venerdì 3 marzo 2023

LA SCELTA

Vediamo un po’.
Nel naufragio di Lampedusa, nel 2013, perirono 368 migranti. Il presidente del consiglio nel 2013 era Enrico Letta. Ministro dell’interno Angelino Alfano.
Nel 1997 l’Italia cercò di bloccare il flusso di profughi proveniente dall’Albania con un blocco navale. Ci fu una collisione fra una imbarcazione albanese carica di migranti ed una nave militare italiana. Morirono 81 persone. Nel 1997 il presidente del consiglio era Romano Prodi, il ministro degli interni Giorgio Napolitano.
Non mi pare che in nessuno di questi due tragici episodi qualcuno abbia chiesto le dimissioni del ministro dell’interno o del capo del governo. Se non sbaglio non ci fu neppure alcun intervento della magistratura.
Tanto basta direi per chiarire fino a che punto sia ipocrita l’attuale tentativo delle opposizioni di sfruttare l’ultimo, tragico naufragio a fini politici.
Questi però sono, in fondo, semplici dettagli. Il punto fondamentale è un altro.
Fermo restando che se una imbarcazione è in difficoltà va soccorsa e che sulla adeguatezza dei soccorsi nell’ultimo tragico naufragio indagherà chi di dovere, fermo restando tutto questo occorre chiedersi: in che modo possono essere evitate o quanto meno fortemente ridotte le stragi del mare?
E’ inutile girarci attorno: non c’è politica dei soccorsi che tenga, se continua il flusso continuo di partenze i naufragi sono destinati a ripetersi. . Per evitare questi drammi ci sono solo due soluzioni.
La prima è: ridurre drasticamente le partenze. Bloccare nei porti di partenza i flussi di migranti e soccorrere le poche imbarcazioni che, malgrado tutto, riescono a prendere il mare.
Se non si accetta questa soluzione non resta che una strada: instaurare un autentico servizio di navi traghetto per migranti. Si prendono una o più navi, magari un paio di traghetti che normalmente collegano Genova alla Sardegna e le si manda nei porti nord africani o turchi o medio orientali. Caricano un buon numero di migranti e li portano in Italia, senza passaporti, senza documenti, senza visti, autorizzazioni, contratti di lavoro e quant’altro: la legalizzazione della immigrazione clandestina.
E’ fin troppo chiaro che questa seconda soluzione porterebbe in breve tempo il paese al collasso economico, sociale e politico, anzi, lo trasformerebbe da subito in un non-paese. Si, non-paese perché un paese esiste se ha dei confini e se il suo governo ha il diritto di stabilire chi può e chi non può, e con che modalità, attraversare i propri confini. Se uno stato non ha confini cessa di essere uno stato, diventa terra di nessuno. Se l’Italia è di chi ne calpesta il suolo l’Italia non esiste più. Se il governo italiano non ha il diritto di stabilire le sue politiche migratorie non esiste un governo italiano, quale che sia il suo colore politico.
Quindi, si decidano i teorici dell’immigrazionismo senza limiti e controlli. La smettano di barare sul “restiamo umani”. Certo, occorre restare umani, occorre soccorrere i disperati, ma, in che modo si resta umani? Diventando terra di nessuno o quanto meno riducendo flussi migratori incontrollati e chiaramente gestiti da organizzazioni criminali? Cooperando con i paesi di partenza per agevolarne lo sviluppo economico o diventando complici di chi li priva di forza lavoro potenzialmente indispensabile per tale sviluppo? Favorendo i flussi legali o quelli illegali di immigrazione?
Tutto qui. La scelta a chi di dovere.

 

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