“Questa non è una guerra con l’Ucraina. È un confronto con il
globalismo come fenomeno planetario integrale. È un confronto a
tutti i livelli – geopolitico e ideologico. La Russia rifiuta tutto
nel globalismo – unipolarismo, atlantismo, da un lato, e
liberalismo, anti-tradizione, tecnocrazia, Grande Reset in una
parola, dall’altro. È chiaro che tutti i leader europei fanno
parte dell’élite liberale atlantista”.
Chi scrive
queste parole? Le scrive in un articolo rinvenibile nella sua pagina
facebook, Alexandr Dugin, il filosofo ufficiale della Russia di
Putin. E dalle sua parole si evince immediatamente cosa sia in gioco
nel periodo tragico che stiamo attraversando. Il problema non è,
cosa evidente sin dal primo momento, il Donbas, o l’ingresso nella
Nato dell’Ucraina, o l’Ucraina stessa. Il problema è
l’occidente, soprattutto il problema è il liberalismo
dell’occidente che questo novello Rasputin identifica con l’anti
tradizione, la tecnocrazia, il grande reset eccetera eccetera.
“L’Occidente moderno”, prosegue il filosofo “è la cosa più
disgustosa della storia del mondo. Non è più l’Occidente della
cultura mediterranea greco-romana, né il Medioevo cristiano, e
nemmeno il ventesimo secolo violento e contraddittorio. È un
cimitero di rifiuti tossici della civiltà, è
anti-civilizzazione”.
L’occidente è la non civiltà dei
Rothschild, Soros, Schwab, Bill Gates e Zuckerberg, notare le origini
ebraiche. L’occidente si identifica con gli Zuckerberg e questi
con il marciume, la degenerazione, la non civiltà. A parte le scarse
simpatie che ognuno di noi, compreso chi scrive, può avere per
Zuckerberg e Soros, è semplicemente incredibile che siano queste
persone ad essere indicate quale simbolo di ciò che di peggio esiste
nella storia dell’occidente. Mentre identifica con l’anti
civilizzazione il globalismo degli Zuckerberg, Dugin guarda con
malcelata simpatia al ventesimo secolo, “violento e
contraddittorio”. Dimentica che le figure centrali di questo secolo
sono Adolf Hitler e Giuseppe Stalin, due simpaticoni che hanno sulla
coscienza alcune decine di milioni di morti. E nel momento stesso in
cui condanna il globalismo mercatista ed il libero scambio Dugin non
ha nulla da dire sulle società chiuse e su ciò che le caratterizza:
la soppressione delle libertà personali, il declino economico,
l’eliminazione del dissenso politico, le persecuzioni di artisti,
filosofi ed intellettuali. Inorridisce di fronte a McDonald’s ma
non dice una parola sui lager e sui gulag. E dimentica quel fenomeno
secondario del nostro tempo che si chiama fondamentalismo islamico.
Le adultere lapidate e gli omosessuali impiccati sono poca cosa se
paragonati ad Amazon e Facebook. Dulcis in fundo, la fiera condanna
del mercato globalista non lo spinge a pronunciare alcuna parola non
dico di condanna, ma di critica nei confronti di quella strana
mistura di capitalismo e gangsterismo che prospera nella santa
Russia. Il denaro è sterco del demonio solo se appartiene a qualche
cattivone ebreo…
Dugin contrappone a quella non civiltà
che sarebbe l’occidente, l’occidente vero, l’occidente
cristiano, greco-romano, mediterraneo, europeo. La Russia si collega
a questo occidente, un occidente premoderno, spirituale, nemico del
materialismo e della tecnologia. Nemico, soprattutto, del
liberalismo. Perché è lì l’origine di ogni male: il liberalismo,
con la sua esaltazione dell’individuo e dei suoi diritti, dello
scambio, del mercato. Per fortuna, sospira Dugin, la Russia non è
contaminata da questo mostro: “il liberalismo in Russia sta
perdendo il terreno sotto i piedi” afferma, e prosegue: “La
Russia è sorta per difendere i valori della Tradizione contro il
mondo moderno. È proprio quella rivolta contro il mondo
moderno”.
Dunque il “vero occidente” non ha nulla a che
fare con tradizione liberale, molto interessante. Peccato che sia una
tradizione che va da Kant a Ralws, da Locke ad Hayek, da Spinoza a
Mill, da Adam Smith ad ad Isaiah Berlin, da Hume a Popper. Tutta
robaccia, anti cultura.
Ne prendiamo atto. Però… però
alcuni aspetti centrali del pensiero liberale, alcuni valori
di quella anti cultura che sarebbe il liberalismo, sono presenti in
un po’ tutta la storia del pensiero, attraversano come un fiume
carsico la storia della filosofia anche in periodi ben antecedenti al
sorgere del liberalismo vero e proprio.
Il dialogo socratico, la
ricerca razionale della verità che avanza nel libero confronto delle
idee, cosa è se non un’anticipazione della moderna libertà di
pensiero e ricerca? L’evangelico “non fare agli altri ciò che
non vorresti fosse fatto a te” anticipa l’imperativo categorico
kantiano, così come il “date a Cesare ciò che è di Cesare e a
Dio ciò che è di Dio” è in fondo una prima teorizzazione della
divisione dei poteri fra autorità politiche e religiose.
