoledì 1 maggio 2013

L'ODIO

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Ne siamo circondati. Lo so trova ovunque, denso, appiccicaticcio, è l'odio. L'odio politico, meglio, collettivo. L'odio rivolto contro impalpabili soggetti collettivi: “la politica”, “i magnati della finanza”, “i padroni”, “le multinazionali”; oppure rivolto contro i singoli ridotti a personificazioni, incarnazioni di questi soggetti collettivi. E' da venti anni che cresce, l'odio, nel nostro paese ed ora sta superando i livelli di guardia. Potremmo esserne travolti, tutti.



Quello che porta ad odiare gli altri esseri umani è un processo nel corso del quale si elimina, gradualmente, tutto ciò che in qualche modo ci accomuna a loro.
Due
rivali politici sono divisi su molte cose, litigano spesso, ma hanno, anche a livello politico, qualcosa che li unisce. Entrambi si riconoscono in alcuni valori fondamentali, entrambi amano il loro paese, sono rivali, appunto, non nemici. Diventano nemici politici quando non esiste più nulla in comune fra loro, quando le idee, gli interessi, i valori che ognuno dei due propugna escludono quelli dell'altro, totalmente, senza possibilità di mediazione alcuna. E l'inimicizia politica diventa inimicizia tout court quando l'estraneità fra i due investe anche i sentimenti umani, elimina quel senso di comune appartenenza al genere umano che fa si che ognuno di noi si senta in dovere di rispettare i suoi simili. Il processo che dalla rivalità porta alla assoluta inimicizia estranea totalmente, al suo culmine, gli esseri umani l'uno dall'altro, trasforma l'altro in assolutamente altro, alieno.
Gli esseri umani sono tutti diversi, non possono mai integrarsi interamente fra loro, lo impedisce il peso insopprimibile della loro individualità. Ma possono riconoscersi come diversi perché qualcosa li unisce, perché sono simili, pur nella diversità. Il filosofo lituano Emmanuel Levinas, trattando il tema del “volto dell'altro”, ricorda la difficoltà di uccidere un essere umano dopo averlo guardato in faccia. E' abbastanza facile uccidere migliaia, decine di migliaia, di persone premendo un bottone, è più difficile ucciderne alcune decine in battaglia, diventa difficilissimo, impossibile per alcuni, uccidere
un solo essere umano guardandolo negli occhi, sentendolo implorare di aver salva la vita. Anche quando manchi ogni condivisione con l'altro, anche quando lo si consideri un nemico da distruggere, resta l'umana pietà, quel sentimento che ci spinge a provar compassione anche del peggiore dei criminali se lo vediamo mentre si avvia al patibolo. Possiamo  essere convinti che quel criminale meriti la pena che lo attende, eppure abbiamo un istintivo moto di pietà nei suoi confronti, comunque lo spettacolo della sua morte ci fa star male, ci riempie d'angoscia. E forse questa angoscia deriva dal fatto che siamo in grado di metterci mentalmente al suo posto. Riusciamo a metterci mentalmente al suo posto, quindi non lo consideriamo totalmente altro, sentiamo che condividiamo qualcosa con lui, e per quanto lo possiamo detestare, riusciamo a provare per lui pena, e compassione. E' il peggiore degli uomini ma è un uomo, malgrado tutto.

