La sinistra no border, i teorici di un mondo privo di confini e
polizie di frontiera hanno stranamente un atteggiamento negativo nei
confronti di uno specifico caso di migrazione di massa. Quello che ha
dato vita, nel 1948 allo stato di Israele.
Nella storia i
fenomeni di migrazione di massa hanno avuto esiti diversi:
catastrofici in alcuni casi, progressivi in altri, quasi sempre
tuttavia i nuovi venuti hanno commesso atti di violenza e
sopraffazione nei confronti delle popolazioni locali. Da questo punto
di vista la migrazione degli ebrei in medio oriente presenta
particolarità uniche, di cui stranamente i no border di oggi sembra
non si vogliano proprio rendere conto.
Gli i migranti
ebrei raggiungevano una terra che era stata loro ed in cui era da
sempre presente una comunità ebraica, sia pure
minoritaria.
Sbarcavano in un territorio in larga parte
desertico, privo di ricchezze naturali, in cui non esisteva e per un
paio di millenni non era mai esistito alcuno stato, meno che mai uno
stato nazionale.
Non esisteva neppure un movimento nazionalista
che reclamasse la costruzione su quella terra di uno stato
palestinese. La organizzazione per la liberazione della Palestina
nasce nel 1964, ben 16 ani dopo la fondazione dello stato di Israele.
Quando iniziarono le migrazioni di ebrei nessuno pensava alla
costruzione di uno stato palestinese.
I migranti ebrei non
rubarono nulla a nessuno. Nessuno venne espropriato, nessuno cacciato
a forza dalla sua terra, nessuno rinchiuso in “riserve”. I nuovi
venuti ebrei COMPRARONO le terre in cui si insediarono.
Gli
ebrei non cercarono di imporre ai locali la loro cultura. Chiesero ed
offrirono collaborazione, si dissero disposti a mettere a
disposizione dei locali le loro notevolissime conoscenze tecniche e
scientifiche.
I migranti ebrei non cercarono di imporre a
nessuno la loro fede, non chiesero abiure, non imposero conversioni
forzate.
Diedero vita ad uno stato in cui tutte le fondamentali
libertà sono riconosciute e tutelate. Gli arabi israeliani sono
rappresentati in parlamento, votano loro partiti, nessuno attenta
alla loro libertà religiosa. Israele non supera le dimensioni della
Lombardia. Eppure ci sono in esso più di 200 moschee. Quante
sinagoghe ci sono a Gaza? O in Iran? O in Siria?
Israele è
l’unico stato nato in seguito alla decisione di un organismo che
tutela, bene o male, spesso più male che bene, il diritto
internazionale. Un caso unico nella storia.
Infine, cosa di
enorme importanza, la creazione dello stato di Israele ha dato una
patria ed offerto protezione al popolo più perseguitato della
storia, reduce da un genocidio di proporzioni immani che è stato
tuttavia solo l’ultimo di una serie di atti di feroce violenze
perpetrati ai suoi danni.
I no border, quelli che
detestano frontiere e confini, dovrebbero guardare con benevolenza al
processo migratorio che ha dato vita allo stato di Israele,
dovrebbero sottolineare le circostanze abbastanza eccezionali della
sua nascita. Invece no. Israele è nato da una migrazione quindi
(QUINDI!!!) non ha diritto di esistere. La sua sola esistenza
costituisce una prevaricazione nei confronti dei palestinesi. In
realtà nel 1948 nessuno parlava di palestinesi, lo scontro fu fra
Israele e stati arabi. In realtà oggi un palestinese che abbia
simpatie per la cultura occidentale, o che sia omosessuale, o una
donna palestinese godono di molta più libertà in Israele che a
Gaza, ma questi per gli attuali no border sono solo “dettagli”.
Loro sono per i palestinesi, sempre e comunque, non perdonano ad
Israele il delitto di essere nato.
Come mai una cosa tanto
strana? Semplice. Israele è uno stato occidentale, i suoi nemici
sono occidentali che odiano l’occidente. Collocati a sinistra come
a destra sono dei malati di ideologia. Pronti a sostenere oggi
qualsiasi flusso migratorio, incuranti delle conseguenze
catastrofiche che questo può avere, non perdonano le migrazioni di
70, 80 o 100 anni fa, che videro spesso protagonisti gli scampati ai
campi di sterminio nazisti.
L’ideologia è davvero una
malattia, molto grave.
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