venerdì 5 aprile 2013

BERSANI E VYSCINSKIJ



Al centro: Vyscinskij.


Andreij Januar'evic Vyscinskij fu un leader bolscevico dal 1903 al 1953, anno della sua morte. E' ricordato soprattutto perchè sostenne, come procuratore generale, la pubblica accusa ai processi di Mosca. Una ben sinistra fama.
Tra il 1936 ed il 1938 si svolgono a Mosca numerosi processi contro la vecchia guardia bolscevica. Zinov'ev, Kamenv, Radek, Pjatakov, Bucharin e tantissimi altri sono accusati di essere traditori, terroristi, sabotatori, spie al soldo di Hitler e dell'imperialismo. Sono loro i responsabili di tutte le difficoltà che affliggono la “patria del socialismo”, stremata dai piani quinquennali e dalla collettivizzazione forzata dell'agricoltura. I processi si concluderanno con numerosissime sentenze di morte, eseguite pochi giorni, a volte entro 24 ore, dopo la sentenza. Quasi tutti i leader più conosciuti della vecchia guardia bolscevica finiranno davanti al plotone d'esecuzione.
Fa eccezione Trotskyj, momentaneamente al sicuro all'estero. Ci penserà il piccone di un sicario a sistemare i conti con lui.
Nei processi non viene esibita alcuna prova materiale, non ci sono testimonianze, nulla che possa in qualche modo venir controllato, magari da qualche giornalista straniero invitato ad assistere al dibattimento. Del resto non c'è bisogno di prove perché gli imputati sono inchiodati alle loro responsabilità dalla regina delle prove: la confessione.
Gli imputati infatti confessano tutto, senza reticenze. Si dichiarano colpevoli, si definiscono traditori, spie, terroristi. Ma fanno anche qualcosa di più.
Sempre, chi rinuncia a proclamarsi innocente, e confessa i propri crimini, invoca quanto meno delle circostanze attenuanti, o si dichiara pentito ed implora la corte di essere clemente. Anche i perseguitati dal tribunale della Santa Inquisizione, quando ritrattavano le loro teorie “eretiche”, chiedevano perdono ed invocavano pietà, e questo di solito li salvava dal rogo. Gli imputati dei processi di Mosca non fanno nulla di simile. Si dichiarano colpevoli e non
invocano circostanze attenuanti, non chiedono perdono, nè pregano la corte di essere clemente. No, affermano di meritare la morte, invocano per se stessi la massima punizione, si dichiarano irrecuperabili, vogliono essere uccisi. In tutta la storia precedente non si era mai vista una cosa simile.
Oggi sappiamo casa c'era dietro a quelle “confessioni”: torture, ricatti, pressioni psicologiche, forse la promessa di avere comunque salva la vita, non da ultimo il peso dell'ideologia. I “traditori” erano in realtà quadrati militanti comunisti a cui il partito chiedeva il sacrificio supremo: fatti condannare, accusati di fronte al mondo, per il bene del partito e della rivoluzione!
Storie vecchie, certo, ma forse è bene ricordarle, visto che in rete si possono trovare post in cui si afferma che i processi di Mosca furono perfettamente regolari e gli imputati godettero di tutte le garanzie (auguro a chi scrive simili idiozie di doverli subire, processi tanto “regolari”). Ed è bene ricordarli, questi eventi, perché qualcosa, nel comportamento degli attuali leaders del PD li richiama sinistramente alla memoria.

Cosa pretende oggi Bersani dal Pdl? Che si dimostri “responsabile” e aiuti in qualche modo la nascita di un “governo del cambiamento”. Attenzione, Bersani non vuole nessuna alleanza col Pdl, neppure limitata, a termine. Il Pdl è per lui “impresentabile”, non si può stringere alcun patto politico con un simile partito. L'atteggiamento di Bersani ad altri leader del PD conferma quanto detto. Quando parlano di “esigenze di rinnovamento” che "vengono dalla società", o di “richieste della gente” questi personaggi si riferiscono sempre e solo all'elettorato del PD e del movimento a 5 stelle. Gli altri, quel buon terzo degli italiani che hanno votato Pdl, non contano, loro  non sono "la gente", non fanno parte della "società"; le loro esigenze non valgono, non devono essere prese in considerazione.
Ed ancora, Bersani continua ad affermare che i primi problemi da risolvere sono il “conflitto di interessi” e l'ineleggibilità... ineleggibilità di chi? Chi lo sa? Insomma, Bersani mira a mettere il cavaliere nell'angolo, aiutato da magistrati molto imparziali come la Boccassini. Eppure... eppure chiede al Pdl di aiutarlo! Rifiuta la proposta del Pdl per un governissimo ma chiede comunque aiuto ai “berlusconiani”, insomma,
vuole che il Pdl in qualche modo appoggi un governo che mira a distruggerlo. Pretende comprensione da parte di un partito con cui qualsiasi accordo, qualsiasi forma di dialogo sui problemi del paese è dichiarata impossibile.
E' evidente l'analogia fra un simile atteggiamento e la logica dei processi di Mosca. Nei processi di Mosca gli imputati collaboravano con chi li stava mandando al patibolo, mostravano “comprensione” nei confronti dei loro boia. Durante i processi gli imputati non subivano violenza alcuna, quella aveva preceduto il dibattimento. Recitavano il loro ruolo, erano parte integrante del meccanismo che li avrebbe distrutti. Certo, si tratta di qualcosa di ben diverso da ciò che accade oggi in Italia: Bersani non è Vyscinskij. Eppure la pretesa che qualcuno debba “collaborare”, mostrarsi “responsabile” con chi ritiene che neppure si possa discutere con lui dimostra che la vecchia mentalità stalinista è ancora ben viva nella testa e nel cuore di molti esponenti del PD. Noi vi riteniamo "impresentabili, voi dovete in qualche modo sostenerci, noi diciamo che siete poco meno che dei malavitosi, voi dovete essere "responsabili" con noi.  E' questa mentalità l'ostacolo vero ad ogni processo di rinnovamento del paese.

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