L'odio, l'odio assoluto, distrugge anche questo estremo senso di umanità condivisa. Chi odia totalmente, assolutamente, elimina tutto ciò che in qualche modo lo unisce alla persona odiata. Idee, interessi, valori, sentimenti, riconoscimento di una comune umanità, tutto scompare. Resta solo lui, l'alieno oggetto del mio odio implacabile. Di lui non dico: “sarà il peggiore degli uomini ma è un uomo, malgrado tutto”, no, lui non è più un uomo, e non è neppure un essere che in qualche modo possa ispirare in me sentimenti benevoli di alcun tipo, e neppure posso essere indifferente nei suoi confronti, non posso neppure rapportarmi a lui mettendo al primo posto considerazioni di tipo economico: “potrei sfruttarlo, mi può essere utile”. Si, lo posso sfruttare, e lo farò, ma la sua vista, il semplice pensiero che un simile essere viva, mi ispirano rabbia e paura, indignazione e ribrezzo; prima o poi l'oggetto del mio odio deve morire.
Hitler paragonava gli ebrei a topi di fogna, li definiva “sifilide del genere umano”. Pare che anche alcuni membri delle SS provassero, all'inizio, un senso di istintiva ripugnanza a fucilare bambini ebrei; la propaganda nazista puntò, per eliminare questi spiacevoli sentimenti, proprio sul tema della alterità totale dell'ebreo. L'ebreo, anche il bambino ebreo, era l'assoluto alieno, da uccidere senza provare alcun sentimento di pietà, né di vergogna.
Lenin e Stalin preferivano gli insetti ai topi. I “nemici di classe”, i kulaki, i contadini indipendenti, i borghesi, gli operai non bolscevichi, o i bolscevichi dissidenti, erano insetti velenosi, bestie immonde che infettavano la ridente patria del socialismo. Andavano eliminati senza pietà alcuna. Anche loro, come gli ebrei, non facevano parte del genere umano, non c'era nulla in comune fra loro ed i “buoni bolscevichi”. Gli insetti velenosi vanno eliminati, punto e basta.

Si arriva a questa totale disumanizzazione di colui che si odia perché lo si spoglia delle sue caratteristiche umane. L'oggetto dell'odio non è più un essere umano, con le sue umane caratteristiche. Non ha più una storia personale, affetti, desideri, amicizie. Colui che era un essere umano diventa la personificazione di un soggetto collettivo metafisico. Tizio cessa di essere Tizio e diventa “il padrone”, “l'ebreo”, il “politico”, un essere umano disincarnato, rappresentazione vivente di una astrazione ideologica.
Ma non si possono odiare le astrazioni ideologiche. Si odiano gli esseri umani in carne ed ossa, non “il sistema” o “la politica”, e gli esseri umani devono avere delle caratteristiche, qualcosa di concreto contro cui l'odio possa essere indirizzato. Così, lo stesso processo che spoglia le persone delle loro caratteristiche specifiche, trasformandole in pallide incarnazioni di soggetti collettivi, gliele restituisce in qualche modo, queste caratteristiche, ma gliele restituisce completamente deformate, irriconoscibili.
Silvio Berlusconi, tanto per non fare nomi, è un uomo non molto alto, ama essere sempre al centro della scena, cerca continuamente di apparire simpatico e spiritoso, e a qualcuno è pure simpatico, racconta barzellette che possono o non possono piacere, soprattutto, ama abbastanza le donne, specie se giovani e belle. Tutte queste caratteristiche non trasformerebbero nessun normale essere umano in un mostro, ad alcuni piacerebbero, ad altri piacerebbero meno, tutto qui. Ma Silvio Berlusconi non è un normale essere umano, è la personificazione di quanto esiste di più spregevole nel capitalismo. E' un imprenditore che ha fatto soldi vendendo agli esseri umani svago ed evasione, è il capitalismo comunicativo in forma umana, o disumana. Questo cambia le sue caratteristiche concrete, le rende ripugnanti. La sua bassa statura lo trasforma in “psiconano”, la sua voglia di essere sempre al centro della scena lo fa diventare un megalomane che vuole umiliare gli altri, le sue barzellette diventano osceni tentativi di nascondere, dietro ad un manto di simpatia, la sua malvagità. Il suo amore per le belle donne diventa perversione sessuale, disprezzo per l'altro sesso, latente pedofilia. L'odio ideologico prima toglie ai concreti esseri umani le loro caratteristiche specifiche, li trasforma in rappresentazioni di una astrazione ideologica, poi li trasforma in mostri rendendo loro queste caratteristiche ideologicamente deformate. Ed è facile odiare i mostri, facile e bello, addirittura.
L'odio di cui stiamo parlando è un odio ideologico, un odio che riduce gli esseri umani a stereotipi del maligno e che, proprio per questo, li rende alieni, ne fa insetti velenosi o topi da fogna, enti che si può solo odiare, con tutte le forze. E precisamente perché ideologico un simile odio può combinarsi con il più nobile e disinteressato amore.
Si odiano le incarnazioni del male, gli stereotipi del maligno, perché si amano gli uomini, li si vuole rendere felici, e nulla li può rendere tanto felici quanto l'eliminazione del male, e delle sue incarnazioni. Ma, esattamente come l'odio che lo accompagna, anche questo amore è profondamente ideologico. Non si amano gli esseri umani concreti, gli uomini e le donne così come sono, con tutti i loro umanissimi pregi e difetti. Si ama, di nuovo, una astrazione ideologica; non si amano Tizio e Caio, Laura e Maria, si ama l'”uomo” o la “donna”, meglio ancora, si ama l'”umanità”. Una umanità formata da esseri disincarnati, da persone che sono la pura personificazione del bene, di un bene quanto mai astratto e lontano dalla vita delle persone vere. Si ama un “uomo” privo di passioni, sentimenti, pulsioni, desideri. Si ama una “ragione” che ha perso ogni contatto col mondo concreto, con i dati dell'esperienza sensibile, si lotta per una “felicità” universale che in realtà non rende felice nessuno e rende invece concretamente infelici un numero sterminato di persone.
L'odio ti ama, da morire.

