sabato 19 marzo 2022

IL NUOVO RASPUTIN

 


Il tour italiano del sovranista russo Dugin organizzato da gruppi  neofascisti con la presenza di vertici Rai. Che però smentiscono - La Stampa


“Questa non è una guerra con l’Ucraina. È un confronto con il globalismo come fenomeno planetario integrale. È un confronto a tutti i livelli – geopolitico e ideologico. La Russia rifiuta tutto nel globalismo – unipolarismo, atlantismo, da un lato, e liberalismo, anti-tradizione, tecnocrazia, Grande Reset in una parola, dall’altro. È chiaro che tutti i leader europei fanno parte dell’élite liberale atlantista”.


Chi scrive queste parole? Le scrive in un articolo rinvenibile nella sua pagina facebook, Alexandr Dugin, il filosofo ufficiale della Russia di Putin. E dalle sua parole si evince immediatamente cosa sia in gioco nel periodo tragico che stiamo attraversando. Il problema non è, cosa evidente sin dal primo momento, il Donbas, o l’ingresso nella Nato dell’Ucraina, o l’Ucraina stessa. Il problema è l’occidente, soprattutto il problema è il liberalismo dell’occidente che questo novello Rasputin identifica con l’anti tradizione, la tecnocrazia, il grande reset eccetera eccetera.
“L’Occidente moderno”, prosegue il filosofo “è la cosa più disgustosa della storia del mondo. Non è più l’Occidente della cultura mediterranea greco-romana, né il Medioevo cristiano, e nemmeno il ventesimo secolo violento e contraddittorio. È un cimitero di rifiuti tossici della civiltà, è anti-civilizzazione”.
L’occidente è la non civiltà dei Rothschild, Soros, Schwab, Bill Gates e Zuckerberg, notare le origini ebraiche. L’occidente si identifica con gli Zuckerberg e questi con il marciume, la degenerazione, la non civiltà. A parte le scarse simpatie che ognuno di noi, compreso chi scrive, può avere per Zuckerberg e Soros, è semplicemente incredibile che siano queste persone ad essere indicate quale simbolo di ciò che di peggio esiste nella storia dell’occidente. Mentre identifica con l’anti civilizzazione il globalismo degli Zuckerberg, Dugin guarda con malcelata simpatia al ventesimo secolo, “violento e contraddittorio”. Dimentica che le figure centrali di questo secolo sono Adolf Hitler e Giuseppe Stalin, due simpaticoni che hanno sulla coscienza alcune decine di milioni di morti. E nel momento stesso in cui condanna il globalismo mercatista ed il libero scambio Dugin non ha nulla da dire sulle società chiuse e su ciò che le caratterizza: la soppressione delle libertà personali, il declino economico, l’eliminazione del dissenso politico, le persecuzioni di artisti, filosofi ed intellettuali. Inorridisce di fronte a McDonald’s ma non dice una parola sui lager e sui gulag. E dimentica quel fenomeno secondario del nostro tempo che si chiama fondamentalismo islamico. Le adultere lapidate e gli omosessuali impiccati sono poca cosa se paragonati ad Amazon e Facebook. Dulcis in fundo, la fiera condanna del mercato globalista non lo spinge a pronunciare alcuna parola non dico di condanna, ma di critica nei confronti di quella strana mistura di capitalismo e gangsterismo che prospera nella santa Russia. Il denaro è sterco del demonio solo se appartiene a qualche cattivone ebreo…