“Noi
riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti
gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di
certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la
Libertà, e il perseguimento della Felicità” . Questo recita la
dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, un paese
che Dugin detesta. Ma questa dichiarazione è stata in qualche modo
anticipata da un’altra, secondo cui tutti gli esserti umani sono
figli di Dio e, proprio per questo, dotati di pari dignità (anche se
non, allora, di pari diritti e doveri fondamentali).
Tutto
l’appello di Dugin alla tradizione è in realtà un appello monco,
si rifà ad un occidente privo delle sue migliori caratteristiche, un
occidente caratterizzato da uno spiritualismo nemico dell’autonomia
della ragione. Nella migliore delle ipotesi l’occidente dei
tribunali della Santa Inquisizione, nella peggiore l’occidente
della deriva irrazionalista da cui sono nati i grandi totalitarismi
dello scorso secolo.
In realtà il cupo misticismo di Dugin
contrasta anche con quanto di meglio la grande cultura russa ha
saputo creare.
Dostoevskij è un critico radicale
dell’occidente, ma la sua parabola del grande inquisitore in quel
capolavoro assoluto che è “i fratelli Karamazov” è una
splendida esaltazione della libertà. Ed un grandissimo russo come
Solzenicyn, anch’egli critico di molto aspetti della civiltà
occidentale, nel primo libro di “Arcipelago Gulag” (a
proposito, lo si trova nelle librerie russe?) sottopone a critica
spietata il codice penale staliniano, e lo fa riferendosi alle tanto
disprezzate libertà formali del decadente occidente.
Si
potrebbe continuare ma non ne vale troppo la pena. I richiami di
Dugin al “miglior occidente” altro non sono che riproposizione
degli aspetti meno condivisibili, comunque più discutibili, della
cultura occidentale. E si basano tutti su un volgare equivoco. Dugin
altro non fa che sostituire all’occidente la sua attuale
degenerazione politicamente corretta. Confonde la malattia col corpo
che la malattia sta infettando. Poi contrappone a questo occidente,
identificato col male che lo corrode, una civiltà alternativa che
altro non è che una forma di neotribalismo negatore dei diritti
personali e della democrazia, della libera ricerca come dello
sviluppo economico e tecnologico.
Dugin mette tutto nello
stesso sacco: il globalismo che nega la rilevanza delle differenze e
l’universalismo democratico e liberale, La pari dignità fra le
persone indipendentemente dal sesso e dalle preferenze sessuali e
l’utero in affitto, l’economia di mercato e gli eccessi di una
finanza priva di limiti. In questo modo si trova paradossalmente ad
essere assai vicino ai peggiori sostenitori del politicamente
corretto. L’occidente è nemico della natura, la sua storia è
riconducibile a razzismo e prevaricazione, la sua politica è
biecamente imperialista. Forse non c’è troppa differenza fra
Dugin ed i fanatici del BLM.
Sono però le conseguenze
politiche dei suoi filosofemi ad apparire particolarmente
gravi.
Riferendosi alla guerra in Ucraina Dugin afferma:
“...tutti capiranno il significato della moderna guerra in
Ucraina. Molte persone in
Ucraina lo capivano. Ma la terribile propaganda rabbiosa
liberal-nazista non ha lasciato nulla di intentato nella mente degli
ucraini. Torneranno in sé e combatteranno insieme a noi per il regno
della luce, per la tradizione e una vera identità cristiana europea.
Gli ucraini sono nostri fratelli. Lo erano, lo sono e lo
saranno”.
Gli ucraini erano vicino alla luce, ma la propaganda
liberal nazista (si, proprio così, il liberalismo è equiparato al
nazismo) li ha spinti verso il buio. Per fortuna arrivano i loro
fratelli russi che, aiutandosi con missili, bombe e carri armati, li
riportano verso la luce. E la guerra in Ucraina non è qualcosa di
isolato, un mero accidente passeggero, no. A fronte della
aggressività del liberal nazismo afferma Dugin, “La Russia sta
creando un campo di resistenza globale. La sua vittoria sarebbe una
vittoria per tutte le forze alternative, sia di destra che di
sinistra, e per tutti i popoli. Stiamo, come sempre, iniziando i
processi più difficili e pericolosi”. Insomma, la guerra in
Ucraina è la prima tappa di uno scontro di civiltà. Luce contro
tenebre, spirito contro materia, angeli contro demoni. Da tempo non
si vedeva nella cultura europea un tale revival di gnosticismo
manicheo.
Dugin piace a molti occidentali non troppo forti di
mente. La sua critica all’occidente trova adepti fra quanti non ne
possono più del gender e del misticismo ecologico,
dell’immigrazionismo senza limiti e della negazione delle
differenze. Proprio per questo va contrastato in maniera netta,
radicale, senza concessione alcuna.
Dugin non è il rimedio,
è il male. Il suo volto ascetico, la barba che ricorda quella si
Solzenicyn possono far presa ma espressione ascetica e barba fluente
non sono in quanto tali segno di saggezza. In “Reparto C”
proprio Solgenicyn scrive che una fluente capigliatura bianca può
cingere la testa dei geni come quella degli imbecilli. Dugion non è
di certo un imbecille, probabilmente conosce la filosofia, di certo
non è un esempio da seguire. Le sue farneticazioni non ricordano i
grandi della cultura russa. Piuttosto un monaco malefico: Grigorij
Rasputin.
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