In Italia l'odio ideologico cresce, da venti anni. Prima era un odio concentrato contro una persona, autentica rappresentazione sensibile del male. Poi questo odio si è allargato, ha investito uno schieramento, una parte politica. Questa stessa parte in alcune occasioni ha ricambiato l'odio con altro odio, come è naturale, ma non bello, che avvenga- Occorre dire, per amor del vero, che l'odio del popolo di centro destra nei confronti di quello di centro sinistra è stato meno intenso e pervasivo del suo contrario, ne è prova se non altro il diverso atteggiamento di questi due popoli nei confronti del governo di larghe intese che il paese si è finalmente dato. Questo primo, timido, passo verso la pacificazione è stato accolto con soddisfazione dalla gran maggioranza dei militanti e degli elettori del centro destra, ha invece precipitato nello sconforto moltissimi militanti, e probabilmente molti elettori, del centro sinistra. La cosa è comprensibile, in fondo. Non è facile allearsi con chi è stato presentato per venti anni come la personificazione del maligno.
E ora, si, proprio ora avanza una novità, un nuovo tipo di odio ancora più pervasivo. Centro destra e centro sinistra si sono odiati, in misura diversa, per venti anni, ora entrambi stanno diventando oggetto di un nuovo odio rivolto contro tutti, contro una nuova astrazione metafisica: la “politica”.
Tizio è “un politico” quindi è, per definizione, un ladro, un disonesto, un profittatore. Tutti i mali del mondo derivano dalla politica; anche coloro che devono, in fondo, un po' di riconoscenza ai politici arraffoni e profittatori, coloro che sono stati spediti in pensione a 45 anni, o che sono stati assunti in enti fantasma e pagati per far nulla, anche questi sono “vittime” dei “nuovi mostri”, povere vittime dei politici disonesti, cioè di tutti i politici meno un gruppo di nobili e disinteressati idealisti che seguono il verbo di un comico genovese.

Proprio in questi giorni si sono lette in rete cose francamente oscene sulla sparatoria di Roma. “Se Luigi Preiti avesse colpito un politico tutti lo avrebbero applaudito” fanno affermato in molti, senza neppure rendersi conto della inaudita gravità delle loro affermazioni. Sono in tanti, troppi, a non capire che con l'odio, specie con l'odio ideologico, non si scherza. Se, in nome dell'odio, si comincia a giustificare le pistolettate ci si mette in una strada che può portare ovunque. E' bene non scordarsene, mai.

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