Dugin contrappone a quella non civiltà che sarebbe l’occidente, l’occidente vero, l’occidente cristiano, greco-romano, mediterraneo, europeo. La Russia si collega a questo occidente, un occidente premoderno, spirituale, nemico del materialismo e della tecnologia. Nemico, soprattutto, del liberalismo. Perché è lì l’origine di ogni male: il liberalismo, con la sua esaltazione dell’individuo e dei suoi diritti, dello scambio, del mercato. Per fortuna, sospira Dugin, la Russia non è contaminata da questo mostro: “il liberalismo in Russia sta perdendo il terreno sotto i piedi” afferma, e prosegue: “La Russia è sorta per difendere i valori della Tradizione contro il mondo moderno. È proprio quella rivolta contro il mondo moderno”.
Dunque il “vero occidente” non ha nulla a che fare con tradizione liberale, molto interessante. Peccato che sia una tradizione che va da Kant a Ralws, da Locke ad Hayek, da Spinoza a Mill, da Adam Smith ad ad Isaiah Berlin, da Hume a Popper. Tutta robaccia, anti cultura.
Ne prendiamo atto. Però… però alcuni aspetti centrali del pensiero liberale, alcuni valori di quella anti cultura che sarebbe il liberalismo, sono presenti in un po’ tutta la storia del pensiero, attraversano come un fiume carsico la storia della filosofia anche in periodi ben antecedenti al sorgere del liberalismo vero e proprio.
Il dialogo socratico, la ricerca razionale della verità che avanza nel libero confronto delle idee, cosa è se non un’anticipazione della moderna libertà di pensiero e ricerca? L’evangelico “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te” anticipa l’imperativo categorico kantiano, così come il “date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio” è in fondo una prima teorizzazione della divisione dei poteri fra autorità politiche e religiose.
“Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità” . Questo recita la dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, un paese che Dugin detesta. Ma questa dichiarazione è stata in qualche modo anticipata da un’altra, secondo cui tutti gli esserti umani sono figli di Dio e, proprio per questo, dotati di pari dignità (anche se non, allora, di pari diritti e doveri fondamentali).
Tutto l’appello di Dugin alla tradizione è in realtà un appello monco, si rifà ad un occidente privo delle sue migliori caratteristiche, un occidente caratterizzato da uno spiritualismo nemico dell’autonomia della ragione. Nella migliore delle ipotesi l’occidente dei tribunali della Santa Inquisizione, nella peggiore l’occidente della deriva irrazionalista da cui sono nati i grandi totalitarismi dello scorso secolo.
In realtà il cupo misticismo di Dugin contrasta anche con quanto di meglio la grande cultura russa ha saputo creare.
Dostoevskij è un critico radicale dell’occidente, ma la sua parabola del grande inquisitore in quel capolavoro assoluto che è “i fratelli Karamazov” è una splendida esaltazione della libertà. Ed un grandissimo russo come Solzenicyn, anch’egli critico di molto aspetti della civiltà occidentale, nel primo libro di “Arcipelago Gulag” (a proposito, lo si trova nelle librerie russe?) sottopone a critica spietata il codice penale staliniano, e lo fa riferendosi alle tanto disprezzate libertà formali del decadente occidente.
Si potrebbe continuare ma non ne vale troppo la pena. I richiami di Dugin al “miglior occidente” altro non sono che riproposizione degli aspetti meno condivisibili, comunque più discutibili, della cultura occidentale. E si basano tutti su un volgare equivoco. Dugin altro non fa che sostituire all’occidente la sua attuale degenerazione politicamente corretta. Confonde la malattia col corpo che la malattia sta infettando. Poi contrappone a questo occidente, identificato col male che lo corrode, una civiltà alternativa che altro non è che una forma di neotribalismo negatore dei diritti personali e della democrazia, della libera ricerca come dello sviluppo economico e tecnologico.
Dugin mette tutto nello stesso sacco: il globalismo che nega la rilevanza delle differenze e l’universalismo democratico e liberale, La pari dignità fra le persone indipendentemente dal sesso e dalle preferenze sessuali e l’utero in affitto, l’economia di mercato e gli eccessi di una finanza priva di limiti. In questo modo si trova paradossalmente ad essere assai vicino ai peggiori sostenitori del politicamente corretto. L’occidente è nemico della natura, la sua storia è riconducibile a razzismo e prevaricazione, la sua politica è biecamente imperialista. Forse non c’è troppa differenza fra Dugin ed i fanatici del BLM.

Sono però le conseguenze politiche dei suoi filosofemi ad apparire particolarmente gravi.
Riferendosi alla guerra in Ucraina Dugin afferma:
“...tutti capiranno il significato della moderna guerra in Ucraina.
Molte persone in Ucraina lo capivano. Ma la terribile propaganda rabbiosa liberal-nazista non ha lasciato nulla di intentato nella mente degli ucraini. Torneranno in sé e combatteranno insieme a noi per il regno della luce, per la tradizione e una vera identità cristiana europea. Gli ucraini sono nostri fratelli. Lo erano, lo sono e lo saranno”.

Gli ucraini erano vicino alla luce, ma la propaganda liberal nazista (si, proprio così, il liberalismo è equiparato al nazismo) li ha spinti verso il buio. Per fortuna arrivano i loro fratelli russi che, aiutandosi con missili, bombe e carri armati, li riportano verso la luce. E la guerra in Ucraina non è qualcosa di isolato, un mero accidente passeggero, no. A fronte della aggressività del liberal nazismo afferma Dugin, “La Russia sta creando un campo di resistenza globale. La sua vittoria sarebbe una vittoria per tutte le forze alternative, sia di destra che di sinistra, e per tutti i popoli. Stiamo, come sempre, iniziando i processi più difficili e pericolosi”. Insomma, la guerra in Ucraina è la prima tappa di uno scontro di civiltà. Luce contro tenebre, spirito contro materia, angeli contro demoni. Da tempo non si vedeva nella cultura europea un tale revival di gnosticismo manicheo.
Dugin piace a molti occidentali non troppo forti di mente. La sua critica all’occidente trova adepti fra quanti non ne possono più del gender e del misticismo ecologico, dell’immigrazionismo senza limiti e della negazione delle differenze. Proprio per questo va contrastato in maniera netta, radicale, senza concessione alcuna.
Dugin non è il rimedio, è il male. Il suo volto ascetico, la barba che ricorda quella si Solzenicyn possono far presa ma espressione ascetica e barba fluente non sono in quanto tali segno di saggezza. In “Reparto C” proprio Solgenicyn scrive che una fluente capigliatura bianca può cingere la testa dei geni come quella degli imbecilli. Dugion non è di certo un imbecille, probabilmente conosce la filosofia, di certo non è un esempio da seguire. Le sue farneticazioni non ricordano i grandi della cultura russa. Piuttosto un monaco malefico: Grigorij Rasputin.

 

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