Di certo i grillini, ed i forcaioli in genere, non lo sanno ma di “fanatismo morale” non parlano solo loro, o solo Giorgio Napolitano, o gli amici del "pregiudicato". Ne ha parlato anche un certo Immanuel Kant, uno che è abbastanza noto, non ai forcaioli, loro non perdono tempo con Kant, leggono Travaglio, per essere stato un severissimo rigorista morale.
Per Kant una persona morale dovrebbe comportarsi come se ogni sua azione potesse diventare una legge avente validità universale. Ciò che vale per me deve valere anche per gli altri, senza distinzioni, in ogni caso, in ogni situazione. Kant vuole che gli esseri morali e razionali si comportino non guardando il mondo dal loro punto di vista, ma dal punto di vista dell'uomo ingenerale, cosa che è possibile, a fatica, in alcune situazioni, non in tutte. Ed infatti Kant ammette tranquillamente che seguire l'imperativo etico è comunque difficile, e seguirlo sempre praticamente impossibile. Il fanatismo morale è, per Kant, precisamente la pretesa che si possa seguire l'imperativo morale di buon grado, senza sentirsi costretti nel farlo. Agire moralmente è difficile, doloroso perché l'imperativo reprime le esigenze dell'uomo in quanto essere sensibile, naturale, perché l'uomo è fatto, dice Kant, di un "legno storto da cui non si potrà mai cavare nulla di diritto".
Pretendere che tutti, senza eccezione, in ogni situazione, si comportino in maniera morale significa scordare il carattere costrittivo dell'imperativo morale, la sua sostanziale “innaturalità”. Chi pensa che tutti, in tutte le situazioni possano, magari con facilità, addirittura gioiosamente, uniformarsi all'imperativo categorico cade in pieno nel fanatismo morale, trasforma, a parole ovviamente, una conquista sempre incerta, mai definitiva, dolorosa, in uno stile di vita consolidato, accettato e praticato con leggerezza e letizia.
Non è il caso di affrontare in questa sede un discorso critico sulla morale kantiana. Nel blog "secondo Giovanni" c'è una pagina dedicata a questo argomento e a questa rimando chi fosse interessato. Quel che è certo è che coloro che strillano continuamente “morale”, “onestà” e si proclamano “fanatici della morale” non possono minimamente trovare appoggi nell'opera del grande moralista prussiano. Non li possono trovare soprattutto se si prendono la pena di analizzare il rapporto fra moralità e norma giuridica, etica ed azione dello stato (ma, pretendere che simili personaggi si addentrino in simili analisi è davvero una esagerazione) .
Per Kant la legge dello stato non deve contraddire i principi della morale, ma non si identifica con questa, meno che mai la fonda. Dal punto di vista del giudizio morale un uomo che desideri uccidere un suo simile e non lo faccia solo per paura della punizione è colpevole quanto un assassino, ma per la legge, giustamente, egli non è responsabile di nulla. L'etica si fonda su quanto di più privato, personale, sia possibile immaginare: il rapporto che ognuno di noi ha con la propria coscienza, con la voce intima che ci dice: “non devi fare questo, se lo fai sbagli”. Lo stato e l'ordinamento giuridico in tutto questo non c'entrano per niente, esattamente come non c'entrano con la cura che chi crede ha, deve avere, per la salvezza della propria anima.Il sistema delle leggi mira a garantire la civile convivenza fra gli esseri umani, non a rendere tutti virtuosi. In una società libera lo stato agevola i cittadini nel raggiungimento dei loro fini, non cerca di imporre a nessuno fini più “elevati” o “nobili”, meno che mai cerca di cambiare la natura umana, di raddrizzare il “legno storto dell'umanità”. Chi cerca di riplasmare gli uomini al fine di renderli moralmente elevati compie un'azione che è profondamente immorale: pretende per se un ruolo che nega agli altri, si pone su un piedistallo che lo differenzia dai comuni mortali: lui è il costruttore di una moralità nuova, gli altri sono creta da modellare, a suo piacimento. Questa asimmetria etica nega però il principio base di ogni normativa morale: l'universalità, l'obbligo che ognuno di noi ha di rispettare tutti i suoi simili. In morale non esistono posizioni privilegiate: nessuno ha il diritto di riplasmare gli altri, neppure al fine di renderli “virtuosi”, anzi, meno che mai a questo fine. Ogni persona ha il diritto ed il dovere di rendersi virtuosa con le sue sole forze, perché ogni persona è un fine in se, in nessun caso può diventare materia prima nelle mani di qualche riformatore del mondo e dell'uomo.
I fanatici della moralità sono quindi i primi a contraddire le norme etiche fondamentali, e più sono fanatici più le contraddicono.
Una persona che davvero cerca di obbedire all'imperativo etico non condanna sbrigativamente i suoi simili, non lincia nessuno, non cerca di mettere nessuno alla gogna, non spera che Tizio sia condannato, indipendentemente dal fatto che la sua colpevolezza sia stata provata al di la di ogni ragionevole dubbio, solo perché considera “poco virtuoso” Tizio.
Marciare in corteo chiedendo a gran voce la testa di qualcuno è uno dei comportamenti più infami, esattamente come è infame ed immorale cercare nemici del popolo cui addebitare tutti i mali del mondo, organizzare continue cacce agli untori. Rispettare gli altri è la norma etica fondamentale, e rispettare gli altri vuol dire cercare di mettersi nei loro panni, di capire le loro ragioni, vuol dire pretendere che possano difendersi nella maniera più ampia, esigere che le indagini a loro carico siano condotte col massimo rispetto dei loro diritti.
Ed è anche profondamente immorale contrapporre alle umane debolezze degli altri una propria presunta integrità morale a prova di bomba. Molti secoli prima che Immanuel Kant parlasse del “legno storto dell'umanità” un certo Gesù di Nazareth aveva detto: “chi di voi è senza peccato lanci la prima pietra”. Questa frase di Cristo non è un mieloso richiamo al buonismo, una rinuncia a condannare i colpevoli. E', insieme, una sfida e l'individuazione di una caratteristica fondamentale, ontologica dell'uomo. Ogni uomo è peccatore, questo afferma Cristo, nessuno ha il diritto di considerare se stesso del tutto immune da ogni colpa, e meno che mai può contrapporre alla sua assoluta innocenza la assoluta colpevolezza degli altri. Certo, non tutti siamo peccatori allo stesso modo, è giusto condannare, in certi casi, come è giusto assolvere, in altri; ma non è mai giusta la divisione manichea del mondo in angeli e demoni, miserabili corrotti e angelici incorruttibili. Quando sono davvero tali gli incorruttibili sono molto spesso dei fanatici che tutto fanno meno che rispettare i propri simili. In molti casi si tratta di persone assai più pericolose e dannose del più abbietto dei corrotti.
Il fanatismo morale è una forza distruttiva, una nuova, pericolosissima forma di nichilismo. Ed è, nella sostanza, quanto di più immorale si possa concepire. Tutti gli strilli di tutti i forcaioli del mondo non possono nascondere questa elementare verità.
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