Ci sono sostenitori di Putin intellettualmente più seri di coloro che invitano, rabbiosamente o con parole suadenti, gli ucraini alla resa senza condizioni. Sono tutti coloro che vedono in Putin il campione dell’anti globalismo, l’uomo che oppone alla innegabile decadenza culturale dell’occidente i valori della tradizione e della spiritualità.
Tralascio, per non allargare a dismisura il discorso ogni richiamo alla decadenza culturale dell’occidente ed alla spiritualità contrapposta al materialismo. Ci sarà tempo per tornare su questi importanti argomenti. Mi limito ora a fare alcune considerazioni sul presunto anti globalismo putiniano.
Semplificando telegraficamente il discorso, si possono individuare tre tipi di globalismo.
Il globalismo democratico e liberale, che è meglio chiamare col suo vero nome: universalismo.
Tutti gli esseri umani, per il solo fatto di esser tali, hanno pari dignità e devono godere degli stessi diritti fondamentali. Questi diritti non si limitano ai soggetti individuali ma si estendono a quelli sovra individuali, riguardano i popoli e le nazioni.
Ogni nazione ha diritto all’autodecisione. Le relazioni fra stati e nazioni non devono basarsi sulla violenza. I vari stati intrattengono relazioni di ogni tipo fra loro: commerciali, politiche, culturali, turistiche. Esistono, regolati dalla legge, normali processi di immigrazione ed emigrazione. Ogni popolo è sovrano in casa propria, ma nessuno è una monade senza finestre sul mondo; tutti dialogano con tutti a partire dalla affermazione della propria identità.
L’universalismo democratico e liberale è in fondo una idea regolativa. Non esiste né è mai esistito in forma compiuta ed è probabilmente irraggiungibile nella sua forma pura. Ma è possibile avvicinarsi ad esso.
Il globalismo mondialista.
Popoli, stati e nazioni sono anticaglie del passato. Le differenza fra culture e civiltà, quando esistono, non sono essenziali. Gli esseri umani o interi popoli possono tranquillamente spostarsi dove credono perché il mondo è un’unica area unificata in cui confini e frontiere possono al massimo avere una funzione di controllo amministrativo degli spostamenti. Governi e parlamenti dei vari stati devono cedere quote sempre maggiori di sovranità ad organismi internazionali non eletti da nessuno.
Il fine ultimo del globalismo mondialista dovrebbe essere un governo unificato del pianeta. Anche questa è, a ben vedere le cose, una idea regolativa, ben lontana dall’essere realizzata. Molti occidentali però cercano da tempo di metterla in atto. Quanto al suo realismo… basta guardare cosa sta succedendo in Ucraina per poterlo adeguatamente valutare.
Il globalismo nazional imperialista.
Questo tipo di globalismo riconosce l’esistenza di stati e nazioni, ma pretende che un certo stato eserciti una preminenza egemonica, o addirittura un assoluto dominio, su molti altri, in prospettiva sull’intero pianeta.
Si tratta ancora una volta di una idea regolativa che però molti hanno cercato di realizzare. Provocando tragedie di immani dimensioni.
Hitler era a modo suo un globalista, anzi, un mondialista. Riconosceva, l’esistenza, ad esempio, degli slavi, ma solo per teorizzarne la naturale sottomissione ai tedeschi “ariani”; il fatto che gli ebrei esistessero era la sua autentica ossessione paranoica, per questo voleva cancellarli dalla faccia della terra.
Anche Stalin era, sempre a modo suo, un globalista – mondialista. Certo, non parlava di dominio dei “russi” ma di unificazione del proletariato mondiale, ma sarebbe stato il suo paese ad unificarlo, e nel suo paese erano i russi l’avanguardia del bolscevismo comunismo. Superato l’internazionalismo dottrinario di Lenin e Trotzkij Stalin opera una fusione perfetta di comunismo ed sciovinismo grande russo. Le nazionalità oppresse dell’ex impero zarista ed i popoli dell’est Europa dovranno così subire un doppio tipo di oppressione: quella socio politica del comunismo e quella nazionale.
Ed è, almeno oggi, un nazional imperialista Putin.
Putin non può esser definito comunista, anche se mantiene in Russia, a livello politico, molto del comunismo staliniano. Putin tuttavia considera una tragedia il disgregarsi dell’impero sovietico e cerca da tempo di ricostruirlo. La tragedia ucraina è parte essenziale di questa sua strategia.
Personalmente mi sento vicino, anzi, vicinissimo al primo tipo di globalismo, detesto il secondo e detesto con ancora maggior forza il terzo.
Un democratico liberale è per il dialogo, la relazione fra le identità, ed ovviamente rivendica il diritto di criticare, anche aspramente, ciò che nella varie identità contrasta con la affermazione della pari dignità di tutti gli esseri umani.
Non può che contrastare il mondialismo astratto di chi pensa che le persone siano entità prive di radici culturali, nazionali, linguistiche, religiose.
Deve avversare con tutte le forze le pretese di chi intende unificare il mondo, o sue vaste aree, sotto l’egemonia, comunque mascherata di questa o quella nazione.
Per questo un democratico liberale, nemico del globalismo che pretende di annullare ogni differenza, non può che essere oggi radicalmente avverso alla Russia di Putin (non alla Russia in quanto tale, non alla grande cultura russa). E non può oggi che schierarsi con l’Ucraina che lotta per l’indipendenza. Senza se e senza ma.
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